Campi Bisenzio (Firenze) – Il sito di Leonardo di Campi Bisenzio è un laboratorio di strumenti per affrontare le incognite del pianeta Terra tra crisi climatica, deforestazione, incendi, ondate di calore e crimini ambientali. Wired Italia ha potuto visitarlo, esplorando con l’astronauta Luca Parmitano una parte dei 51mila metri quadrati terrestri dedicati in gran parte al cosmo, ma non solo. Abbiamo incontrato anche molta elettronica, un po’ di meccanica e almeno 500 persone.
Guardare nello spazio e dallo spazio
Accompagnato da Massimo Claudio Comparini, nuovo managing director della divisione spazio dell’azienda italiana, l’astronauta dell’Agenzia spaziale europea ha percorso per quasi due ore corridoi cosparsi di bacheche e vetrine “vista tecnologia”. Il “fulminometro”, per esempio, in grado di rilevare fulmini nell’atmosfera terrestre da oltre 36.000 chilometri di distanza. Di strumenti così, al mondo ne esistono due: uno l’ha fatto la Nasa, l’altro gli italiani, “ma il nostro riesce a coprire un’area piú ampia e in modo più accurato, rilevando anche il singolo fulmine” racconta Camparini, spiegando quanto sia fondamentale per il “nowcasting”(previsione meteorologiche a brevissimo termine). “Permette di inviare pre-allerte poco prima che avvengano eventi estremi: restano inevitabili, ma possiamo provare a minimizzare i danni”.
Dal soffitto, poco più avanti, pende una sorta di modellino creato da un bimbo che da grande sogna di fare l’astronauta. È lucente e grande qualche metro, è la riproduzione in scala 1:2 del satellite italiano Prisma su cui è stata montata l’ottica iperspettrale prodotta proprio nel sito. Camparini spiega che “scomponendo in tante sottobande lo spettro di luce, ci permette di studiare la composizione chimico-fisica degli elementi osservati”. Ciò significa, per esempio, identificare inquinanti e mucillagini nel mare, oppure aree di siccità o di vegetazione sofferente.
La sua evoluzione non è in esposizione a Campi Bisenzio, è “under construction”, e Parmitano la conosce già bene: è la costellazione Iride. Camparini ricorda che “è il più grande programma di osservazione della terra mai immaginato da un Paese”. L’Italia ci sta scommettendo molto, Leonardo anche, come anche fa da tempo sulla missione Plato. In questo caso ha messo in campo 26 telescopi per formare una sorta di “occhio di mosca” in grado di studiare esopianeti.
Nuovo spazio per testare il futuro
Mentre prosegue la ricerca di pianeti fuori dal sistema solare, Slstr si prepara alla missione Esa Sentinel 3. Questo radiometro a infrarossi ad alta precisione sarà infatti imbarcato come nuovo strumento al servizio del programma GMES (Global Monitoring for Environment & Security) e nei corridoi di Leonardo resterà la sua riproduzione ad attenderne il rientro. A fianco ce ne sono altre due, con una didascalia per ricordare cosa si sta facendo nei paraggi di Giove grazie a strumenti come Majis e Janus. Quelli veri sono infatti entrambi a bordo della missione Juice diretta verso questo pianeta, per studiare il pianeta e le sue lune. “Il primo scatta foto in infrarosso, analizzando materiali e terreni, l’altro ne scatta ad alta risoluzione, per catturare forme e strutture di ciò che troveremo” spiega Camparini. Poi conduce Parmitano lungo un corridoio stretto e freddo, commenta l’ondata di odore di intonaco che investe tutti, e inizia a parlare di Pnrr.
Fonte : Wired