La migrazione sanitaria costa al Sud 5 miliardi di euro l’anno

Migrazione sanitaria, mai così tanti italiani in viaggio per curarsi, mai così tante risorse spostate da Sud a Nord. Il nuovo rapporto della Fondazione Gimbe fotografa uno degli squilibri più profondi del Sistema sanitario nazionale: la fuga dei pazienti verso regioni diverse dalla propria per ricevere cure mediche. Nel 2022 il valore delle prestazioni sanitarie erogate fuori regione ha superato i 5 miliardi di euro: per ogni paziente curato fuori sede, la regione di residenza deve infatti rimborsare le spese sanitarie a quella che ha fornito le prestazioni. Un meccanismo che, paradossalmente, finisce per impoverire ulteriormente i sistemi sanitari già in difficoltà, sottraendo risorse proprio ai territori che ne avrebbero più bisogno per potenziare i propri servizi.

La mappa degli squilibri

Un paese spaccato in due dalla qualità delle cure. Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto hanno costruito nel tempo sistemi sanitari che attirano pazienti da tutta Italia, concentrando il 94,1% del saldo attivo della mobilità sanitaria. La Lombardia guida la classifica con il 22,8% della mobilità attiva, seguita dall’Emilia-Romagna con il 17,1% e dal Veneto con il 10,7%. Numeri che si traducono in entrate considerevoli: 623,6 milioni per la Lombardia, 525,4 per l’Emilia-Romagna, 198,2 per il Veneto.

Il fenomeno della migrazione sanitaria segue una geografia precisa che riflette le disparità nell’offerta di servizi sanitari. Il presidente della fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, sottolinea come “la mobilità sanitaria non è più una libera scelta del cittadino, ma una necessità imposta dalle profonde disuguaglianze nell’offerta dei servizi sanitari regionali”. I dati lo confermano: le Regioni che garantiscono meglio i Livelli essenziali di assistenza (Lea) sono le stesse che attirano più pazienti da fuori regione. I Lea rappresentano l’insieme delle prestazioni fondamentali che il sistema sanitario deve assicurare a ogni cittadino: dagli esami diagnostici alle visite specialistiche, dai ricoveri ospedalieri alle cure oncologiche, fino all’assistenza per gli anziani e i disabili. Quando una regione non riesce a garantire questi servizi in tempi e modi adeguati, i suoi cittadini sono costretti a cercare assistenza altrove. Non è un caso che le prime cinque regioni nella classifica dei Lea occupino anche i primi posti per numero di pazienti attratti da altri territori.

La fuga dei pazienti dal Sud svuota le casse regionali, con effetti devastanti sui bilanci. Campania (-308,4 milioni), Calabria (-304,8 milioni) e Sicilia (-241,8 milioni) hanno visto aggravarsi ulteriormente la propria situazione debitoria. Ma il fenomeno non risparmia neanche il Centro: il Lazio registra un passivo di 193,4 milioni di euro, mentre la Puglia supera i 230 milioni di deficit.

Una tendenza negativa

Secondo il rapporto la frattura territoriale si allarga di anno in anno. L’aumento del 18,6% rispetto al 2021, quando il valore si attestava a 4,25 miliardi, dimostra come il fenomeno stia accelerando. Tanto più grave se si considera che tre sole regioni – Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto – concentrano già il 94% del saldo attivo. Una situazione che gli esperti della Fondazione Gimbe definiscono come “una frattura strutturale del Servizio sanitario nazionale”.

Ad aggravare questo squilibrio contribuisce in modo determinante il settore privato. Il 54,4% delle prestazioni fuori regione viene infatti erogato da strutture private convenzionate, che attraggono pazienti grazie a liste d’attesa più brevi e tecnologie all’avanguardia. Le regioni meridionali si trovano così in una doppia morsa: da una parte devono rimborsare le prestazioni alle regioni del Nord, dall’altra vedono ridursi gli investimenti privati sul proprio territorio, con sempre meno strutture di eccellenza disposte ad aprire nei loro confini. Perché quella della sanità è una partita soprattutto economica, dal momento che assomma porzioni vicine al 70% dei bilanci regionali. E l’influenza delle lobby sulla politica è una morsa che paralizza il diritto alla salute per tanti, troppi cittadini.

Fonte : Wired