Per Meloni è il momento più complicato di sempre (ma gli italiani se ne fregano)

Il governo Meloni vive un momento complicato. L’ultima grana arriva da Perugia: la Procura guidata da Raffaele Cantone ha aperto un fascicolo d’indagine sull’esposto presentato lo scorso 8 febbraio dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) in merito alla presunta diffusione di documenti riservati dell’intelligence da parte della Procura di Roma. Un tassello che si aggiunge al mosaico delle preoccupazioni di Palazzo Chigi. 

Eppure i sondaggi sembrano raccontare una storia diversa: nelle indicazioni di voto Fratelli d’Italia, il partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, continua a mantenere un distacco rilevante sia dal Partito democratico che dagli alleati. Secondo un recente sondaggio di Ipsos l’indice di approvazione del governo è stimato al 41 per cento. Il grado di fiducia nei confronti di Giorgia Meloni si attesta al 43 per cento, in crescita di un punto rispetto a dicembre. 

Problemi con la giustizia  

La fotografia rosea scattata dai sondaggi cozza con i numerosi fronti aperti dell’esecutivo. Innanzitutto c’è il caso che riguarda il generale libico Almasri e lo scontro in atto tra governo italiano e Corte penale internazionale. La scorsa settimana in Parlamento si sono svolte le informative dei ministri dell’Interno Matteo Piantedosi e del ministro della Giustizia Carlo Nordio. Sia al Senato che alla Camera il clima era infuocato e le opposizioni hanno chiesto più volte l’intervento di Meloni.

Un’altra vicenda che preoccupa Palazzo Chigi è il caso degli attivisti e giornalisti spiati dal software Graphite, creato dall’azienda israeliana Paragon Solutions. Il governo aveva ammesso i casi di spionaggio ai danni di cittadini italiani tramite WhatsApp, escludendo però ogni responsabilità nella vicenda.

Un “evergreen” nei pensieri della coalizione di centrodestra è la riforma della giustizia, con conseguente scontro con la magistratura. L’aula della Camera ha approvato in prima lettura il disegno di legge costituzionale per separare i percorsi di pubblici ministeri e giudici.

Il provvedimento ora si trova in Senato ma il rapporto con i magistrati resta teso. Il neopresidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) Cesare Parodi vuole incontrare Meloni anche se non intende revocare lo sciopero contro la riforma. 

Ministra sempre più sola 

Un’altra grana che impensierisce l’esecutivo è rappresentata da Daniela Santanchè. La ministra del Turismo era stata rinviata a giudizio per falso in bilancio nell’inchiesta Visibilia. Oggi l’aula della Camera ha iniziato l’esame di una mozione di sfiducia nei suoi confronti, sostenuta da Movimento 5 stelle, Partito democratico e Alleanza verdi e sinistra.

A Montecitorio nessun esponente della maggioranza ha proferito parola per difendere l’esponente di Fratelli d’Italia. Mentre intervenivano i deputati delle opposizioni i banchi della maggioranza erano vuoti. Santanchè è andata via dalla Camera senza replicare alle accuse dei gruppi di minoranza. 

Parlamento fermo 

Il dossier fisco agita la navigazione del governo. Un tema su cui Matteo Salvini e la Lega rilanciano continuamente, a partire dalla rottamazione delle cartelle. Le tensioni si riflettono anche sull’iter di alcuni provvedimenti, come il decreto Milleproroghe. Le divisioni in maggioranza non aiutano il percorso in commissione Affari costituzionali al Senato. Il provvedimento va convertito in legge entro il 25 febbraio. Eppure si trova ancora a Palazzo Madama per la prima lettura. 

Sempre in Senato va avanti piano piano il ddl Sicurezza. Il provvedimento fortemente contestato da opposizioni e associazioni era già stato approvato in prima lettura dalla Camera. Nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia la maggioranza sta respingendo uno dopo l’altro gli emendamenti delle opposizioni. Il centrodestra vuole portare in aula il provvedimento a marzo ma il percorso è ancora lungo.    

Riforme impantanate  

Della “madre di tutte le riforme” si sono perse le tracce. Il disegno di legge sul premierato, tra i punti fermi dell’agenda di governo, è fermo in commissione Affari costituzionali alla Camera. La riforma costituzionale è stata approvata soltanto in prima lettura al Senato. A Montecitorio tutto tace, per il momento. In più non si hanno novità sulla possibile legge elettorale per l’elezione diretta del presidente del Consiglio.

Mentre un’altra riforma è stata approvata definitivamente per poi essere “smantellata”. Si tratta della legge sull’Autonomia differenziata voluta dal ministro per gli Affari regionali ed esponente della Lega Roberto Calderoli. Il Parlamento dovrà riscriverla dopo la sentenza della Consulta che ha ravvisato l’illegittimità costituzionale di alcuni punti della riforma. 

Fonte : Today