Strange Darling Recensione: un thriller audace che sfida le aspettative del pubblico!

Una premessa che sembra inizialmente ricordare un sottovalutato thriller di qualche anno fa come Run Sweetheart Run (2020) che si intreccia con un approccio narrativo che aggiorna il Memento (2000) nolaniano per innescare a sua volta dinamiche pulp che guardano al cinema di Tarantino, altra principale fonte di ispirazione. Forse troppo in un solo film di un’ora e mezza di durata? Starà a voi scoprire se l’esperimento narrativo di Strange Darling, ora nelle sale italiane, sia o meno di vostro gradimento ma, gusti a parte, non si può certo dire che il secondo film diretto da JT Mollner manchi di ambizione e personalità, tanto da aver conquistato la critica d’Oltreoceano. Non altrettanta fortuna ha avuto nel mercato domestico, con un incasso che ha sfiorato i quattro milioni di dollari a dispetto di un budget di poco maggiore: forse un’operazione troppo concettuale per il grande pubblico?

Strange Darling: essere o non essere

La storia è ambientata nell’arco di sei capitoli che si alternano tra loro in maniera non lineare, costruendo per lo spettatore una vicenda che evolve con il procedere dei minuti, fino al colpo di scena che a metà del percorso rivoluziona l’intero baricentro. Al centro del racconto vi sono due personaggi, una giovane donna che indossa una parrucca rossa e l’uomo che ha conosciuto in un locale e con il quale ha deciso poi di trascorrere la notte a venire.

All’inizio del film lei è in fuga nel bosco, mentre il suo inseguitore armato di fucile la sta braccando senza pietà. Ma per sapere come sono andate realmente le cose, l’intreccio ha bisogno che tutti i tasselli vengano effettivamente mostrati per comprendere come si sia realmente arrivati a quel punto.Interessante operazione che mostra i mille modi con cui si può giocare con la verità, come i punti di vista a volte parziali diano una prospettiva fin troppo categorica e di come il confine tra vittime e carnefici possa ballare su un filo tanto sottile quanto ambiguo.

E Strange Darling sfrutta il tipico canovaccio del gioco del gatto col topo per mettere a nudo i pregiudizi del pubblico, sfidandolo a rivalutare l’assioma “la prima impressione è quella che conta” per trascinarsi in un tesissimo tour de force, carico di sorprese anche dopo quel cliffhanger che, bene o male, instrada il tutto sul binario voluto. Una visione d’insieme che ha rischiato anche di non vedere la luce, in quanto inizialmente il boss della Miramax non voleva approvare la director’s cut del regista, pensando a un rimpasto lineare del racconto, al quale l’autore si è opposto fermamente facendo infine valere le sue ragioni.

Le vie del male

Una violenza sadica e brutale, anima pulp in un incastro di umori e amori mancati, caratterizza questa resa dei conti tra i due principali antagonisti, con le figure di contorno che a loro rischio e pericolo finiranno per incrociarne la strada. E momenti di estrema cupezza, come nell’eterno epilogo, si soffermano e si dilungano su quella sofferenza, cercata e subita, figlia di un’America sempre e comunque, ancora una volta, schiava delle armi.

Girato in pellicola 35 mm., splendidamente fotografato da Giovanni Ribisi – sì, proprio il popolare attore/caratterista di origini italiane – e altrettanto solidamente interpretato dai due protagonisti Willa Fitzgerald e Kyle Gallner, con Ed Begley Jr. e Barbara Hershey quali guest-star nelle vesti di due maturi hippie, è un film che vive tutto sul suo affascinante (pre)concetto, che traina a forza, tra esplosioni di sangue e tensione crescente, il film dall’inizio alla fine.

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Fonte : Everyeye