Perché vedere Sanremo? Se vi state facendo questa domanda (magari con tono disperato) questo articolo fa per voi. È arrivato infatti quel momento dell’anno, quello in cui l’Italia sembra fermarsi, in cui non sembra esistere altra cosa al di fuori del Festival Il momento in cui chi si vuole distinguere dice di non guardarlo. Da sempre, Sanremo viene guardato con sospetto da diversi punti di vista: negli anni è stato percepito come regno del trash, come vecchio, come musicalmente scarso, come luogo di spettacolo nazionalpopolare (ovvero di basso livello). Il successo delle ultime edizioni ha un po’ cambiato la percezione, ma per chi fosse ancora tra gli scettici, ecco alcuni (buoni?) motivi per non ignorare, anzi per vedere, Sanremo.
Per non rimanere tagliati fuori dalle conversazioni
Nei paesi anglosassoni si chiama watercooler effect, termine che potremmo tradurre con “effetto macchinetta del caffè”: quello che succede a Sanremo è, banalmente, oggetto di conversazioni al lavoro, a scuola o in università, con proporzioni maggiori del solito. Vale ancora di più per le conversazioni digitali: Sanremo è una potentissima macchina creatrice di meme. Fenomeno ormai noto a tutti: i cantanti inseriscono frasi nelle canzoni pronte per diventare virali su TikTok e celebrità varie cercano il loro momento di gloria digitale. Anche il Fantasanremo si basa su questi meccanismi, sul creare la frase o la mossa ad effetto nel momento che non ti aspetti.
Perché Sanremo è lo specchio del paese e della comunicazione
Più seriamente: Sanremo è il media event italiano per eccellenza. Quello che vediamo in TV – o di riflesso sui social media – è solo la punta di un iceberg: chiunque lavori con la comunicazione – dai media classici ai creator – finisce per averci a che fare. Basti pensare che ogni anno scendono in Riviera migliaia tra emittenti, testate, giornalisti, influencer. Vederlo è indispensabile per capire i meccanismi che regolano il sistema dei media in Italia e, in particolare, le conferenze stampa di mezzogiorno (trasmesse in streaming su RaiPlay).
Quest’anno sappiamo già che la saga dei Ferragnez finirà per essere uno dei temi di cui scriveranno/parleranno tutti – con Fedez in gara e non solo, e la rivalità con Tony Effe. Altre polemiche le abbiamo scansate (il ritiro di Emis Killa), altre nuove arriveranno all’improvviso.
Ancora più in generale, Sanremo è uno specchio del nostro paese, dove si riflettono le nostre manie, le nostre ossessioni. Uno specchio che distorce: tutto sembra più grande, certe volte anche più grottesco o drammatico. Ma dal Festival sono passati storie e momenti collettivi.
Sanremo ha anche la capacità di “normalizzare” i fenomeni: pensate al rap e alla musica urban. In Italia domina le classifiche già da un decennio, ma a Sanremo è arrivata dopo (la vittoria a sorpresa di Mahmood con “Soldi” nel 2019, accolta da contestazioni e polemiche) e in versione decisamente più pop. Passare da Sanremo, per ogni fenomeno culturale e per gli artisti, è una sorta di certificazione – cosa che dimostra ulteriormente l’importanza del Festival.
Per le canzoni e la musica
Qualcuno guarda davvero Sanremo per le canzoni? Teoricamente è il “Festival della canzone italiana”: ogni anno ci ripetono “quest’anno mettiamo la musica al centro” – la metafora usata da Carlo Conti nel 2025 è quella delle canzoni-bistecca, il resto è contorno. Ma sappiamo che non è così, che lo show mette spesso sullo sfondo le canzoni. E sappiamo anche che la qualità musicale è spesso discutibile: al primo ascolto dei brani, l’edizione 2025 non fa eccezione. Insomma, non è il Primavera Sound o uno di quei festival dove vai per scoprire nuova musica e nuove tendenze.
Però 7 delle 10 canzoni in cima alla classifica ufficiale FIMI del 2024 sono passate dal Festival, a partire da “Tuta gold” di Mahmood: soprattutto negli ultimi anni, l’impatto del Festival su ciò che si ascolta nei mesi successivi è fuori discussione. E poi, non ci sono solo le canzoni in gara: c’è la serata delle cover, sempre divertente e con sorprese potenziali (anche se alcune canzoni andrebbero lasciate dov’erano) – anche quest’anno è il venerdì, ma non conta per la classifica finale, e i cantanti in gara possono duettare tra di loro.
Per lo spettacolo e gli ospiti
La musica al centro, ma stiamo attenti a tutto il resto, dagli ospiti ai co-conduttori, al ritorno del DopoFestival, assente da 5 anni: condotto da Cattelan, è tradizionalmente il luogo dove partono le polemiche. Troppi nomi per elencarli tutti, ci si può limitare a quelli musicali: la prima sera ci sarà Jovanotti, che promette non la solita “ospitata” ma uno spettacolo. E la mente corre a quello che fece nel 2022 Cesare Cremonini, che sul palco dell’Ariston portò una delle più belle performance televisive italiane degli ultimi anni. Tra gli ospiti musicali ci sono i Duran Duran: non sono propriamente una novità, è la quinta volta che vengono al Festival, e ci tornano perché hanno un tour italiano da promuovere. Non sono più i wild boys degli anni ’80, ma una pop band adulta di grande qualità.
È una banalità tornare al “perché Sanremo è Sanremo”, jingle del Festival di Pippo Baudo degli anni ’90 – quest’anno sostituito dal techno-folk di “Tutta l’Italia” di Gabry Ponte. Però in questi due slogan c’è una realtà: un evento che rimane unico in Italia e non solo. Provate a spiegare il Festival a un amico o un’amica straniera e vedete la faccia che fanno…
Fonte : Wired