Poco prima della fine del summit sull’intelligenza artificiale di Parigi, un’agenzia francese riporta una dichiarazione di Dario Amodei, il capo di Anthropic, uno dei colossi del settore. Dice Amodei: “Questo summit è stata un’occasione mancata”. Dichiarazione arrivata con un tempismo curioso perché le stesse agenzie racconteranno dopo una ventina di minuti che il mondo si era appena spaccato sulle regole da darsi sull’Intelligenza artificiale, con Usa e Gran Bretagna che si sono rifiutate di firmarlo. I primi pare indispettiti dall’uso di termini come “sostenibile” e “inclusivo”. I secondi lo hanno ritenuto contrario agli interessi nazionali britannici. Nessun accordo a Parigi. Nessuna governance globale sull’Ai. Tutto rimandato tra un anno in India e, in un’epoca in cui gli interessi nazionali hanno ripreso il sopravvento su quelli globali, difficile dire che l’esito a Nuova Delhi sarà diverso.
Cosa c’è scritto nel documento finale del summit
Il documento finale offre una fotografia piuttosto netta del perché il summit organizzato dal presidente della repubblica francese, Emmanuel Macron, sia stato un flop. La “Dichiarazione sull’Intelligenza artificiale inclusiva per le persone e sostenibile per il pianeta” non dice molto. Sottolinea principi generali, come l’accessibilità e la riduzione del divario digitale; lo sviluppo di un’Ai sicura, aperta e etica; evitare le concentrazioni di mercato; valutare gli impatti sul mercato e sul mercato del lavoro; rafforzare il coordinamento e il dialogo globale. Mentre quando si parla di azioni concrete, il discorso si fa ancora più fumoso: in progetto c’è il lancio di una piattaforma di interesse pubblico sull’AI; iniziative per l’energia sostenibile e poi per il futuro l’impegno in nuovi forum, summit, incontri, vertici.
Dichiarazioni di principio. Buone intenzioni che, seppur generali e ‘inclusive’ sono riuscite a spaccare il tavolo delle trattative, cotrapponendo Usa e GB a Europa, Cina e India. È difficile leggere tra le righe del documento una idea di azione concreta: né a favore di investimenti, né per limitare i rischi dell’Ai per la stabilità globale. Ci sono parole come “inclusione”, “trasparenza” e “sostenibilità”, mentre negli Usa OpenAi, Google e Antrhopic bruciano miliardi per sviluppare modelli sempre più avanzati, stessa cosa che fa la Cina con DeepSeek e Qwen, e non si sa quanto la loro corsa verso modelli sempre più avanzati (Agi?) abbia quei termini come guardrail del loro percorso.
L’Agi arriverà prima che il mondo si dia regole per gestirne gli effetti?
E l’Intelligenza artificiale generale (Agi) sembra davvero dietro l’angolo. Due, cinque anni, hanno detto a Parigi i capi di aziende come Anthropic e Deepmind, paventando l’ipotesi che qualcosa possa finire fuori controllo. Che questa tecnologia diventi una minaccia. Un tempo brevissimo per l’arrivo di qualcosa che al momento non sappiamo nemmeno se temere, considerato il dibattito piuttosto polarizzato sul tema: alcuni esperti dicono che ci spazzerà via se non regolata; altri dicono che basterà all’occorrenza staccare la spina. In mezzo scenari non troppo entusiasmanti: impatto sul lavoro, sulle democrazie, sulle capacità cognitive degli esseri umani. Temi comunque di una certa urgenza, con una scadenza potenzialmente dietro l’angolo, ma che bisognerà aspettare ancora un anno per trattare. Chissà con che esito poi.
Una nota positiva. L’Europa è riuscita in un obiettivo affatto scontato: si è scrollata un po’ di dosso l’immagine di un continente che fa solo regole e ha dato un’immagine di sé come luogo in cui fare innovazione è possibile e c’è un piano per migliorare (i 200 miliardi di investimenti in Ai decisi dalla Commissione, o meglio l’effetto leva sperato di 50 miliardi di pubblici su 150 privati). Gli Stati Uniti ne investiranno 500. Il resto è poca roba. Macron che ha monopolizzato il summit prima con l’annuncio di investimenti da 100 miliardi, poi – raccontano le cronache – poi reiterando uno showcase di startup e aziende francesi ai capitani americani e cinesi, cercando di vendere energia nucleare all’energivora industria dell’Ai. Ancora, interessi nazionali. Sbiaditi davanti alla portata dell’argomento trattato. E alla evanescenza delle soluzioni proposte.
Fonte : Repubblica