Il 2024 è stato un anno eccezionalmente calmo per quanto riguarda gli attacchi di squali. A confermarlo sono i nuovi dati dell’International Shark Attack File, unico database completo e scientificamente documentato di tutti gli attacchi di squali conosciuti, secondo cui durante lo scorso anno nel mondo si sono verificati solo 47 attacchi non provocati, 22 in meno rispetto all’anno precedente e ben al di sotto della media decennale di 70.
Gli attacchi di squali non provocati
L’International Shark Attack File, che monitora gli attacchi di squali grazie alla collaborazione di scienziati di tutto il mondo, include esclusivamente i morsi “non provocati”, definiti come incidenti, in cui una persona non ha iniziato un’interazione con uno squalo. I casi in cui qualcuno ha avviato intenzionalmente o meno un contatto, inclusa la pesca subacquea e il rilascio di squali da reti o ami, non sono invece presi in considerazione nel rapporto. “Siamo interessati ai modelli naturali del comportamento degli squali in modo da poter capire perché le persone occasionalmente vengono morse da questi animali”, ha affermato Gavin Naylor, direttore del Florida Program for Shark Research. “Qualsiasi segnale o fattore che modifichi il comportamento naturale di un animale è qualcosa che, come scienziati, vogliamo escludere”.
Gli attacchi di squali più frequenti
Mentre in Australia si sono verificati 9 attacchi di squali e l’area dell’Oceano Atlantico tra le Isole Canarie e la costa del Sahara Occidentale ha registrato il suo primo attacco, gli Stati Uniti hanno avuto il maggior numero di attacchi, con un totale di 28 attacchi segnalati (tra cui uno mortale). Con acque calde e un ampio litorale, si legge nel rapporto, la Florida ha avuto un totale di 14 attacchi, più di qualsiasi altro Stato, e sebbene non confermati, molti di questi probabilmente sono stati provocati da squali pinna nera (Carcharhinus melanopterus), le cui aree riproduttive si estendono proprio lungo la costa nord-orientale della Florida. Molti di questi, inoltre, sono giovani e non hanno ancora sviluppato la capacità di distinguere tra gli esseri umani e le loro prede naturali, come pesci, razze e altri squali. Gli squali toro e gli squali tigre, invece, raramente si avventurano in queste aree, sebbene siano comuni lungo la costa settentrionale della Florida. “Vedrete da 20 a 30 di loro pattugliare la costa a circa 150 metri dalla costa, dove si fanno gli affari propri”, ha precisato Naylor. In California, invece, si sono verificati 3 attacchi non provocati, incluso uno in cui è stata forata una tavola da surf. In tutto il mondo, si legge nel rapporto, i surfisti hanno rappresentato un terzo di tutti gli attacchi dello scorso anno. “Le persone fanno surf dove ci sono buone onde e dove ci sono buone onde c’è torbidità, e dove c’è torbidità ci sono spesso pesci che attirano gli squali”, ha commentato Naylor, ricordando che la torbidità è una misura della quantità di particelle, come i sedimenti, in un corpo idrico. “La torbidità riduce anche la visibilità nell’acqua, rendendo più difficile la vista per gli squali. Alcuni di loro commettono errori”.
La diminuzione dei morsi
A influenzare la diminuzione degli attacchi non provocati nel 2024 non c’è una singola causa definitiva, ma probabilmente una moltitudine di fattori, tra cui cambiamenti nelle correnti oceaniche, fluttuazioni nel numero di persone in acqua in determinate aree e persino cambiamenti nella popolarità di attività acquatiche come il surf e lo snorkeling. “Con un numero di persone che utilizza gli oceani più che mai, sia per svago, pesca o altre attività, ci si potrebbe aspettare che gli incidenti con morsi aumentino”, ha spiegato alla Cnn Neil Hammerschlag, direttore della Shark Research Foundation. “Tuttavia, il fatto che i numeri siano addirittura inferiori rispetto allo scorso anno rafforza l’idea che gli esseri umani non sono prede naturali o addirittura probabili bersagli per gli squali”. Va precisato, infine, che le probabilità di essere morsi da uno squalo sono incredibilmente basse e che l’Organizzazione mondiale della sanità ritiene che l’annegamento sia la terza causa di morte accidentale in tutto il mondo, e che caratteristiche costiere come le maree e le forti correnti rappresentino un rischio maggiore per i bagnanti rispetto agli squali.
Fonte : Wired