Lo stato di grazia di Selvaggia Lucarelli

Quando ho letto che Selvaggia Lucarelli sarebbe stata coinvolta a Sanremo, ho pensato che fosse davvero il momento giusto. Vari astri si erano allineati affinché il 2025 si rivelasse l’anno in cui la giornalista (si è cancellata dall’ordine, ma giornalista è) avrebbe messo un piede nella kermesse. Non invitarla sarebbe stata una miopia. Non omaggiare il valore sociale dell’inchiesta sui Ferragnez, soprattutto in un contesto nazionalpopolare come è Sanremo, sarebbe stata una ristrettezza di vedute: chi infatti ritiene che il caso appartenga al puro pettegolezzo dimentica che la formazione culturale ragiona per simboli, agisce sottotraccia, si nutre della leggerezza dei messaggi subliminali. E non solo nei più giovani, che usiamo sempre come capri espiatori per non metterci in discussione e riempirci la bocca: in tutti. L’exploit sul caso Ferragni insomma resterà storico dal punto di vista del costume e della società, ovvero segnerà un prima e un dopo, ma contestualmente sembra anche aver fatto da apripista a una nuova fase della carriera di Selvaggia. Uno stato di grazia professionale che va avanti ormai da qualche tempo.

Alla fine Selvaggia quel piede l’ha messo solo nel DopoFestival, non sul palco vero e proprio dell’Ariston. Ma tant’è. Niente più della vicenda Ferragni, con l’influencer rinviata a giudizio per truffa aggravata, le ha dato una legittimazione definitiva, capace di convincere finalmente anche gli scettici rimasti. E questo basta. C’è stato un tempo in cui, ha raccontato Lucarelli, credeva di meritarsi solo le ospitate di Barbara d’Urso: lo scrive nel romanzo “Crepacuore”, un romanzo emolliente per chi ha vissuto una relazione tossica, in cui parla di un amore che la vessava nella sua parte migliore. Poi la decisione di sterzare, anni di lavoro caparbio in cerca di una fisionomia nuova, tra larghi giri di esplorazione di ruoli e di generi, tra spettacolo, cronaca e società (chi se la ricorda con la videocamera del telefono mentre girava in autonomia un reportage ai tempi del Covid?), approdati oggi in una dimensione dai contorni mai così nitidi: di fronte a un giornalismo di costume abituato a sdraiarsi pigro sull’opinionismo, Selvaggia su Ferragni ha fatto la differenza, mettendo a punto una inchiesta di costume come se ne vedono poche in un settore che è pura vetrina. Continua ad amare la querelle, certo, ma si distingue sempre più nell’antica arte di esercitare il dubbio, riuscendo così nell’impresa di mantenere lo sguardo più moderno di tutti. 

Dopo l’inchiesta su Ferragni poi, negli ultimi mesi Lucarelli ha poi continuato a mantenersi protagonista. È stata lei a spiegare i retroscena inediti e potenti sul divorzio televisivo dell’anno, quello tra il manager Lucio Presta e il conduttore Paolo Bonolis (almeno nei dettagli riferibili, ndr). È stata lei a tenere sulle spalle un’intera edizione di “Ballando con le stelle”, e mai come quest’anno: seppure sieda tra i giudici da nove inverni, quest’anno ha brillato nelle dinamiche più del solito. E’ lei oggi – ancora – a tenere gli occhi del pubblico ben sbarrati – quasi a volerci piantare degli stuzzicadenti pur di tenerli aperti – sulle beghe giudiziarie di Fedez, nei giorni in cui l’animo degli spettatori si divide nella consueta dicotomia: da una parte la tenerezza quasi materna nel vedere il rapper tremante sul palco mentre parla di depressione, dall’altra la spietatezza del giudizio nei confronti di un personaggio altrettanto spietato. E serve rimettere insieme i puntini dell’immagine per capire da che parte tendere. 

Oggi insomma Lucarelli c’è e c’è più di prima. Dopo anni di ospitate mirate nei talk show impegnati di La7, torna a concedersi disinvolta in interviste più frequenti anche dalle parti della televisione più popolare, dove prima la trovavamo meno, o almeno questa è l’impressione, non sappiamo se con l’intenzione di un qualche tipo di rilancio. Qui a Sanremo balza da una ospitata in radio all’altra per la città, col sorriso che ci prendiamo la presunzione di dire sembrare sgombero del pesi di certe aspettative pattuite con se stessi. Nei mesi scorsi l’abbiamo vista esporsi a “Domenica In”, poi al “Basement” di Gianluca Gazzoli e altrove, muovendosi su un pubblico trasversale per età. “Credo che la tv dia visibilità solo se fai cose che ti somigliano, altrimenti affossa”, ha detto in passato. Il lavoro di fino sul suo personaggio è della Newco, agenzia di management che ha nel suo carnet anche Maria Sole Pollio e Giulia De Lellis, per fare due nomi associati al festival, e che sa lavorare, seppure non c’è certo una strategia imprescindibile nei movimenti di Selvaggia: alla richiesta di una intervista risponde lei personalmente. Anche a Sanremo, è tornata in città dopo anni di assenza e si è presa subito la briga di rompere il cerimoniale: neanche il tempo di mettere piede in riviera e già si è scagliata goduriosamente contro uno dei colleghi della sala stampa, considerato tra i pochi “noti” e “intoccabili” in una stanza che conta un centinaio di posti. Non è tornata insomma solo per partecipare alla festa, ma è riuscita anche ad avere il potere di farla fallire (che poi, pensa, è quello che dovrebbe fare chi fa questo lavoro). 

Se la presenza più assidua in tv si accompagna a una maggiore sfiducia nei confronti dei social, questo non lo sappiamo: di certo la maggior parte delle energie sono concentrate su Instagram, piattaforma dal pubblico ampio, col boomerissimo Facebook relegato a contenitore lancio della sua nuova newsletter (e con la piena consapevolezza che trattarlo così, cioè con un link dopo l’altro, significa rinunciare dichiaratamente all’engagement). Tra le novità infatti, anche il lancio di una newsletter, “Vale tutto”. Perché – a proposito di modernità – è questo il mezzo più in ascesa in questo mestiere che si sta reinventando, tra creator, personalizzazione dell’informazione e appiattimenti di intelligenze artificiali varie. E perché chi se non lei, che delle parole in rete è sempre stata una pioniera e che, dopo anni di collaborazioni con svariate testate, si percepisce legittimamente testata a sé. “Ah, era anche bellissima”, scriveva infine Selvaggia dopo la morte di Raffaella Carrà, sottolineando come il talento totalizzante ci avesse distratto da un viso magnetico. Dunque non ci taccerà di sessismo – o forse sì – se aggiungiamo anche questo complimento in conclusione, riferendoci alla compiaciuta vanità con cui è tornata a mettere in mostra le gambe a DopoFestival, dopo quello che lei stessa ha definito un dimagrimento “più complicato di quello che sembra”. Nel caso Selvaggia, perdonami: non ho abbastanza danari per potermi permettere uno psicologo, in caso di un tuo attacco. 

Fonte : Today