Il colpo di scena maggiore, o perlomeno quello che Carlo Conti aveva preventivato, era cominciare la terza serata di Sanremo partendo dalla platea e non dal palcoscenico. Adrenalina pura. Questo finché Katia Follesa, co conduttrice, non ha deciso di sparigliare un po’ le carte di un festival improntato sul protocollo minimale del direttore artistico. E noi la ringrazieremo per tutta la sera. La ringrazieremo quel bacio rubato all’improvviso a Simon Le Bon che c’è parso un fuoriprogramma persino elettrizzante – e pensare che un tempo qui era tutto un accoppiamento tra Fedez e Rosa Chemical – e per la verve con cui ha finalmente portato in scena qualche battuta moderatamente caustica. “Conti che fa gli ascolti più alti del millennio con un Sanremo in cui non c’è nemmeno l’ombra di un’idea è una minaccia all’intrattenimento più seria dell’intelligenza artificiale”, scrive Fabio Vassallo su X. Quotiamo. E andiamo alle pagelle.
Katia Follesa
“Grazie per avermi voluta in questa edizione in cui ci sono più conduttori che cantanti”, dice Katia scendendo le scale. Poi un’infilata di battute taglienti il giusto, una dopo l’altra, che portano una ventata di ossigeno rispetto alla compostezza dei colleghi tanto impostati nei loro personaggi durante le serate precedenti. “Dico tutto veloce perché ho tre secondi”, scherza in merito al ritmo militaresco di Conto. “Carlo, ma tu fai tutto così veloce, ma tutto tutto? C’è tua moglie qui? È già a casa a letto aspettarti per anticipare i tempi?”. “Ma hai davvero abolito i monologhi? Non posso neanche scrivere una lettera alla me bambina?” (il riferimento che non necessita di essere spiegato è a Chiara Ferragni, ndr). “Prometto che non devolverò il mio cachet in beneficenza” (idem). Katia Follesa walk so Geppi e Mahmood could run, domani. Noi ci crediamo.
Duran Duran
Vennero qui quarant’anni fa, quando erano un fenomeno di costume capace di far impazzire milioni di fan. Ma la band che ha spopolato negli anni Ottanta è ancora trascinante nella sua energia. La pensa così anche Katia Follesa, che seduce a colpi di battute il frontman, si piazza in platea col cartellone “Sposerò Simon Le Bon” e rimedia un dignitoso bacio sulle labbra. A sorpresa arriva anche Victoria De Angelis, col suo inseparabile basso, per suonare alcune canzoni insieme agli artisti inglesi: ieri in conferenza stampa i Duran Duran avevano spiegato che i Maneskin sono la loro band preferita del momento (ora bisogna capire se sono ancora una band, considerate le ultime perplesse dichiarazioni di Damiano David, ndr).
Edoardo Bennato
Edoardo Bennato si ferma sul palco giusto il tempo di promuovere il suo docufilm presto su Rai Uno. Canta la sua “Sono solo canzonette” e si smaterializza nel tempo di un giro di do. Vuoi perché la promozione era l’unica ragione che lo ha spinto ad alzarsi dal divano. Vuoi perché il ritmo di Conti non fa sconti a nessuno, neanche a un cantautore iconico che non si affacciava in tv da tempo.
Elettra Lamborghini
Elettra Lamborghini non fa in tempo a scendere dalle scale dell’Ariston che già sta gridando. “Ho paurissimaaa”, “Adesso mi sciolgoooo”. Un cartone animato: la voce è quella teneramente stridula che ben conosciamo, la fisionomia quella di una Jessica Rabbit in bianco. Al momento dei lanci, scandisce i nomi degli artisti con la stessa premura terrorizzata con cui i bambini delle elementari imparano a leggere. Tra un lancio e l’altro poi, spara un paio di battute scritte preventivamente dagli autori. Qualcosa su Bugo e Morgan, qualcosa sull’abbronzatura iconica di Conti. La regia risponde alla banalità con un paio di inquadrature sulle sue curve che sembrano arrivate direttamente dall’inizio degli anni Duemila.
Miriam Leone
“Ma tu sei emozionato, Carlo? Come fai a non essere emozionato?”. E altre considerazioni di peso e poco scontate come “Che emozione il momento dell’incoronazione a Miss Italia”. Abiti molto belli, in una palette perfetta. Brava l’armocronista. Lei sì. Nient’altro.
Varie
Molto bella l’idea di portare sul palco i ragazzi del Teatro Patologico. Sono gli allievi dell’accademia fondata da Dario D’Ambrosio, che fa incontrare il teatro e la malattia mentale in un percorso nuovo. Iva Zanicchi ritira il premio alla carriera con un medley dei suoi brani ma stona clamorosamente: non il mondo migliore per ritirare un premio alla carriera, ma un giocatore non si giudica dal calcio di rigore.
Fonte : Today