Intelligenza artificiale, Pechino firma l’accordo globale, Stati Uniti e Gran Bretagna no. Il mondo è diviso sull’Ai

L’intelligenza artificiale spacca l’Occidente. Al vertice di Parigi sull’AI (Ai Action summit) gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno rifiutato di firmare la dichiarazione finale che impegna a sviluppare sistemi di intelligenza artificiale “aperti, inclusivi, trasparenti ed etici”. L’hanno siglata, invece, 60 nazioni tra cui Cina, India e i principali Stati dell’Unione europea.

L’incontro, organizzato dal presidente francese Emmanuel Macron, ha riunito i principali leader mondiali tra cui il primo ministro indiano Narendra Modi, il vicepresidente americano JD Vance, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.

Le divergenze sulla regolamentazione

La dichiarazione finale del summit delineava i principi per uno sviluppo responsabile dell’AI, con particolare attenzione alla trasparenza delle tecnologie e alla riduzione del divario digitale tra paesi. Un approccio in linea con l’AI Act europeo: “L’AI ha bisogno della fiducia delle persone e deve essere sicura. Questo è lo scopo dell’AI Act: fornire un unico insieme di regole sicure in tutta l’Unione Europea”, ha spiegato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen durante il summit. E ha continuato, mettendo le mani avanti rispetto alle critiche che già sono state fatte: “So che dobbiamo semplificare e dobbiamo tagliare la burocrazia, e lo faremo”. La dichiarazione di Parigi, peraltro, affronta per la prima volta anche la questione della sostenibilità ambientale dell’AI, tema cruciale considerando che il consumo energetico dei sistemi di intelligenza artificiale già praticamente eguaglia quello di alcuni piccoli paesi.

La posizione americana si è rivelata diametralmente opposta. Il vicepresidente JD Vance ha criticato apertamente qualsiasi forma di regolamentazione, sostenendo che rischia di “uccidere un’industria trasformativa proprio mentre sta decollando”. “Il futuro dell’AI non sarà vinto da chi si tormenta sulla sicurezza”, ha dichiarato Vance, delineando una visione che privilegia la crescita economica e la supremazia tecnologica americana. “Lo si otterrà costruendo centrali elettriche affidabili e strutture di produzione in grado di produrre i chip del futuro”, ha ribadito il vicepresidente. Anche il Regno Unito ha seguito la linea americana, con Downing Street che ha precisato di non aver potuto “concordare tutte le parti della dichiarazione dei leader” e che firmerà solo “iniziative che siano nell’interesse nazionale britannico. Un cambio di rotta significativo per Londra, che solo nel novembre 2023 aveva organizzato il primo vertice mondiale sulla sicurezza dell’AI: l’AI safety summit.

La corsa globale agli investimenti

La competizione per il dominio dell’AI si sta trasformando in una vera corsa agli armamenti tecnologici. “Quando un’azienda dominante ci chiede regolamenti sulla sicurezza, dobbiamo chiederci se quel regolamento è a beneficio dei nostri cittadini o a beneficio degli incumbent”, ha dichiarato Vance a Parigi, delineando la sua idea di deregolamentazione totale. Gli Stati Uniti puntano sulla forza del settore privato, con aziende come OpenAI, Google e Microsoft che hanno investito decine di miliardi di dollari nello sviluppo di modelli avanzati. “L’amministrazione Trump manterrà un percorso di crescita pro-lavoratori per l’AI, in modo che possa essere uno strumento potente per la creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti”, ha aggiunto il vicepresidente americano.

Nel frattempo da Bruxelles, l’Unione europea ha annunciato InvestAI, un piano che mira a mobilitare 200 miliardi di euro di investimenti nell’intelligenza artificiale. Il programma include un nuovo fondo europeo da 20 miliardi per la realizzazione di “gigafactories” dell’AI, infrastrutture di calcolo necessarie per lo sviluppo di modelli di intelligenza artificiale complessi. “Questo partenariato pubblico-privato unico, simile a un CERN per l’AI, permetterà a tutti i nostri scienziati e aziende – non solo alle più grandi – di sviluppare i modelli più avanzati”, ha affermato von der Leyen. Che si trova nella difficile posizione di dover rincorrere giganti come gli Stati Uniti e la Cina che non hanno gli scrupoli morali europei (Washington) e che, nel caso di Pechino, hanno un controllo assoluto sul paese. A differenza di Bruxelles, che sconta limiti di governance, e una cultura che, nel mondo proiettato in avanti di oggi, viene vista come un inutile orpello.

Fonte : Wired