Concert, IIT inventa il robot muratore per l’edilizia del futuro

Concert è il nuovo robot sviluppato dall’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT): non è carino come il più famoso iCub, pure nato a Genova, ma potrebbe essere perfino più utile. Questa specie di rover marziano con quattro ruote e un braccio telescopico è infatti una delle soluzioni più innovative nel campo dell’automazione edile. Il progetto europeo, finanziato con 3 milioni di euro e coordinato da Nikolaos Tsagarakis, ha coinvolto partner industriali e accademici in Italia, Germania, Austria e Polonia, con l’obiettivo di migliorare sicurezza, produttività ed efficienza nei cantieri.

Secondo i dati dell’Inail, l’edilizia è uno dei settori più pericolosi per chi ci lavora, con alti tassi di infortuni gravi e decessi. “Il 90-95% delle attività nei cantieri è ancora eseguito manualmente” – spiega Tsagarakis – il che comporta rischi elevati e una produttività limitata rispetto a settori dove l’automazione è maggiore”. In più, diventa sempre più difficile trovare personale disposto a svolgere compiti pesanti e rischiosi: così si è arrivati all’idea di Concert.

La principale innovazione del sistema è la struttura modulare, che permette di eseguire diversi compiti senza dover essere sostituito o integrato con altre macchine. «La maggior parte dei robot per l’edilizia è altamente specializzata e può svolgere solo un compito specifico, come dipingere o forare. Questo non è sostenibile a lungo termine per le aziende», riflette Tsagarakis. Concert può essere rapidamente riconfigurato per svolgere operazioni diverse, tra cui la foratura di pareti a grandi altezze, l’applicazione di materiali isolanti, la levigatura e verniciatura di superfici, il trasporto e movimentazione di carichi fino a 200 kg. Il robot è composto da una base mobile compatta (1m x 0,7m) e con il suo braccio modulare può raggiungere i 3 metri di altezza, facendo a meno di impalcature e scale e riducendo i rischi per i lavoratori.

All’IIT, Tsagarakis guida il laboratorio Humanoid & Human Centered Mechatronics, e per Concert il suo gruppo ha lavorato a stretto contatto con Arash Ajoudani e il suo Human-Robot Interfaces and Physical Interaction Lab; alla realizzazione del progetto ha contribuito Fraunhofer Italia con il dipartimento di Robotics and Intelligent Systems Engineering. Eppure Concert non assomiglia per niente a un essere umano, è lontanissimo dalla fantascienza di Odissea nello Spazio come dagli annunci di Elon Musk. «Non era necessario che avesse una struttura antropomorfa», spiega Tsagarakis. La sua apparenza nasce da esigenze pratiche e tecnologiche. «I robot umanoidi sono ancora poco maturi dal punto di vista tecnologico. Sono perfetti per farci dei video accattivanti, nella realtà sono limitati nelle loro capacità operative. Ad esempio, molti di questi sistemi possono sollevare solo 1 o 2 chilogrammi, mentre nel nostro caso il robot deve poter gestire strumenti da 15-17 kg». Un robot umanoide è facilmente adattabile ai diversi contesti dell’attività umana, ma la tecnologia attuale non è ancora sufficiente a garantire la stabilità e la forza necessarie perché sia in grado di lavorare in un cantiere: “Potrebbero essere necessari decenni di sviluppo per arrivarci”.

Per operare in modo autonomo, Concert è dotato di una serie di sensori, tra cui scanner laser, telecamere 3D e ultrasuoni: “Nei test, il robot è stato in grado di muoversi da un punto all’altro del cantiere in modo completamente autonomo, evitando ostacoli e rilevando la presenza di persone o oggetti e pianificando percorsi alternativi”, sottolinea Tsagarakis. «Serve una combinazione di tecnologia avanzata e normative per definire chiaramente le modalità di collaborazione tra robot e personale umano», aggiunge. È una sfida non troppo diversa da quella dell’auto a guida autonoma, ma un cantiere è un ambito più ristretto, dove le possibilità di movimento sono più limitate, le azioni sono meglio prevedibili. Il prototipo di Concert è stato testato sul campo in Polonia grazie alla collaborazione con l’azienda di costruzioni Budimex. Durante queste prove, il robot ha affrontato diverse sfide ambientali, che hanno portato a miglioramenti tecnici, come l’ottimizzazione della percezione visiva e della stabilità termica. «Abbiamo ricevuto feedback preziosi che ci hanno aiutato a rendere le interfacce utente più semplici e intuitive», spiega Tsagarakis. Le modifiche hanno riguardato anche i sistemi di controllo remoto, compatibili con dispositivi mobili, tablet e computer. «L’interfaccia software è cross-platform ed è accessibile da diversi dispositivi, compresi smartphone e tablet», precisa.

Attualmente, Concert ha un costo di circa 140 mila euro, ma Tsagarakis prevede che il prezzo possa scendere a 50-60 mila con una produzione tra 50 e 100 unità all’anno. «Le aziende potrebbero recuperare l’investimento in due o tre anni grazie alla riduzione dei costi operativi e all’aumento della produttività», afferma. Il robot non prende stipendio, non ha bisogno di pause, lavora anche la notte e nei giorni festivi. Sostituirà del tutto gli operai specializzati? «Siamo ancora lontani da uno scenario in cui edifici interi vengono costruiti senza l’aiuto di operatori umani. Probabilmente ci vorranno 10-15 anni, ma la direzione è chiara: i robot lavoreranno sempre più spesso al fianco degli esseri umani», afferma. L’integrazione con altre tecnologie, come la stampa 3D e materiali intelligenti, potrebbe accelerare questa trasformazione. «Alcune aziende stanno sviluppando pannelli e mattoni con sensori integrati per la manutenzione predittiva degli edifici, e i robot potrebbero svolgere un ruolo cruciale nella gestione di queste infrastrutture», conclude Tsagarakis.

E se volessimo immaginare il futuro di Concert fuori da un cantiere? «Con alcune modifiche, il nostro robot potrebbe essere utilizzato per il trasporto e l’organizzazione delle merci, o nel settore agricolo», spiega Tsagarakis. “Il suo punto di forza è la flessibilità”.

Fonte : Repubblica