Vi porto dove abbiamo (quasi) sconfitto il cancro e si muore meno che nel resto d’Italia

Una malattia che stiamo imparando a combattere, ma che uccide ancora. Nel 2024 ci sono state circa 390mila nuove diagnosi di cancro in Italia. Fortunatamente oggi, grazie alle terapie, la metà delle persone che si ammalano è destinata a guarire. Molte di queste patologie potrebbero però essere evitate sottoponendosi a screening regolari che sono gratuiti per le fasce di popolazione più a rischio. Ma non tutte le regioni e le province italiane viaggiano alla stessa velocità per quanto riguarda la prevenzione. 

I tre screening gratuiti: le regioni all’avanguardia  

Gli screening previsti al momento su tutto il territorio nazionale sono tre. Servono a prevenire e neutralizzare precocemente i tumori di: colon, mammella e cervice uterina.

Visite e prestazioni mediche ci costano il triplo: così le liste di attesa diventano un affare

Lo screening del tumore della mammella è rivolto alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni e prevede l’esecuzione di una mammografia ogni due anni. Anche quello della cervice uterina è indirizzato alla popolazione femminile compresa tra 25 e 64 anni. Viene effettuato con pap test e test hpv, per individuare il virus responsabile della totalità dei tumori di questo tipo. Lo screening per il tumore del colon-retto riguarda infine uomini e donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni e prevede l’esecuzione di un test per la ricerca del sangue occulto nelle feci ogni due anni ed eventualmente l’esecuzione di una colonscopia. 

Gli esami sono compresi nei livelli essenziali di assistenza (Lea), ovvero nelle prestazioni che le Regioni sono obbligate a fornire su tutto il territorio nazionale. Ma che non tutte le aziende sanitarie sono in grado di assicurare correttamente.

Secondo gli ultimi dati disponibili, raccolti dall’osservatorio nazionale screening, la copertura dei test non è uniforme. Raggiunge picchi in regioni come Emilia Romagna, Veneto e Trentino e i valori minimi al Sud. Appena il 4,3% dei calabresi si è sottoposto, ad esempio, al test di screening per il tumore del colon, poco più dell’8% a quello della mammella. 

“Sulla prevenzione c’è un gradiente di adesione che va dal massimo del tumore alla mammella fino al tumore al colon che presenta di solito meno adesioni” spiega a Today.it la dottoressa Silvia Deandrea, presidente di Faso, la federazione delle associazioni degli screening oncologici.

“Addio sanità pubblica, ecco quanto ho speso con assicurazioni e fondi integrativi”

E il problema della mancata copertura, specialmente nelle regioni del Sud, è dovuto spesso dalla mancata estensione degli inviti a partecipare alla prevenzione, ma forse anche a una diffusa sfiducia verso la sanità pubblica: “Da un lato c’è una problematica di sistema, ovvero la scarsa disponibilità del test di screening sul territorio; ad esempio se non ci sono abbastanza slot disponibili per fare una mammografia, l’invito non parte. Secondariamente però ci sono degli aspetti culturali, spesso la scarsa adesione deriva dalla poca fiducia dei cittadini nella sanità pubblica e alla mancata percezione del rischio di malattia, Non sappiamo poi quanti si rivolgano ai privati per sottoporsi a questi esami, ma sappiamo che al Sud potrebbero essere molti” sottolinea la dottoressa Deandrea. 

Le dieci province dove la prevenzione funziona 

Ma se le problematiche che portano a disertare gli screening sono molteplici, talvolta lo sono anche le soluzioni. “Spesso alla radice dei mancati screening ci sono anche problemi organizzativi, di informazione e accessibilità ai canali di informazione, e un problema è anche la distanza e la mancata prossimità. Se io abito a Roma o a Milano, avrò a disposizione molte strutture a portata di mano; nelle zone interne, invece, per fare uno screening devo spostarmi di 50km” ci spiega responsabile delle politiche per la Salute di Cittadinanza Attiva.

Ma ci sono aziende sanitarie dove la prevenzione funziona sia a livello organizzativo che comunicativo. E talvolta si tratta di aziende sanitarie locali che hanno a che fare con piccoli comuni di montagna e una popolazione dispersa sul territorio.  

È il caso, ad esempio, dell’azienda sanitaria locale di Trento. Secondo i dati Agenas (l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) l’azienda sanitaria trentina è la migliore in Italia per copertura e tasso di adesione della popolazione ai tre screening disponibili a oggi. Ma a distinguersi sono anche due Asl di montagna come quella di Sondrio, che fa registrare la copertura più alta (il 78%) per quanto riguarda la prevenzione del cancro della mammella e la Asl “Dolomiti 1”, attiva nella provincia di Belluno, che fa registrare tra le adesioni più alte per quanto riguarda lo screening del cancro del colon. 

In generale, tra le dieci aziende sanitarie migliori figurano quelle di molte città e province emiliane (Imola, Reggio Emila, Ferrara, Modena), ma anche del Nord Est con le ottime prestazioni della Ulss 2 della marca trevigiana (Treviso) e Friuli Centrale (Udine). Ottima la performance anche dell’azienda “Toscana Nord Ovest” che racchiude le province di Livorno, Pisa, Massa Carrara e Lucca. A registrare invece le performance peggiori, ci sono molte aziende sanitarie del Sud, specialmente calabresi, campane e sarde dove le adesioni ai test sono talvolta irrisorie. 

Il costo degli screening mancati 

E il punto è che una diffusione capillare della prevenzione potrebbe salvare molte vite umane ed evitare spese rilevanti al Sistema sanitario nazionale. 

“La prevenzione evita ogni anno circa mille morti premature in Italia per quanto riguarda il tumore della mammella, se tutti la facessero correttamente si potrebbe arrivare a duemila probabilmente e superare il 20% di donne salve grazie alla prevenzione” ci spiega Carlo La Vecchia, epidemiologo dell’Università Statale di Milano e ricercatore Aircsottolineando come i vantaggi della copertura di massa sarebbero enormi. 

Così il governo spreca i miliardi che dovevano salvare la sanità: “Il Pnrr è un’occasione persa”

“Lo screening è essenziale anche per il tumore del colon: con la colonscopia è possibile infatti vedere direttamente l’apparato intestinale e se tutti la effettuassero la cifra di 18mila morti, che registriamo ogni anno in Italia per questa patologia, potrebbe essere ridotta sensibilmente. In molti casi infatti, il tutto si può risolvere con l’asportazione di una lesione pre cancerosa mentre si esegue il test – precisa La Vecchia che aggiunge – anche lo screening per il cancro alla cervice uterina, se svolto capillarmente, potrebbe evitare gli oltre mille decessi che si registrano ancora ogni anno”.

Un trend confermato in parte anche dai dati Istat. A tal proposito, abbiamo confrontato i dati sulla mortalità per queste tipologie di tumori nelle cinque province dove la prevenzione funziona meglio. Il raffronto non tiene conto ovviamente delle molte variabili che uno studio epidemiologico di carattere scientifico dovrebbe avere, come stili di vita, inquinamento e prestazione dei vari ospedali nella cura. Questi dati ci restituiscono però un’evidenza. 

Nelle cinque province in cui l’adesione ai programmi di screening per il cancro al colon è massima, ad esempio, il tasso di mortalità per questa malattia è sempre inferiore alla media nazionale. Analogamente, dove i tassi di adesione sono esigui e la copertura della popolazione target è più bassa, la mortalità è generalmente più alta. È il caso della provincia di Catanzaro, dove si regista una media di 36, 8 morti ogni centomila abitanti contro una media italiana di 30,9. 

L’evidenza è vera anche per lo screening delle cervice uterina, con province come Ferrara e Mantova che hanno praticamente azzerato le morti per questa patologia, mentre dove c’è scarsa adesione e copertura, la mortalità è anche tripla rispetto alla media nazionale. Anche per il tumore della mammella si registrano dati significativi, seppur leggermente più contrastanti. Qui però entrano in gioco anche altre variabili. 

Tumori in aumento nella fascia tra i 30 ai 60 anni. Gli scienziati: “Non sappiamo il perché”

“Lo screening del colon e della cervice individuano le lesioni pre-cancerose, ovvero non ti fanno ammalare. Per il tumore del seno questo non è ancora possibile, viene sempre individuata la malattia, anche se si trova nella sua fase precoce. Nonostante questo sottolineo che la mammografia è importante per evitare le complicazioni della malattia, e nella popolazione target va effettuata una volta ogni due anni” aggiunge la dottoressa Deandrea. 

E l’evidenza è che gli screening rimangono ancora una delle armi più efficaci per combattere le neoplasie sul nascere. E presto potrebbero arrivare anche nuovi screening di base per le popolazioni più a rischio come quelli per il cancro alla prostata e al polmone. In quest’ultimo caso la prima sperimentazione sarà proprio quella della regione Lombardia e partirà quest’anno. La speranza è che anche un altro ‘big killer’ possa essere presto sconfitto grazie alla prevenzione. 

Fonte : Today