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L’intervista di Fanpage.it al generale Luigi Chiapperini: “I combattimenti evidenziano un ritmo inferiore rispetto agli ultimi mesi tra Russia e Ucraina. Per giungere a qualche accordo si dovranno attendere settimane se non mesi. È arduo prevedere quali saranno gli esiti dei colloqui”.
Intervista a Luigi Chiapperini
Generale di Corpo d’armata dei lagunari.
“Mentre i combattimenti evidenziano un ritmo inferiore rispetto agli ultimi mesi, si parla di pace tra Russia e Ucraina, dopo le telefonate di Trump a Putin e Zelensky. In realtà per giungere a qualche accordo si dovranno attendere settimane se non mesi. È arduo prevedere quali saranno gli esiti dei colloqui”.
A parlare a Fanpage.it è Luigi Chiapperini, generale di Corpo d’Armata dei Lagunari in quiescenza, già comandante dei contingenti nazionali e multinazionali in Kosovo nel 2001 (NATO), in Libano nel 2006 (ONU) e in Afghanistan nel 2012 (NATO), oltre che membro del Centro Studi dell’Esercito e presidente emerito dell’Associazione Lagunari Truppe Anfibie. Chiapperini ha fatto il punto sullo stato dell’arte della guerra tra Russia e Ucraina, immaginando anche possibili scenari a seguito dei colloqui tra le delegazioni russa e americana programmati per oggi a Riad, capitale dell’Arabia Saudita.
Generale Luigi Chiapperini.
Mentre si comincia a parlare di pace in Ucraina, continuano gli attacchi, soprattutto con droni. Come è la situazione sul campo?
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“I combattimenti evidenziano un ritmo inferiore rispetto agli ultimi mesi. I russi continuano ad avanzare in alcune aree, come ad esempio a Kurachove e a Kupjansk, ma non riescono ancora a sfondare lungo la direttrice di attacco principale per conquistare la cittadina di Prokovsk che molti davano per spacciata già molti mesi orsono. Se fino a qualche tempo fa i russi riuscivano a conquistare mediamente una decina di chilometri quadrati al giorno, ora si sono ridotti circa a tre mentre gli ucraini dal canto loro hanno iniziato a contrattaccare localmente con qualche successo sempre a Prokovsk ma anche nella regione russa di Kursk. Giova ricordare che nell’intero anno 2024 i russi, al costo di centinaia di migliaia di perdite, hanno conquistato solo 4mila chilometri quadrati (meno della provincia di Brescia, tanto per intenderci) perdendone contestualmente mille a Kursk. I loro attacchi continuano ad essere furiosi ma sono spesso inconcludenti grazie ad una difesa ordinata degli ucraini che hanno imparato ad usare i droni in maniera sempre più letale. Droni ma anche missili e bombe che vengono ora impiegati anche per colpire in profondità sul territorio russo in risposta agli analoghi attacchi di Mosca che si succedono ininterrottamente da tre anni e che hanno causato innumerevoli vittime civili nelle città ucraine. Insomma ai russi, pur mantenendo l’iniziativa sul campo, sta andando bene ma non benissimo”.
I russi hanno preso di mira Chernobyl nei giorni scorsi e nelle ultime ore di nuovo Zaporizhzhia dove pure c’è una importante centrale nucleare. Come mai, secondo lei, si è verificata questa escalation dopo mesi di stallo alla luce degli ultimi sviluppi dal punto di vista diplomatico?
“I russi vogliono dimostrare di poter agire indisturbati e di essere ancora padroni dell’area delle operazioni militari. Quindi colpiscono non solo obiettivi militari e civili ma anche le infrastrutture energetiche come Zaporizhzhia sia per mettere in difficoltà il sistema-paese ucraino sia per attirare l’attenzione dei media mondiali e spingere sempre di più verso le trattative che Mosca vuole finalizzare al pari dell’Ucraina. Infatti, oltre alla situazione sul terreno che come detto non è tanto rosea come sperava, anche la congiuntura economica interna non è idilliaca, anzi. L’inflazione viaggia costantemente al 10% e i tassi di interesse bancario hanno superato il 20%. E questi sono i dati ufficiali che in realtà potrebbero essere anche peggiori”.
Come potrebbe cambiare la guerra se davvero venisse raggiunto un accordo? Putin sarebbe davvero disposto a non “conquistare” tutta l’Ucraina, come ha detto Trump?
“Con le conversazioni telefoniche con Putin e Zelensky della settimana scorsa, il neo eletto presidente statunitense ha in pratica dato avvio a quei colloqui di “pace” che aveva evocato durante la sua vittoriosa campagna elettorale. A dirla tutta, aveva promesso di porre fine a questa sanguinosissima guerra in un giorno. In realtà per giungere a qualche accordo si dovranno attendere settimane se non mesi. È arduo prevedere quali saranno gli esiti dei colloqui. Putin potrebbe dire di aver vinto se ottenesse tutti o la maggior parte degli obiettivi che aveva dichiarato sin da subito: caduta del Governo Zelensky, completa neutralità dell’Ucraina, annessione dei territori ucraini -corrispondenti alle quattro regioni a nord della Crimea- per mettere appunto in sicurezza la penisola, fine delle sanzioni economiche. Per l’Ucraina si tratterebbe invece di riottenere tutti i territori occupati a partire dal 2014 da Mosca, essere libera di aderire all’Unione Europea e ottenere rassicurazioni sulla propria sicurezza entrando nella NATO o almeno grazie alla presenza di truppe straniere sul proprio territorio. Diciamo subito che difficilmente i due contendenti potranno raggiungere tutti gli obiettivi dichiarati e la guerra potrebbe anche continuare. Invece, nel caso in cui si dovesse raggiungere un qualche accordo ed un cessate il fuoco, l’Ucraina pretenderebbe, a ragione, una rassicurazione certa sulla propria sicurezza e non gli basteranno né le promesse di Putin né quelle di Trump. Senza un supporto esterno a Kiev, Mosca non si fermerebbe poiché il suo obiettivo finale rimane la sottomissione dell’Ucraina. Poi potrebbe andare anche oltre. La Transnistria e i Paesi Baltici potrebbero essere gli obiettivi successivi, forse non nel breve periodo ma prima o poi accadrebbe”.
Si parla dell’invio in Ucraina di peacekeeper. Basteranno a fermare le ostilità o serve altro?
“Zelensky aveva chiesto ai suoi alleati 200mila soldati per fornire all’Ucraina le necessarie rassicurazioni in caso di congelamento del conflitto. Gli USA hanno dichiarato che non avrebbero schierato truppe in Ucraina e che l’adesione di Kiev alla NATO non è al momento ipotizzabile. A questo punto qualcun altro deve assumersi l’onere e non può essere che l’Europa, possibilmente l’Unione Europea. Ma se non si riuscisse a raggiungere un’intesa tra i suoi paesi membri, potrebbe essere avviata un’iniziativa da parte di una coalizione di volenterosi come quella del formato Weimar Plus, cioè Francia, Germania, Italia, Polonia, Regno Unito e Spagna, che nei giorni scorsi hanno sottoscritto, unitamente all’Alta rappresentante per gli affari esteri e sicurezza dell’Unione Europea, una dichiarazione (Weimar Statement) con la quale affermano di essere pronti a rafforzare il loro sostegno all’Ucraina. Proprio ieri a Parigi quei sei Paesi, ai quali si sono aggiunti i Paesi Bassi e la Danimarca, hanno provato ad elaborare un piano che possa mettere in pratica quegli intendimenti. A dire il vero 200mila soldati sembra una cifra esagerata oltre che non sostenibile nel tempo. Esiste già l’esercito ucraino, in difficoltà ma che continua a battersi, che in caso di cessazione delle ostilità potrebbe essere ridotto anche della metà degli effettivi. L’aggiunta di altri 40-50 mila soldati potrebbe essere sufficiente ad assicurare la necessaria deterrenza”.
L’Europa ce la farebbe ad affrontare questo onere? E l’Italia?
“Credo di sì, si tratta solo di volontà politica. A differenza di tre anni fa, i Paesi europei hanno migliorato il proprio potenziale bellico proprio in risposta all’aggressione russa. Hanno ancora grosse carenze capacitive ma in una situazione di cessate il fuoco possono contribuire alla stabilizzazione della situazione. Solo l’Italia dispone di un comando di Corpo d’Armata (NRDC-IT), due Divisioni (espandibili a tre) e una decina di Brigate, con un totale di 60-70mila soldati dell’area operativa. Fermo restando che si dovranno continuare a soddisfare gli impegni NATO e ONU in atto, rimarrebbe comunque disponibile un numero sufficiente di comandi idonei a soddisfare, insieme agli altri alleati, la nuova esigenza in Ucraina. Sempre parlando del nostro Paese, qualche problema potrà nascere dalla disponibilità di soldati, stante gli attuali impegni che si protraggono ormai da anni anche sul territorio nazionale ad esempio con l’operazione “Strade Sicure”. Da qui la richiesta del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Carmine Masiello di incrementare il numero del personale dell’Esercito di alcune migliaia di unità, con una sufficiente riserva operativa, e di mettere in grado la nostra componente terrestre di approntare al meglio i suoi soldati dotandoli di equipaggiamenti tecnologicamente avanzati. Insomma è il momento dell’Europa (o di parte di essa) che insieme alla Gran Bretagna deve farsi sentire sui tavoli internazionali in un periodo storico che vede attori globali e regionali sempre più assertivi e bramosi di seguire un’agenda espansionistica condita da forte egoismo. L’inazione europea potrebbe portare il nostro continente all’irrilevanza e al declino. Tutto questo naturalmente non è esente da oneri e rischi ma è il prezzo che è necessario pagare per salvaguardare la nostra sicurezza e fermare il nostro tramonto”.
Fonte : Fanpage