Gaza, nelle scorse settimane due inchieste giornalistiche hanno raccontato dettagli ulteriori sui rapporti, molto stretti, tra aziende tecnologiche statunitensi e l’esercito israeliano, le Israel Defense Forces (Idf) e le sue operazioni nella Striscia. Le due inchieste, pubblicate rispettivamente dal Washington Post e da un consosorzio di testate di cui fanno parte il Guardian, Drop Site News, +972 Magazine e Local Call, hanno in particolare rivelato ulteriori dettagli sul coinvolgimento di Google e Microsoft.
Le due inchieste sono entrambe basate su leak – fughe di notizie – di documenti e raccontano come, dall’inizio dei bombardamenti nella Striscia di Gaza, la richiesta da parte dell’Idf per i loro servizi si sia rafforzata e come le Big Tech abbiano risposto intensificando le proprie forniture di servizi cloud e di intelligenza artificiale, spinte anche da ragioni di concorrenza tra di loro.
Che Google e Amazon siano alcune tra le maggiori fornitrici di servizi tech al governo israeliano e alle sue autorità militari non è notizia nuova. Già almeno dal 2021 le due aziende sono coinvolte in Project Nimbus, un accordo commerciale da 1,2 miliardi di dollari che prevede proprio la fornitura di queste tecnologie. Microsoft e Oracle persero allora quell’appalto, ma le rivelazioni di queste settimane confermano quanto anche l’azienda di Redmond sia coinvolta direttamente in queste attività. Le due inchieste raccontano in particolare come i prodotti di Google e Microsoft siano stati utilizzati a Gaza a partire dall’ottobre del 2023 e quanto, di conseguenza, il loro utilizzo sia direttamente coinvolto nel genocidio nella Striscia. La firma di Project Nimbus venne accolto con proteste da parte dei dipendenti di Google e Amazon, proteste che si sono riaccese dopo l’inizio della guerra a Gaza nel 2023. Alle proteste sono seguiti licenziamenti.
Google e l’IA
Il Washington Post ha potuto rivelare come l’Idf abbia accesso alle tecnologie AI di Google sin dai primi giorni dell’offensiva nella Striscia. In particolare, come emerge dai documenti ottenuti dalla testata statunitense, l’esercito israeliano avrebbe richiesto di poter espandere il suo accesso a Vertex, la piattaforma di Google per lo sviluppo di applicazioni di IA. Le autorità militari avrebbero, si legge sempre nel reporting del WashPost, fatto pressione su Google minacciando il colosso tecnologico di rivolgersi alla concorrenza, ovvero ad Amazon, per il medesimo servizio. A novembre 2024, a un anno dall’inizio della distruzione di Gaza, l’Idf avrebbe invece richiesto accesso a Gemini, il chatbot di IA generativa di Google, al fine di poter sviluppare un suo proprio strumento di intelligenza artificiale per l’analisi di documenti di vario tipo.
L’inchiesta del Washington Post non ha potuto costruire l’effettivo utilizzo finale delle tecnologie di Google da parte dell’esercito israeliano. Parlando a una conferenza nel 2024, però, un portavoce del National cyber directorate del governo israeliano aveva dichiarato che “grazie al cloud pubblico di Nimbus stanno avvenendo cose fenomenali durante i combattimenti e queste cose giocano una parte significativa per la vittoria”. Più recentemente – e dopo la pubblicazione dell’inchiesta del Washington Post – Google ha annunciato un cambiamento delle sue policy in termini di utilizzo dei suoi prodotti di AI in contesti militari. Alphabet ha infatti riscritto le sue linee guida su come utilizzerà l’IA, rimuovendo una sezione che in precedenza escludeva le applicazioni che erano “probabilmente destinate a causare danni”, come scrive la BBC.
Microsoft, OpenAI e il ruolo del cloud
L’inchiesta incentrata su Microsoft, invece, mostra quanto diffusamente anche i servizi cloud e IA dell’azienda sarebbero utilizzati dall’esercito israeliano e come il loro utilizzo sia aumentato nei momenti più cruenti della guerra a Gaza. Come scrivono le testate che hanno firmato l’inchiesta, basata su documenti commerciali del ministero della Difesa di Tel Aviv e informazioni della filiale israeliana di Microsoft, a partire da ottobre 2023 l’azienda avrebbe stretto nuovi contratti per almeno 10 milioni di dollari per servizi infrastrutturali e di storage e per il supporto supporto tecnico.
Fonte : Wired