Sanremo, le pagelle della prima serata: promossi e bocciati

Certo che dare dei voti dopo la performance-evento di Jovanotti fa impallidire, ma tant’è. Ironia a parte, l’attesa è finita. Le 29 canzoni scelte da Carlo Conti sono state snocciolate tutte in quasi cinque ore di diretta. E ci ha detto bene, perché con questo overdose di musica poteva andare peggio. Il plauso va tutto a Carlo Conti, che è riuscito a orchestrare perfettamente le esibizioni di tutti i Big in gara, riducendo all’osso lo show televisivo e chiudendo all’1:20, in anticipo di dieci minuti rispetto alla scaletta.  

Le lacrime con Cristicchi, il momento mistico con Giorgia, la consacrazione di Achille Lauro. Sorpresa Lucio Corsi. I giovani fanno i giovani – e si sente – i pilastri non crollano. Manca ‘La Canzone’, di più di qualcuna invece se ne poteva fare tranquillamente a meno. 

Gaia, 5

Ragà, chi chiama? “Chiamo io, chiami tu, chiamo io, chiami tu”, l’orchestra fa il balletto, in effetti da suonare c’è poco. Il successo di “Sesso e samba” è un ricordo lontano. Ma soprattutto, chi è lo stylist?  

Francesco Gabbani, 8

Impeccabile. Padrone assoluto del palco, voce precisa e canzone che ancora una volta fa centro. Gabbani all’Ariston è come il rum nel babà. Imprescindibile. 

Rkomi, 4

La giacca aperta sul petto nudo distrae. E per fortuna, perché il pezzo nonostante la cassa dritta risulta quasi anonimo e si perde nella coda lunga, anche se è tra i primi a cantare. 

Noemi, 8 e mezzo

Chapeau. Voce migliore per raccontare una storia finita non c’è. Un timbro che graffia come pochi. Sul palco porta tutta la sua maturità artistica e una canzone che è una bomba. 

Irama, 7

Ci sarà voluto un conteiner solo per trasportare il cappotto fino a Sanremo. Gli orpelli dorati e le spalline da generale bucano lo schermo quasi quanto la sua interpretazione. Con questo pezzo non esce dalla sua comfort zone, ma perché dovrebbe? Ci piace così, accorato. 

Coma_Cose, 7 

C’è chi già canta “Cuoricini” e chi mente. Il look da sposa cadavere di California è l’unica nota stonata. Va beh, pure loro non è che siano così vocalmente precisi, ma ci regalano un tormentone clamoroso. Ormai è ufficiale, sono i nuovi Al Bano e Romina. 

Simone Cristicchi, 10

Arriva, canta, se ne va e ci lascia in una valle di lacrime. Una poesia sull’amore più forte e universale, quello tra un figlio e sua madre, che si destreggia con straordinaria intensità fra il racconto della malattia e la gratitudine. Gli over 30 hanno il cuore spezzato, gli under devono ancora capirlo. La potente penna di Cristicchi mancava tanto a Sanremo. 

Marcella Bella, 6 e mezzo 

Marcella, insegnaci a essere così stronze. “Pelle diamante” è il riscatto femminile dopo decenni d’egemonia di “Minuetto”. Altro che “sono tua, quando vuoi, nelle notti più che mai”… Passi lunghi e pedalare, ah belli! Iconica. 

Achille Lauro, 9

Eleganza da vendere, non solo nel look. La canzone è un emozionante elogio all’amore giovanile. Testo ruvido ma meravigliosamente romantico, melodia retrò con un sax finale da capogiro. Non sbaglia niente. Questo festival è la sua consacrazione nell’olimpo dei migliori artisti italiani.

Giorgia, 10

È tutta voce. Se non fosse stato per il videomessaggio di Papa Francesco, il suo sarebbe stato l’unico momento divino della serata. A questo punto, visto che siamo in tema, ringraziamo l’Altissimo per averci dato questa artista celestiale. Amen. 

Willie Peyote, 7 e mezzo 

L’affilata ironia è il suo marchio di fabbrica e ci regala un altro pezzo azzeccatissimo, un divertente ritratto sociale dal sound incisivo. È tra i pochi pezzi davvero originali di questo festival. 

Rose Villain, 6

La sfida a Elodie è stata ufficialmente lanciata. Quel “si’ ‘na preta” urlato dalla platea – che in napoletano significa letteralmente “sei una pietra”, ovvero una gran bona – lo attesta. Figaggine “fuorilegge” e incontestabile, come però il fatto che la canzone dell’anno scorso era più bella. Il pezzo comunque funziona, e lei sul palco spacca. 

Olly, 8 e mezzo

Si è vestito al buio, ma si fa perdonare con un’interpretazione ottima. La vera nostalgia è quella di non avere più vent’anni per innamorarsi perdutamente di Olly, ma noi millenials ce ne freghiamo e ci innamoriamo lo stesso di questo ragazzone che canta meravigliosamente un amore perduto. In un anno è cresciuto tantissimo. Comunque vada, è il suo Sanremo. 

Elodie, 7

Semplicemente dea, anche in versione carta stagnola. Ha il pezzo giusto per le radio ma anche per lei. Una ‘paraculata’ vincente, diremmo se il festival si facesse al Quartaccio. 

Shablo, Guè, Joshua, Tormento, 7 e mezzo

Finalmente hip hop. Il loro è un pezzo che si distingue dagli altri, un urban che arriva dalla prima all’ultima nota. Finalmente qualcosa di diverso.

Massimo Ranieri, 7

La canzone non arriva al primo ascolto, ma forse neanche al secondo. Dopodiché, il ‘solito’: voce maestosa, interpretazione profonda e teatrale. E che gli vuoi dire?

Tony Effe, 6 e mezzo

Operazione pulizia, a partire dall’outfit. Coatto ma senza capezza d’ordinanza e denti dorati, candido (quantomeno con l’abito). Nel testo nessuna “bitch”, ma una donna che ama. Niente trap, il pezzo è uno stornello romano in chiave pop. Praticamente per tre minuti è un altro Tony Effe, che con questa canzone d’amore vuole archiviare critiche e polemiche. Duro da ammettere, ma missione compiuta. 

Serena Brancale, 7

Percussioni e voce. Se la canta e se la suona, ma soprattutto fa ballare con un sound profondo come il sud che porta sul palco. La rivelazione di questo festival. 

Brunori Sas, 8

Il miglior cantautore che abbiamo oggi. La delicatezza con cui racconta le gioie ma anche le paure della paternità è commovente. Una bel regalo vederlo in gara a Sanremo come baluardo della musica bella e di livello. 

Modà, 6

Kekko è la Mara Venier dei Modà, alla fine non molla mai. Ed è un piacere rivederlo ancora su questo palco a cantare (e bene) l’amore come si faceva una volta. 

Clara, 6

Un colpo alle radio e l’altro a TikTok. Lei è splendida, ma ancora acerba artisticamente.

Lucio Corsi, 8

Canta “Volevo essere un duro” vestito da Winx. Semplicemente geniale. La canzone è una filastrocca sui tempi moderni e un bellissimo elogio delle fragilità. Che bella sorpresa. 

Fedez, 7 e mezzo

Vestito a lutto, occhi compresi, regala l’unico pezzo rap in gara. Ed è un gran bel pezzo. La depressione, gli psicofarmaci, le paranoie, una storia complicata. Fedez nudo e crudo. Molto meglio sul palco che sui social. 

Bresh, 5

Astenersi dal giudizio i sensibili al chiodo di pelle da cui fanno capolino pettorali apprezzabili. I restanti saranno d’accordo nel dire che siamo davanti a un discreto pezzo teen, ma niente di più. 

Sarah Toscano, 5 e mezzo

La canzone non è male, anche se ricorda “Bolero” di Mika e lei non è Baby K. 

Joan Thiele, 4

Apprezzabile lo sforzo rock, ma si capisce poco e niente del testo. Potrebbe cantare anche il libretto d’istruzioni della lavatrice e non ci accorgeremmo della differenza. Il pezzo dura il tempo di un lavaggio rapido a 30 gradi. 

Rocco Hunt, 6 e mezzo

Il rapper bravo ragazzo. Le origini, i posti dell’infanzia, le vecchie amicizie e le difficoltà della periferia. C’è tanto in questa canzone e Rocco Hunt la canta con la grinta dello scugnizzo diventato ‘nu buono guaglione’. 

Francesca Michielin, 7

Qualcuno a Sanremo che tolga il malocchio alla Michielin. La caduta durante le prove, i problemi con l’auricolare all’inizio dell’esibizione, di certo la fortuna per ora non è stata di casa, eppure lei spacca nonostante gli incidenti di percorso. Energia, pathos e una bella canzone. Davvero un bel ritorno. 

The Kolors, 7

Un po’ Michael Jackson, un po’ Malgioglio. Stash dà una botta allo stile e una al trash, a quanto pare il segreto di tanto successo. L’ennesima hit. 

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Fonte : Today