L’appuntamento più atteso del Festival, l’omaggio più bello alla musica. Stasera i 29 Big si sono esibiti nelle cover del repertorio italiano e internazionale, riarrangiando pezzi cult o semplicemente riportandoli sul palco insieme ad altri ospiti musicali. Difficile non essere di manica larga – come dicono quelli ‘bravi’ “il livello era alto” – ma qualche insufficienza è meritatissima.
Un bel 10, altrettanto meritato, a Geppi Cucciari – mattatrice della serata – e Mahmood. La migliore co-conduzione di questa edizione è la loro, non serve neanche aspettare la finale con Marcuzzi e Cattelan per affermarlo con assoluta certezza. Tornando alla musica, ecco le pagelle.
Rose Villain e Chiello, “Fiori rosa, fiori di pesco”: 6 e mezzo
Interpretazione in stile musical, ma riuscitissima. Una versione fresca e peperina del migliore Lucio Battisti, omaggiato da due voci molto diverse e insieme ficcanti. Bella sorpresa.
Modà e Francesco Renga, “Angelo”: 6
Renga canta “Angelo” all’Ariston vent’anni dopo la vittoria ed è ancora più figo. Andava detto. Kekko, emozionato, aggiunge intensità a questa canzone che si conferma un gioiello del repertorio italiano. Fanno il loro – con qualche imprecisione – senza aggiungere altro.
Clara e Il Volo, “The sound of silence”: 9
Quando si dice “vincere facile”. Una performance potentissima. Clara spicca il volo con le voci dei tre tenori, che stasera fanno i suoi padrini artistici. Il battesimo del fuoco.
Noemi e Tony Effe, “Tutto il resto è noia”: 6 e mezzo
I primi 30 secondi tutti a controllare la collana d’oro di Tony Effe, diciamo la verità. In effetti era più contento di aver passato i controlli dietro le quinte coi funzionari Rai che di cantare. Poteva pure evitare di farci questo favore. La potenza di Noemi basta e avanza per un pezzo così. “Tutto il resto è noia”, appunto.
Francesca Michielin e Rkomi, “La nuova stella di Broadway”: 7
Romantici ed emozionanti, perfetti in questa serata di San Valentino. La canzone è rimasta tale e quale all’originale di Cremonini, a parte la “e” aperta del milanese Rkomi. Ascoltare lontano dai colli bolognesi.
Lucio Corsi e Topo Gigio, “Nel blu dipinto di blu”: 8
Teatrale, poetico, elegante. Semplicemente geniale. E due (vedi pagelle prima serata). La scelta di Lucio Corsi di attingere dalla tradizione non solo musicale, ma anche televisiva e del costume nazional popolare, dimostra un’attitudine alla ricerca difficile da trovare oggi in un artista giovane. Performance irresistibile che mette tutti d’accordo.
Serena Brancale e Alessandra Amoroso, “If I ain’t got you”: 10
La voce blues di Serena Brancale, al piano, reggeva tranquillamente da sola un pezzo così difficile, ma la combo con il timbro e l’estensione di Alessandra Amoroso rende tutto ancora più perfetto. Made in Puglia, New Orleans d’adozione. Un tutorial sul talento vero.
Irama e Arisa, “Say something”: 7 e mezzo
Sono gli amici che cantano insieme al karaoke perché sanno di essere i più bravi. Troppo concentrati su sé stessi, escono poco dal confine del bel canto e l’interpretazione, seppure eccellente, nel complesso emoziona meno rispetto a quanto avrebbe potuto.
Gaia e Toquihno, “La voglia e la pazzia”: 4
Riecco la samba, ma da Tony Effe a Toquihno il salto è vertiginoso. Lui sembra il maestro di canto della parrocchia, lei l’allieva diligente ma ancora acerba. La canzone diverte e l’arrangiamento musicale è anche bello, ma insieme non funzionano. Male assortiti come gli ultimi mignon rimasti in pasticceria la domenica a pranzo.
The Kolors e Sal Da Vinci, “Rossetto e caffè”: 7 e mezzo
É il momento Quartieri Spagnoli. L’Ariston diventa Nennella, manca solo Di Maio che fa il volo dell’angelo e poi ci sono tutti. Stash aggiunge una spruzzata punk a questa hit neomelodica, oggettivamente irresistibile. E così si ” so’ ripigliat’ tutt’ chell che è ‘o lor'”.
Marcella Bella e Twin Violins, “L’emozione non ha voce”: 7
Marcella vuole la scena e se la prende. I due violinisti fanno da sfondo a un’interpretazione da prima donna, e che donna. Tutta l’intensità che ci ha messo ha bucato lo schermo. Una signora del palcoscenico.
Rocco Hunt e Clementino, “Yes I know my way”: 7 e mezzo
Questa abitudine dei napoletani di accoppiarsi sempre tra di loro quando si tratta di cantare, è un po’ un ritorno alle feste delle medie, quando ci si divideva rigorosamente tra maschi e femmine. Il duetto però è vincente. Di “Yes I know my way” c’è solo il ritornello e l’emozionante voce di Pino Daniele sul finale. Il resto è un freestyle che spacca. Tra gli omaggi più originali mai visti.
Francesco Gabbani e Tricarico, “Io sono Francesco”: 5
La maestra è rimasta “puttana”, la canzone invece è stata completamente stravolta e si perde un po’, decelera e riacquista potenza solo sul finale. Triti e ritriti i bambini sul palco. La cosa più bella rivedere Tricarico a Sanremo.
Giorgia e Annalisa, “Skyfall”: 10
Adele impallidirebbe davanti a una performance così eccellente. Brividi per queste regine della vocalità, talmente perfette che sembrano programmate con l’intelligenza artificiale. Le prime della classe, e pure simpatiche.
Simone Cristicchi e Amara, “La cura”: 8
Se finora a Cristicchi gli si è rimproverato di non cantare, stasera si è preso una bella rivincita. L’interpretazione di questo capolavoro di Battiato insieme ad Amara, la sua compagna, è di un’intensità unica. Il manifesto del San Valentino a Sanremo.
Sarah Toscano e Ofenbach, “Overdrive”: 7
Un’iniezione di energia e internazionalità. Più che a Sanremo sembra di stare in un club underground berlinese. Sarah Toscano da solista a frontwoman senza battere ciglio. Il riscatto dei ventenni ai 10 minuti di Iva Zanicchi la sera prima.
Coma_Cose e Johnson Righeira, “L’estate sta finendo”: 8 e mezzo
Una canzone senza tempo, come la voce inconfondibile di Johnson Righeira, che insieme ai Coma_Cose regala una versione irresistibile. Sicuramente ballava anche Topo Gigio in camerino.
Joan Thiele e Frah Quintale, “Che cosa c’è”: 5
Il pezzo è un cult, coraggioso l’arrangiamento, anche se un po’ straniante. Bravi insieme, per carità, ma che noia.
Olly e Goran Bregovìc, “Il pescatore”: 8
Olly va sul sicuro con uno dei pezzi più belli e amati di De Andrè, e non sbaglia. Emozionante l’attacco a cappella. L’arrangiamento originale, un po’ ‘balcano’, è travolgente e dà una nuova vita alla canzone, sulla scia di Alfa l’anno scorso con “Sogna, ragazzo, sogna”. Goran Bregovìc accanto a lui quasi scompare. Una grande presenza scenica.
Elodie e Achille Lauro, “A mano a mano”/”Folle città”: 9
Elodie acchiappa il pezzo da novanta di questo festival e si scrolla di dosso quella pelle dance che non sempre la valorizza. In questa versione pop-rock è irresistibile. Achille Lauro un mostro sacro del palco. Sensualissimi, insieme sono passione pura. Afrodisiaci.
Massimo Ranieri e Neri per caso, “Quando”: 5
“Signori, è stato un onore suonare con voi”. Sembrano l’orchestra del Titanic prima di affondare. Bravi eh, ma fuori dal tempo.
Willie Peyote, Ditonellapiaga e Tiromancino, “Un tempo piccolo”: 7
Fortunatamente la memoria di Franco Califano non si è fermata a Tony Effe stasera. Tre voci così diverse per una canzone meravigliosa, valorizzata ancora di più da uno splendido assolo di chitarra di Federico Zampaglione.
Brunori Sas, Riccardo Sinigallia e Dimartino, “L’anno che verrà”: 7 e mezzo
Lucio Dalla è come il ‘sistemone’ al Superenalotto, facilita le cose ma bisogna comunque indovinare i numeri giusti. Brunori Sas lo fa, scegliendo questi due artisti fortissimi che accanto a lui regalano una versione esemplare de “L’anno che verrà”.
Fedez e Marco Masini, “Bella stronza”: 5
Un hype che neanche quando Costantino Vitagliano scelse Alessandra Pierelli a Uomini e Donne. “Bella stronza” originale non si batte. Questa versione con le barre di Fedez, forti e delicate allo stesso tempo, non è male ma non lascia il segno. Come disse Funari: “Se uno è stronzo, nun je poi dì che è stupidino, je devi dì che è stronzo”. Masini gli lascia quasi tutto lo spazio – o meglio, la scena – per svelare quello che ci si chiede da settimane. No, la canzone non è per Chiara Ferragni. Una hit snaturata a favore del gossip. Deludente, come tutte le cose cariche di aspettative.
Bresh e Cristiano De Andrè, “Crêuza de mä”: 8
É l’esibizione più sfigata della serata, tra problemi tecnici e microfoni volati, ma andiamo oltre. Peccato vedere poco (e niente) Cristiano De Andrè su palcoscenici importanti. L’omaggio al papà, con Bresh, è profondamente toccante oltre che meraviglioso. Sarebbe stata utile Olga Fernando per la traduzione dal ligure, ma ci emozioniamo anche senza capire niente.
Shablo, Guè, Joshua, Tormento e Neffa, “Amor de mi vida”/”Aspettando il sole”: 7 e mezzo
Hip hop da respirare a polmoni pieni. Due pezzi cult del panorama urban italiano riarrangiati magistralmente. Li avrei voluti tutti come compagni del liceo durante l’autogestione. Neffa king indiscusso.
Fonte : Today