Non lasciamo soli i medici che sbagliano

Il parto è il momento in cui la vita dovrebbe iniziare, non spegnersi. Ma il 31 gennaio, a Desenzano del Garda, nel Bresciano, qualcosa va storto. Una donna arriva in ospedale per dare alla luce sua figlia dopo una gravidanza senza complicazioni, ma durante il travaglio emergono problemi. La neonata nasce in stato di grave ipossia: il suo corpo non riceve ossigeno a sufficienza. Quella che doveva essere una nascita diventa una tragedia, perché nonostante il trasferimento agli Spedali Civili di Brescia, la neonata non sopravvive.

I genitori sporgono denuncia, portando la Procura di Brescia ad aprire un’indagine e a iscrivere nel registro degli indagati dieci membri dell’équipe medica coinvolta. Questa tragedia sarebbe già di per sé drammatica, ma a renderla ancora più dolorosa si aggiunge un altro evento devastante.

Bimba muore dopo parto e medico si toglie vita: aperta un’inchiesta

Il 3 febbraio, in Val di Non, viene trovato senza vita uno dei ginecologi indagati: aveva soli 39 anni ed era originario della Sicilia. Le autorità stanno indagando per capire se esista un legame tra la morte della neonata e il suicidio del medico.

Quando è colpa del medico

Cosa si intende per colpa medica? La colpa medica è la responsabilità giuridica che ricade su un operatore sanitario quando un suo comportamento errato causa un danno al paziente. Può derivare da imprudenza, negligenza o imperizia e può essere valutata sia in sede civile che penale. In ambito penale, la riforma Gelli-Bianco (Legge 24/2017) ha introdotto tutele per i medici, distinguendo tra colpa grave e colpa lieve e limitando la responsabilità penale in caso di aderenza alle linee guida. ;

Una riflessione diventa obbligatoria. Siamo ormai abituati a vedere gli operatori sanitari come figure mitologiche, capaci di gestire l’impossibile, di tenere in equilibrio la vita con una decisione o con una manovra giusta nel momento giusto. Questo avviene la maggior parte delle volte, ma c’è un dettaglio che dimentichiamo: siamo tutti esseri umani, ed anche gli operatori sanitari lo sono. È raro trovare qualcuno che entri in una sala parto, in un pronto soccorso o in una terapia intensiva con la volontà di fare del male. La vita altrui non si prende tra le mani con leggerezza, eppure l’errore esiste. La medicina non è matematica pura, non è una formula esatta o un calcolo che garantisce sempre lo stesso risultato. La medicina è fatta di scelte, spesso rapide e sotto pressione, e ogni scelta ha un peso.

La paura non può essere il motore della medicina

Chi sceglie un lavoro di cura fa qualcosa che pochi altri fanno: si mette in gioco, consapevole che ogni decisione può avere conseguenze enormi. Avete mai pensato di essere chiamati a decidere in pochi secondi il destino di qualcuno? Quanti sarebbero pronti ad assumersi, ogni giorno, la responsabilità di una vita? Quando decidi di farlo, sei consapevole che il peso della colpa può non lasciare scampo. Se parliamo di colpe e di responsabilità, ricordiamoci che prima di tutto questo c’è il dolore. Il dolore di una famiglia che ha perso una figlia, il dolore di un medico che, forse, non ha retto il peso di quella perdita. Perché quando si sceglie di prendersi cura degli altri, non si firma un patto con l’infallibilità. Si firma un patto con la propria coscienza, con la consapevolezza che ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, si avrà in mano qualcosa di fragile e prezioso.

Serve quindi una parola importantissima che è equilibrio. Giustizia per chi soffre una perdita, ma protezione per chi ogni giorno si prende cura degli altri. Perché la paura non può essere il motore della medicina e chi cura non può essere lasciato solo.

Fonte : Today