Il rapporto di Open Doors classifica il Paese fra i primi 50 al mondo in cui si registrano più casi di abusi, violenze, attacchi mirati e omicidi. La minoranza è la “più perseguitata” e nell’ultimo anno il fenomeno è aumentato. Nel mirino comunità protestanti e gruppi storici come caldei, armeni e assiri. I “Lupi Grigi” nelle scuole per veicolare programmi di chiara matrice neo-ottomana.
Milano (AsiaNews) – Oppressione islamica e nazionalismo a sfondo confessionale. Sono le due minacce che gravano sulla comunità cristiana in Turchia, una sparuta minoranza pari allo 0,3% del totale (poco meno di 260mila su oltre 84 milioni di abitanti) che è anche “la più perseguitata”, in particolare nell’ultimo anno in cui gli attacchi sono aumentati. È quanto emerge dal rapporto World Watch List 2025 pubblicato da Open Doors, che riferisce di “pressioni” sociali e istituzionali e “restrizioni governative” a fronte di un crescente predominio della maggioranza musulmana. Lo studio classifica Ankara fra le 50 nazioni al mondo (è al 45mo) in cui i cristiani sono soggetti al maggior numero di ostacoli nella pratica quotidiana del culto. E rivela anche un “preoccupante mix” di sfide culturali, giuridiche e sociali che finiscono per emarginare la popolazione cristiana, oltre a casi irrisolti di violenze che attendono giustizia invano.
Comunità “vulnerabile”
In Turchia, o meglio Türkiye come viene oggi identificata in ottemperanza ai dettami del presidente Recep Tayyip Erdogan, i cristiani devono affrontare ogni giorno discriminazioni per la loro fede, sia nelle richieste di lavoro che nelle procedure legali o quando rientrano nel Paese. Secondo Open Doors la situazione è particolarmente critica per i convertiti dall’islam che sono soggetti a minacce, arresti (anche arbitrari), detenzioni, perdita del lavoro, negazione del diritto di successione e persino l’espulsione dal nucleo familiare. E sotto l’attuale governo è in marcato aumento anche la violenza contro le donne, compresi gli omicidi. Le Chiese lottano con ostacoli legali e burocratici volti a impedire la pratica della fede, mentre una politica improntata al nazionalismo considera sempre più “l’essere musulmano” elemento “necessario” per un cittadino turco “fedele” alla patria. Tutto questo finisce per esercitare una notevole pressione sociale sui cristiani, nonostante la presenza millenaria nel Paese. La propaganda ufficiale, però, ha finito per raccontare la religione come una “influenza occidentale negativa”, una posizione che viene in molti casi condivisa anche dai musulmani moderati e dai turchi laici “orgogliosi” della propria identità nazionale.
In una condizione ancor più critica versano quanti si convertono dall’islam, che diventano “vittime” di forti pressioni da parte delle famiglie di origine e dall’ambiente sociale in cui vivono, perché “cambino idea” tornando ad abbracciare l’islam. Certo, non vi è una esplicita punizione in base al reato di apostasia come avviene altrove e la pratica “non è illegale” ma, al tempo stesso, viene considerata “fonte di vergogna”. Non mancano minacce e pressioni anche verso i gruppi cristiani “storici”, come la Chiesa armena, assira e caldea in particolare nella regione sud-orientale a maggioranza curda, dove si sono verificati alcuni episodi di cronaca – fra i quali l’omicidio di una coppia di anziani – tuttora irrisolti. A questo si aggiungono l’aumento di attacchi agli edifici ecclesiastici, due omicidi e il divieto di ingresso per alcuni membri della comunità protestante; e ancora migranti, rifugiati o richiedenti asilo provenienti da Iran, Afghanistan e Siria costretti a lasciare il Paese e oggetto di abusi e discriminazioni.
Attacchi mirati e impunità
Omicidi irrisolti, minacce di deportazioni, attacchi mirati: nelle scorse settimane sono emerse almeno tre diverse vicende che testimoniano il quadro di ostilità. La prima riguarda un pastore iraniano, fuggito dal proprio Paese e ora sotto la minaccia di deportazione dopo 10 anni di vita e ministero in Turchia. Mojtaba Ahmadi deve rispondere di accuse di immigrazione irregolare poco chiare, nonostante i suoi sforzi per ottenere lo status di rifugiato. Se tornasse in Iran, egli rischierebbe un’ulteriore incarcerazione, la tortura o addirittura l’esecuzione. Secondo Joel Richardson, del Global Catalytic Ministries, Ankara presenta regolarmente false accuse per nascondere la persecuzione religiosa. Tra i casi di alto profilo vi sono quelli di Andrew Brunson e Jeremiah Mattix. “Stiamo assistendo a un fenomeno generalizzato, in cui la Turchia esercita pressioni, arresta o allontana ministeri e pastori” spiega Richardson, con false accuse di costituire una “minaccia” per la sicurezza nazionale. In questo modo non vi è la possibilità di “ritenere il governo responsabile della persecuzione religiosa” in una strategia più ampia che vuole “far rivivere la supremazia ottomana sul Medio oriente”.
Dei giorni scorsi è la notizia dell’archiviazione – in tutta fretta – di un’inchiesta collegata al reclutamento di un esponente del movimento ultra-nazionalista turco da parte dell’intelligence, per uccidere membri della comunità protestante nella provincia di Malatya, nel sud-est. La vicenda è emersa quando il potenziale assassino ha cambiato idea denunciando: Tolgahan Aban, una figura della galassia dell estrema destra, sarebbe stato contattato dai servizi per eliminare Vedat Serin, pastore e rappresentante di una associazione legata alle Chiese di Kurtuluş. I fatti risalgono al settembre del 2022, ma sono emersi in un secondo momento, e tracciano un quadro in cui appare evidente il progetto di eliminare “missionari cristiani”.
Infine, vi è il mistero irrisolto a cinque anni di distanza della scomparsa di una coppia di anziani cristiani – Shamouni, 65 anni, e Hormuz Diril, 71 anni – dal villaggio di Mir, provincia di Şırnak. Di loro si è persa traccia l’8 gennaio 2020: l’ultimo contatto risale al giorno precedente quando il figlio p. Ramzi Diril, sacerdote caldeo in Iraq, ha parlato con loro al telefono. Alcune settimane più tardi, il 21 marzo, è riemerso nei pressi di un fiume il cadavere mutilato della donna, mentre del marito non si sono mai rivenute le tracce. Ancora oggi non si conoscono autori e movente di un omicidio efferato, con le autorità turche che – anche in questo caso – hanno archiviato con troppa fretta.
Iper-nazionalismo
Le crescenti persecuzioni a livello confessionale in Turchia sono legate al rafforzamento dell’ideologia nazionalista promossa dal governo e dal presidente Erdogan, che si riflette anche nelle scuole del Paese. Prova ne è la firma di un protocollo ufficiale che permette a un gruppo dell’estrema destra di inviare propri rappresentanti negli istituti, per veicolare un programma di chiara matrice neo-ottomana che dovrebbe raggiungere milioni di studenti. Un approfondimento in materia del Middle East Forum (Mef) mostra come, l’ultimo giorno del 2024, il ministero dell’Istruzione abbia firmato un protocollo con la Fondazione Ülkü Ocakları per l’Educazione e la cultura (Ülkü Ocakları Eğitim ve Kültür Vakfı). Una fazione che rappresenta l’ala giovanile del Partito del Partito del Movimento Nazionalista (Mhp), fazione di estrema destra alleata del partito per la Giustizia e lo sviluppo (Akp) di Erdogan e braccio politico dei “Lupi grigi”. Il gruppo, i cui membri aspirano a uno Stato pan-turco nei territori ex ottomani, è collegato a varie forme di criminalità organizzata, tra cui traffico di droga e omicidi ed è bandito in diversi Paesi europei.
Per attivisti e critici i programmi educativi, frequentati da oltre un milione di studenti, rischiano di diventare terreno fertile di coltura ideologica per Ülkü Ocakları – un gruppo guidato esclusivamente dalla propria agenda politica, radicata nella discriminazione e nell’emarginazione. Il protocollo porta la firma del presidente Ahmet Yiğit Yıldırım e del capo della Direzione generale per l’apprendimento permanente del ministero dell’Istruzione Cengiz Mete. La fondazione del gruppo è autorizzata a organizzare corsi generali, professionali e tecnici nell’ambito dei programmi di istruzione pubblica e rivolti principalmente ai giovani adulti. Tuttavia, le lezioni finiranno per essere frequentate anche da minori, detenuti e stranieri.
Il gruppo non avendo una reale competenza nell’offerta di corsi tecnici e professionali spinge i critici a pensare che il solo scopo sia quello di garantire all’alleato di Erdogan l’accesso a un’ampia fascia di giovani generazioni da indottrinare in chiave “ultra-nazionalista”. Uno schema che, oltretutto, viola sia la Costituzione sia la legge fondamentale sull’istruzione, che vieta la propaganda politica nelle istituzioni pubbliche e scolastiche, ma di questo né il presidente né l’alleato e leader Mhp Devlet Bahçeli sembrano preoccuparsene. Infine, il ramo giovanile di Ülkü Ocakları, braccio armato dell’Mhp, è collegato a violenze, omicidi, traffico di droga e altre attività criminali. E pure l’agenzia di intelligence turca, il Mit, lo ha utilizzato per reclutare uomini armati per operazioni clandestine sia in Turchia che all’estero.
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Fonte : Asia