La Toscana ha introdotto una legge che regola il suicidio medicalmente assistito, prima regione in Italia dopo la sentenza della Corte costituzionale del 2019. Il consiglio regionale ha approvato il provvedimento con 27 voti favorevoli e 13 contrari, in un’aula che ha visto schierata la maggioranza di centrosinistra insieme al Movimento 5 Stelle. La norma nasce da una proposta di legge di iniziativa popolare presentata dall’associazione Luca Coscioni, poi modificata in commissione Sanità dell’assemblea regionale toscana per rispondere ai requisiti costituzionali.
La prima legge regionale
La legge approvata l’11 febbraio 2025 rappresenta il primo caso in Italia di regolamentazione del suicidio assistito a livello regionale. Il testo dà attuazione alla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale, con cui la Consulta ha stabilito che non è punibile chi agevola il suicidio di un paziente che sia pienamente capace di intendere e volere, affetto da una patologia irreversibile fonte di sofferenze intollerabili, e tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale.
La Regione è intervenuta utilizzando i propri poteri in materia sanitaria. Secondo l’articolo 117 della Costituzione, infatti, la sanità è un ambito in cui le Regioni possono legiferare, pur dovendo rispettare i principi fondamentali stabiliti dallo Stato. Il governo nazionale ha ora 60 giorni di tempo per valutare se impugnare la legge davanti alla Corte costituzionale. L’esecutivo potrebbe contestare che la Regione abbia ecceduto le proprie competenze, sostenendo che una materia così delicata dovrebbe essere regolata da una legge nazionale uniforme. Un precedente esiste: il governo ha già impugnato una delibera dell’Emilia-Romagna che tentava di regolare la stessa materia.
La legge definisce una procedura che deve concludersi entro 37 giorni. Il paziente presenta richiesta al direttore dell’Asl, che attiva una commissione di sei specialisti: un palliativista, un neurologo, uno psichiatra, un anestesista, un infermiere e uno psicologo. A questi si aggiunge uno specialista della patologia del paziente. La commissione ha 20 giorni per verificare i requisiti, con possibilità di una sola sospensione di cinque giorni per accertamenti. Dopo il parere della commissione, un comitato etico ha sette giorni per esprimersi. Se il responso è positivo, entro dieci giorni vengono definite le modalità di autosomministrazione del farmaco, che deve avvenire entro una settimana. Viene anche previsto che l’assistenza sia prestata dal personale sanitario su base volontaria: una formula che lascia aperta la porta all’obiezione di coscienza.
Le norme sul fine vita in Italia
L’eutanasia attiva (cioè quello che la Federazione cure palliative definisce in maniera esplicita “l’uccisione di un soggetto consenziente in grado di esprimere la volontà di morire”) indica l’atto di procurare intenzionalmente e nel suo interesse la morte di una persona che ne faccia esplicita richiesta. L’eutanasia attiva resta illegale in Italia, mentre dal 2019 è consentito il suicidio assistito, ma solo in presenza di precise condizioni stabilite dalla Corte costituzionale. La sentenza 242 del 2019 della Consulta ha depenalizzato l’aiuto al suicidio in casi specifici, ma in assenza di una legge nazionale che ne regoli procedure e tempistiche, i pazienti che ne fanno richiesta devono affrontare lunghi iter giudiziari per vedersi riconosciuto questo diritto. Dal 2019 al 2024 ci sono stati solo due casi autorizzati in Italia, dopo battaglie legali durate anni.
Fonte : Wired