Armi italiane in Ucraina, a tre anni dall’invasione della Russia non sappiamo ancora quante ne abbiamo mandate

Le forze armate italiane, non essendo coinvolte in conflitti maggiori da decenni, hanno un ricambio di armamenti limitato. Tuttavia, l’invio di sistemi d’arma in un teatro di guerra come l’Ucraina aumenta drasticamente questo turnover, portando a costi aggiuntivi non dichiarati. Oltre ai 2,5 miliardi stimati, vanno considerati dunque anche i costi di rifornimento delle scorte da ripianare, che rappresentano, secondo Milex, un ulteriore onere non trasparente per il bilancio pubblico.

I costi indiretti dell’Ucraina

Per quanto riguarda le spese documentate per le scorte, spiccano i 14,5 milioni di euro destinati all’acquisto di munizioni di artiglieria, inseriti nel Decreto Lavoro del 2023.

Tuttavia, sia la Corte dei Conti che il Servizio Bilancio del Senato hanno sollevato dubbi in merito, in occasione del rinnovo dell’invio di armi all’Ucraina, chiedendo chiarimenti sui maggiori fabbisogni legati alla sostituzione dei materiali ceduti.

Tra le voci principali di costi indiretti identificati da Milex ci sono dunque i missili antiaerei e lanciamissili MBDA Italia: 808 milioni di euro per sostituire i vecchi Stinger americani inviati a Kyiv. Oppure i missili anticarro Spike: 51 milioni di euro e un secondo da 92 milioni (aprile 2024, attualmente sospeso) per rimpiazzare le scorte trasferite. Spese ben più consistenti riguardano invece gli obici semoventi RCH 155: 1,8 miliardi di euro per sostituire gli FH 70 e i M109 ceduti all’Ucraina, e le batterie missilistiche Samp/T di nuova generazione: 500 milioni di euro ciascuna, con missili Aster 30 dal costo unitario di 2 milioni di euro.

Questa crescita esponenziale delle spese militari solleva interrogativi sulla sostenibilità finanziaria e sulla trasparenza delle operazioni legate alla difesa. Questa opacità, secondo l’analisi di Vignarca, potrebbe essere stata usata per evitare critiche sia dai militaristi (contrari all’invio di materiale vecchio) che dai pacifisti (contrari all’invio di armi), ma anche per spiegare in modo generico i programmi di riarmo senza dettagli specifici.

Come sono influenzati i programmi di riarmo?

Non è chiaro in che misura i programmi di riarmo nazionale, come l’acquisto recente di missili VSHORAD o obici semoventi Rch155, siano legati agli invii di armi all’Ucraina, ma il legame esiste ed è evidenziato nei decreti, nelle approvazioni parlamentari e nel Documento Programmatico Pluriennale (Dpp) della Difesa. Sebbene si affermi che gli invii non comportino oneri per lo Stato, non si sa se si tratta di materiale vecchio o nuovo, né come ciò influisca sulla prontezza delle forze armate italiane.

Fonte : Wired