Parla l’infermiere aggredito all’ospedale di Tor Vergata: “Siamo sfiniti e abbiamo paura”

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L’infermiere vittima dell’aggressione al pronto soccorso di Tor Vergata racconta a Fanpage.it come il paziente gli ha sferrato un calcio in pieno volto, rompendogli il naso. “Siamo sfiniti, violenze all’ordine del giorno”.

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Immagine di repertorio

“Siamo allo stremo, tra aggressioni e turni massacranti sotto organico”. A parlare a Fanpage.it è Angelo Borea, l’infermiere di pronto soccorso aggredito da un paziente nella serata di ieri, domenica 9 febbraio al Policlinico di Tor Vergata a Roma. “Stavo lavorando nel box chirurgico – racconta – quando una collega mi ha chiesto di aiutarla a calmare un paziente agitato. Era un anziano con demenza senile. Quando mi sono avvicinato mi ha insultato, dicendomi che non sapevo fare il mio lavoro e mi ha colpito con un calcio in pieno volto. Ciò mi ha causato la frattura del setto nasale“. Subito dopo l’aggressione l’infermiere è stato soccorso e sottoposto ad una Tac. Il referto medico è di trenta giorni di prognosi. Stamattina Angelo si è recato al Commissariato Romanina e ha sporto denuncia. Il Policlinico di Tor Vergata si costituirà parte civile nel procedimento penale.

“Ciò che è accaduto ieri sera non ha nulla di nuovo – spiega Angelo – le aggressioni al personale sanitario, medici e infermieri, sono all’ordine del giorno. Purtroppo non riusciamo più a lavorare bene con i pazienti, la situazione negli ospedali romani sta diventando molto pesante. Siamo costantemente agitati e impauriti, ci rechiamo sul posto di lavoro non sapendo se torneremo sani a casa”.

Angelo spiega che quella di ieri sera non è la prima aggressione subita: “Mi è successo altre volte certo, sia a me che ai miei colleghi, abbiamo perso il conto di quante volte è accaduto. Sia da parte di pazienti che dei loro famigliari e tossicodipendenti. E tutto questo rischio per uno stipendio da fame”. Quando non si parla di aggressioni fisiche, ci sono quelle verbali.

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“Ci sentiamo sminuiti e non tutelati come categoria professionale. Molto spesso lavoriamo con turni sotto organico, con numeri ridotti all’osso, anche in condizioni d’emergenza. Qualche giorno fa per esempio al pronto soccorso sono arrivati sette condici rossi in cinque ore e di turno c’eravamo solo io e una collega. Oltre alla gestione dell’emergenza avevamo anche gli altri pazienti da guardare. Sono ritmi disumani, che vanno a discapito della nostra salute fisica e mentale e dei rapporti famigliari”.

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Fonte : Fanpage