Richard Linklater non sbaglia un colpo. È uno dei pochi registi in grado di proporre opere sempre diverse e puntualmente sorprendenti. Lo è senz’altro Blue Moon, tra i film più applauditi alla 75ma Berlinale, che vanta come protagonista, anzi come mattatore assoluto Ethan Hawke. L’attore feticcio di Linklater questa volta si cala negli irriconoscibili panni del geniale e logorroico Lorenz Hart, detto Larry.
Stephane Cardinale – Corbis/Getty Images
L’inizio del film è già la fine: un uomo con il cappello e il passo strascicato da ubriaco si accascia sull’asfalto accanto ai bidoni dell’immondizia. È il triste epilogo del visionario Hart, genio sregolato, logorroico e dipendente dall’alcol, come dall’amore. Si definisce “ubriaco di bellezza, per uomini e donne“, è profondamente appassionato del suo mestiere di paroliere e librettista. In coppia con il sodale musicista Richard Rodgers (interpretato da Andrew Scott), è stato autore di musical di successo e canzoni diventate cult come appunto Blue Moon, che dà il titolo al film. Film che si svolge come una brillante pièce teatrale, interamente ambientato in una sola notte e in un solo locale, stile bar americano, con un espressivo bartender interpretato da Bobby Cannavale, grande spalla comica del protagonista, che parte subito bene citando il capolavoro Casablanca.
Ora, se detestate i film verbosi, pieni di monologhi lunghi, con qualche dialogo, questo film non fa per voi. Perché la scoppiettante sceneggiatura firmata dal romanziere Robert Kaplow mira a raccontare l’istrionico carisma di un artista al tramonto, ancora pervaso da mille idee e teorie – sull’amore all’amicizia, sulla musica e la guerra, notevole la battuta polemica/politica «abbiamo mandato dritti alla tomba 37 milioni di soldati» -, sicuramente egocentrico, difettoso, imperfetto, e per questo irresistibile. Si vede che Ethan Hawke si diverte tantissimo a interpretarlo, e “rischia” una nomination agli Oscar per questa sua trasformazione evidente già solo da un punto di vista fisico, per somigliare il più possibile all’Hart originale, che questo film mira ad evocare, ricordare e omaggiare.
Margaret Qualley, nei panni dell’amore impossibile Elizabeth Weiland – una ventenne innocente affascinata dal genio di Hart e dal suo potere –, dal cui carteggio con Hart trae ispirazione il film, ha una scena di monologo con un primo piano bionda alla Marilyn Monroe che sa restare impresso. Così come le musiche del film, capaci di ammaliare sin dai titoli di testa e restituire la cifra del racconto, a tratti divertente, a tratti struggente: una sconfinata malinconia, che poi è la cifra di tutto il cinema di Linklater. Prendere, oppure lasciare.
Fonte : Wired