Thinking machines lab, cosa farà la nuova startup AI di Mira Murati

Dopo che lo scorso settembre Mira Murati ha lasciato a sorpresa il suo incarico di direttrice tecnica di OpenAI (“Voglio ritagliarmi il tempo e lo spazio per fare le mie esplorazioni“, aveva spiegato all’epoca), nella Silicon Valley si vociferava che si fosse dimessa per mettersi in proprio. Ora quelle congetture hanno trovato conferma. Murati ha annunciato di essere diventata l’amministratrice delegata di Thinking machines lab, una nuova benefit corporation, come vengono definite le aziende che oltre ai profitti perseguono anche un impatto benefico sulla società. La missione è quella di sviluppare un’intelligenza artificiale all’avanguardia che sia anche utile e accessibile.

Cosa sappiamo di Thinking machines lab

Murati ritiene che ci sia un divario consistente tra i rapidi progressi dell’AI e la comprensione della tecnologia da parte del pubblico. Persino gli scienziati più sofisticati non hanno una conoscenza approfondita delle capacità e dei limiti dell’intelligenza artificiale. Thinking machines lab conta di colmare questa lacuna puntando fin da subito sull’accessibilità e promettendo di condividere il proprio lavoro attraverso la pubblicazione di note tecniche, documenti e codice.

Alla base di questa strategia c’è la convinzione di Murati che ci troviamo ancora nelle fasi iniziali dell’intelligenza artificiale e che la competizione nel settore è tutt’altro che chiusa. Nonostante sia avvenuto quando l’ex OpenAI stava già progettando la sua nuova azienda, la comparsa di DeepSeek – che sostiene di aver costruito un modello AI dotato di capacità di ragionamento avanzate a una frazione dei costi abituali – sembra confermare che anche i nuovi arrivati possono rivaleggiare con i sistemi più efficienti.

Thinking machines lab però vuole competere nel campo dei modelli linguistici di grandi dimensioni di fascia alta. “In ultima analisi, i modelli più avanzati permetteranno di ottenere le applicazioni e i vantaggi più trasformativi, come per esempio le nuove scoperte scientifiche e le scoperte ingegneristiche“, ha scritto la società un post sul blog aziendale il 18 febbraio. Pur non citando l’espressione “intelligenza artificiale generale”, Thinking Machines Lab ritiene che spingere al massimo le capacità dei suoi modelli sia importante per chiudere il gap che ha identificato. Ma anche nell’era dell’efficienza inaugurata da DeepSeek, costruire questi sistemi sarà costoso. Per il momento Thinking machines lab non ha ancora rivelato i partner che parteciperanno al suo finanziamento, ma è fiduciosa di poter raccogliere i milioni di dollari necessari a portare avanti i suoi obiettivi.

Team e progetti

Il progetto di Murati ha reclutato una squadra notevole, composta in molti casi da ricercatori e scienziati che nel curriculum vantano esperienze a OpenAI. Come per esempio l’ex vicepresidente della ricerca della startup di Sam Altman, Barret Zoph (direttore tecnico di Thinking machines lab), l’ex responsabile della ricerca multimodale Alexander Kirillov, l’ex responsabile dei progetti speciali John Lachman e il ricercatore Luke Metz. Lo scienziato capo sarà John Schulman, uno degli inventori di ChatGPT, che solo la scorsa estate ha lasciato OpenAI per Anthropic. Altri ancora arrivano da rivali come Google e Mistral AI.

Il team si è trasferito in un ufficio a San Francisco alla fine dello scorso anno e ha già iniziato a lavorare su una serie di progetti. Anche se non è chiaro come saranno i suoi prodotti, Thinking machines lab sottolinea che non si tratterà di imitazioni di ChatGPT o Claude, ma piuttosto modelli di AI che ottimizzeranno la collaborazione tra esseri umani e intelligenza artificiale, quella che Murati considera l’attuale collo di bottiglia del settore.

Oltre 30 anni fa, questa cooperazione tra persone e macchine era il sogno dell’inventore americano Danny Hillis. Protégé del pioniere dell’AI Marvin Minsky, Hillis costruì un supercomputer dotato di potenti chip che funzionavano in parallelo, precursore dei cluster che oggi gestiscono l’AI, e chiamò la sua azienda Thinking machines. La società era in anticipo sui tempi e dichiarò bancarotta nel 1994. Ora un laboratorio con un nome molto simile appartiene a Murati, e forse anche la sua eredità.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.

Fonte : Wired