È stato distrutto il vigneto sperimentale dell’università di Verona

Nella notte tra mercoledì 12 e giovedì 13 febbraio un’irruzione da parte di ignoti ha distrutto il vigneto sperimentale dell’università di Verona gettando nello sconforto il gruppo di genetica agraria coordinato da Mario Pezzotti del dipartimento di Biotecnologie dell’università di Verona e il suo braccio operativo Edivite, una società spin off dell’ateneo con la partecipazione di soci privati.

Che esistessero insidie lo testimoniavano le misure di sicurezza predisposte per proteggere il campo, delimitato da una rete metallica accessibile solo al personale autorizzato e sottoposto a sorveglianza 24 ore al giorno. Un sistema che non è bastato a tutelare la prima sperimentazione in campo aperto di una vite modificata con tecniche di evoluzione assistita. Tea era stata avviata l’1 ottobre 2024 a Villa Eugenia di San Floriano, una sede distaccata dell’Università di Verona. L’unica buona notizia è che il team non si arrende e anzi è pronto a riprendere l’opera.

Azione pianificata ma responsabili ancora ignoti

Nessun dubbio che l’operazione sia stata pianificata. Oltre ad addentrarsi di notte e muniti di strumenti adeguati per aprire un varco nella rete, è probabile che abbiano approfittato della chiusura temporanea di un centro sportivo confinante per penetrare indisturbati nella villa.

Il vigneto distrutto

Altro elemento che fa propendere per la premeditazione è il fatto che solo le viti Tea sono state aggredite, mentre le altre coltivazioni seguite dall’Università non sono state toccate. Più complicato è stabilire il movente di questo gesto, le ipotesi convergono su ambienti ostili alle sperimentazioni sulle piante di qualunque tipo, dagli Ogm alle Tea. Sono state sradicate 10 piante di cui 5 Chardonnay Tea e 5 piante non modificate con l’obiettivo di fornire un raffronto continuo con le prime. Proprio in questa primavera era prevista la prima verifica sulla resistenza ai rigori invernali e la capacità di fare sbocciare le prime gemme.

Piante Tea fragili e stressate per l’abbattimento

Il team ha già ripiantato le viti ma le speranze che l’iniziativa possa andare avanti non sono molte, come spiega Sara Zenoni, docente di Genetica Agraria dell’Università di Verona che ha seguito il progetto dagli esordi: “Le 5 piante Tea sono prodotte in serra, sono fragili, anche nel caso restino in vita hanno subito un forte stress che interferisce con il proseguo della sperimentazione”.

Nell’ipotesi negativa che le piante non sopravvivano c’è la possibilità di iniziare un nuovo progetto che richiederebbe, come avvenuto per il primo, il sostegno del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica “potremmo mettere a dimora le piante Tea anche subito ma i tempi si allungano – precisa Zenoni – perché manca la vernalizzazione, i 6-7 mesi necessari per verificare la tenuta e la produzione delle gemme. Quanto accaduto ha sconvolto tutto il nostro team ma c’è la volontà di andare avanti, riprendere il lavoro”. Più pessimista David Bolzonella, direttore del dipartimento di Biotecnologie dell’università di Verona “l’atto vandalico è stato grave e al momento non sappiamo se e quando la sperimentazione potrà ripartire

L’episodio del giugno 2024

Le tecniche Tea permettono di modificare direttamente il genoma della pianta senza la necessità di ricorrere all’inserimento di dna estraneo, come accade invece per gli ogm. Una differenza che ha assicurato il sostegno del governo ma che non convince un’area ostile a qualunque forma di ricerca sulle piante che è in grado di eliminare o quantomeno ridurre l’utilizzo dei fitosanitari per proteggere i vigneti da peronospora e oidio, due patologie che aggrediscono le piante provocando ingenti danni.

Resta forte il problema di difendere operazioni come queste che sono nel mirino di vandalismi, com’è già capitato nel giugno scorso a Mezzana Bigli, nel Pavese, dove è stato distrutto il campo sperimentale di riso Tea dell’Università di Milano. Come spiega Vittoria Brambilla, docente di botanica generale presso il dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università Statale di Milano e a capo del progetto Ris8imo, “una parte del riso è stata recuperata e poi è arrivata maturazione ma i danni sono stati ingenti: abbiamo perso un anno di lavoro, in primavera faremo una nuova piantagione”.

Fonte : Wired