Oriana Fallaci, vita e carriera della protagonista della serie Rai Miss Fallaci

Debutta sulla Rai 1 e Rai Play il 18 febbraio Miss Fallaci, la serie che vede protagonista Miriam Leone nei panni di Oriana Fallaci, una delle più note, influenti e anche controverse giornaliste italiane del Novecento e oltre. Prodotta da Paramount, Minerva Picture, in associazione con Redstring, diretta da Luca Ribuoli, Giacomo Martelli, Alessandra Gonnella (quest’ultima ideatrice del corto originale proprio con Leone da cui è derivata la serie), Miss Fallaci è ambientata alla fine degli anni Cinquanta, quindi agli albori della carriera di Fallaci, quando scriveva di costume e cinema per il settimanale L’Europeo. In quel periodo affronta il suo primo viaggio negli Stati Uniti, dove, senza parlare bene inglese, si fa notare per la sua determinazione e per il suo piglio originale, al seguito di grandi divi e di giornalisti veterani, tra cui anche il collega giornalista Alfredo Pieroni (Maurizio Lastrico) con cui ha un’appassionata storia d’amore.

Questi episodi raccontano appunto l’inizio di una carriera giornalista che ha lasciato il segno nell’informazione e nella cultura italiana, grazie a una voce unica, distintiva e spesso fuori dal coro, nel bene e nel male. Nata nel 1929 a Firenze da una famiglia di umili origini e schierata contro il regime fascista (la stessa Fallaci, a 14 anni, fa da staffetta partigiana nascondendo bombe a mano nel cestino della bici), fin da subito dimostra carattere determinato, coraggio indomito e passione per la scrittura. A soli 17 anni, nel 1946, Oriana Fallaci inizia a collaborare con Il Mattino dell’Italia Centrale di Firenze, sei anni dopo passa al settimanale milanese Epoca (diretto dallo zio Bruno Fallaci) e infine nel 1954 approda a L’Europeo trasferendosi a Roma, dove racconta la Dolce Vita e i grandi divi. Al 1956 risale il primo viaggio a Los Angeles, da cui sfocia anche il suo debutto letterario, I sette peccati di Hollywood. Negli anni Sessanta inizia a occuparsi di temi che l’accompagneranno per tutta la vita: le donne in Medio Oriente, le spedizioni della Nasa, ma soprattutto i fronti di guerra dato che nel 1967 è inviata in Vietnam.

In pochissimi anni è ovunque: nel 1968 segue le rivolte studentesche dopo gli assassini di Martin Luther King e Robert Kennedy, lo stesso anno viene ferita in una protesta durante le Olimpiadi di Città del Messico, segue poi i conflitti tra India e Pakistan, in Sudamerica e Medio Oriente. Gli anni Settanta sono contraddistinti da prestigiose interviste ai grandi della Terra (da Arafat a Kissinger, da Indira Ghandi a Berlinguer, da Gheddafi a Pasolini) e tra queste la più celebre è quella all’ayatollah Khomeini, in Iran nel 1979, quando si toglie per protesta lo chador proprio di fronte al politico, rischiando il linciaggio. Lo stesso periodo è caratterizzato dall’amore travagliato e travolgente con Alexandros Panagoulis, leader della resistenza greca contro il Regime dei colonnelli: si conoscono nel 1973 e staranno insieme fino alla morte di lui, in un misterioso incidente, nel 1976; nel corso di questa relazione Fallaci concepisce un figlio che poi perde, trasformando l’indicibile esperienza in uno dei suoi libri più intensi e amati, Lettera a un bambino mai nato (mentre su Panagoulis scriverà Un uomo).

Tra gli anni Ottanta e Novanta continua la sua esplorazione del mondo, condita da reportage e opinioni audaci. Del 1990 è Insciallah, romanzo sulla guerra civile in Libano che le dà ribalta internazionale, dopo il quale si trasferisce a New York, dove rimarrà fino alla fine della sua vita, praticamente isolata da tutto e tutti. In questo decennio scopre di avere un cancro ai polmoni, che lei chiamerà sempre “l’Alieno”. Dopo l’11 settembre 2001 arriva la parte più controversa e problematica della sua carriera: in un libro diventato manifesto come La rabbia e l’orgoglio espone le sue posizioni contro il fondamentalismo islamico e su un certo pensiero europeo debole rispetto alla crescente immigrazione, posizioni che inasprisce in modo radicale e oltranzista nei successivi La forza della ragione e L’Apocalisse.

Nonostante avesse sempre rifuggito ogni schieramento politico (tranne il sostegno al Partito radicale nel 1976), diventa quindi simbolo, anche esagerato e pretestuoso, di una certa destra belligerante. Gli ultimi anni prima della morte il 15 settembre 2006, in realtà, Oriana Fallaci li dedica al compimento di Un cappello pieno di ciliege (scritto espressamente così), complessa e pluridecennale saga della sua famiglia e in fondo anche testamento di una donna che ha attraversato la Storia a modo suo, al di là di casacche e convenzioni, scomodando i potenti e i benpensanti, e lasciando un segno, oltre che per il suo risaputo “caratteraccio”, anche per la sua determinazione e libertà sfrontata.

Fonte : Wired