Matteo Loglio, il designer che umanizza la tecnologia: “Sogno un futuro meno noioso”

Trasforma la tecnologia in meraviglia. Crea strumenti musicali che sfruttano l’intelligenza artificiale per inventare nuovi suoni. Con la stessa tecnologia, inserendo sensori inseriti in una boa, insegna ai fiumi a comporre poesie. O dà nuova vita a vecchie sedie.

Di professione è interaction designer, un progettista che lavora all’incrocio tra creatività e tecnologia. Si chiama Matteo Loglio, 36 anni, noto come il designer di Cubetto, quel gioco che ha insegnato la programmazione ai bambini di tutto il mondo. Si batte perché stupore e fantasia contaminino i prodotti tech. Perché la nostra vita sia un po’ più divertente e meno schiacciata dalla tecnologia.

«Oggi tutto è automatizzato, tutto è progettato per lavorare al posto nostro. Non dobbiamo più nemmeno pensare. Ma vogliamo davvero un futuro così noioso, gestito da quattro miliardari dall’altra parte del mondo che controllano le nostre vite? Io no».

Loglio sogna un futuro più lento, dove la tecnologia non ci trasformi in macchine, ma ci regali tempo per vivere.

Grande esperto di prototipazione, crea i cosiddetti future products, i prodotti del futuro – spesso segreti – per aziende grandissime come YouTube, Google, Ikea, Samsung, Spotify o per le startup emergenti della Silicon Valley.

«Le aziende ci chiamano e in questo momento ci chiedono: come possiamo mettere intelligenza artificiale e agents in un prodotto? Noi creiamo una visione, costruiamo un prototipo, immaginando come cambierà la vita delle persone».

Loglio insegna in molte scuole d’arte e design d’Europa, dal Central Saint Martins di Londra alla Supsi di Lugano, dall’Head di Ginevra alle scuole di design di Seoul. Ma sogna di fondarne una tutta sua. L’anno scorso ha lanciato un progetto pilota: la Oio School. «Abbiamo affittato una grande casa in Puglia. Sono arrivati designer, artisti e innovatori da tutto il mondo. Abbiamo disegnato prodotti, fatto dei prototipi e vissuto insieme».

Il suo nome è legato a Cubetto, il gioco che ha inventato nel 2012. «All’epoca, a Londra non c’era nulla del genere. Siamo stati i primi a insegnare la programmazione ai bambini dai 3 ai 6 anni. E, per pura coincidenza, proprio quell’anno il Regno Unito ha reso obbligatorio l’insegnamento della programmazione nelle scuole primarie. Non esistevano strumenti così…».

Copyright to Red Dot Award: DC

Cubetto ha raccolto 1,6 milioni di dollari su Kickstarter, ha vinto decine di premi, è stato esposto al MoMA di New York. «Siamo andati in Silicon Valley, abbiamo creato un’azienda e conquistato investitori come Randi Zuckerberg (la sorella di Mark) e PCH, azienda di manufacturing che ci ha aiutato a produrre Cubetto su scala industriale»

Sempre per i più piccoli, Loglio ha scritto un libro per aiutarli a capire l’intelligenza artificiale. «Si intitola Tante intelligenze, pubblicato da Corraini: esplora le sfumature dell’intelligenza nell’universo, dagli animali alle piante fino all’intelligenza artificiale e agli oggetti senzienti».

Per le grandi aziende, invece progetta cose molte diverse. «Per YouTube abbiamo sviluppato strumenti di intelligenza artificiale che aiutano i creator senza sostituirli. Per Ikea abbiamo progettato mobili che cambiano grazie all’aiuto di un algoritmo».

Di Bergamo, a 19 anni, due settimane dopo il diploma è già a Londra a lavorare nei pub. «Il pound era altissimo e si guadagnava bene. Non sarei mai tornato, se non fosse stato per mia madre. A un certo punto mi ha richiamato: “Ora torni a casa, ti do uno stipendio e tu vai all’università”».

Si iscrive a Disegno Industriale al Politecnico di Milano, si appassiona, scopre Arduino. Poi partecipa a un workshop in Svizzera proprio con Massimo Banzi, il fondatore di Arduino. Ed è lì che capisce che quella è la sua strada.

Poi si trasferisce a Londra e qui fonda la edu-tech Primo Toys, azienda che ha scalato in modo globale. Dopo Cubetto, entra in Google Creative Lab, team di designer, programmatori e pensatori che creano i prodotti del futuro per Google. «Avevo hackerato un loro prodotto, mi hanno chiamato per sapere come avessi fatto. Ero stato invitato per bere un caffè, sono rimasto tre anni».

È di questo periodo lo strumento musicale con IA che l’artista Grimes (anche ex moglie di Elon Musk), ha usato per il suo album, Miss Anthropocene.

A Londra resta 15 anni, con un socio fonda il suo studio di design sperimentale. I suoi oggetti finiscono nei musei di tutto il mondo e sulle testate internazionali. Dal New York Times a The Guardian.

«Non crediamo alla visione utilitaristica della tecnologia. Non mi piace la parola frictionless, ovvero “senza frizione”. Al contrario cerchiamo di introdurre momenti di friction apposta; situazioni in cui l’utente deve fermarsi, in cui la tecnologia non è solo uno schiavo obbediente, che fa tutto. Vogliamo portare questa visione dentro i prodotti che usiamo ogni giorno».

Da pochi mesi Loglio vive a Barcellona. Ha un figlio neonato e per lui sogna «che non si interessi così tanto la tecnologia». E per tutti noi «Che ci sia un momento di rottura. Per imparare a controllare la tecnologia senza esserne controllati. Oggi faccio in due ore quello che prima facevo in due giorni, però sto diventando quasi come una macchina. Da una cosa, passo a un’altra. Tutto è veloce. Ma io sogno un mondo più lento, dove abbiamo tempo per giocare. Per integrare la tecnologia con la natura ed essere tutti un po’ più umani».

Fonte : Repubblica