Paragon, parla Casarini. “Il governo vuole mettere tutto in un cassetto riferendo al Copasir sullo spyware”

Quello che agita le opposizioni e una parte della società civile è una gestione quantomeno opaca degli apparati dello Stato, dalle forze di polizia ai servizi segreti.

L’opaco e, aggiungerei, lo sporco. Grafite, il nome del software, calza proprio a pennello. È anche la grafite delle matite, che sporca. Queste vicende sono sempre tenute dentro un’ambiguità di ragioni e di utilizzo. Chi controlla i controllori?

Voi, come ong Mediterranea, avete presentato un esposto alla magistratura. Cosa vi aspettate?

“È importante lasciare tracce e immettere degli ostacoli al fatto che questa sia una cosa che passi liscia, cioè che finisca nel dimenticatoio del Copasir. Per questo abbiamo presentato un esposto molto dettagliato sulla vicenda. Il governo ha detto ‘riferiremo al Copasir”’. Perché al Copasir? semplice: le audizioni al Copasir sono segrete e ci sono sette anni di condanna per un parlamentare che rivelasse quello che viene detto. Tra l’altro, lì non c’è rappresentata neanche tutta l’opposizione al completo. Il loro obiettivo è mettere tutto in un cassetto”.

Ha avuto la percezione che nel suo caso il movente dello spionaggio sia stato il lavoro che fa per salvare i migranti nel Mediterraneo?

Ne sono certo. E dirò di più: sono convintissimo che, almeno per la parte che mi riguarda, una parte degli spiati sia proprio legata a questo tipo di dimensione che si gioca nel Mediterraneo centrale. Che, peraltro, coinvolge un altro rapporto opaco: quello tra il governo italiano e i governi di Libia e Tunisia.

Il governo potrebbe dire che la spiavano perché tramite il suo lavoro poteva entrare in contatto con i trafficanti di esseri umani. Cosa risponderebbe?

Risponderei intanto che sono loro quelli che fanno tornare a casa Almasri con un volo di Stato. Quindi sulla lotta ai trafficanti di esseri umani non possono insegnare niente a nessuno. La vicinanza temporale tra i due fatti è molto interessante. Detto questo, non ci sarebbe nessun problema perché sono sempre stato intercettato per le attività che svolgo. Ne ho avuto evidenza durante i processi a mio carico, con migliaia di carte in cui venivano riportati mesi e mesi di intercettazioni telefoniche. Per me, insomma, non è una sorpresa, perché quello che faccio è pubblico. Diversa è la condizione di un rifugiato che magari non è neanche più in possesso di quel telefono spiato, o magari non è più in Italia.

Quale pensa che sia lo scopo finale?

La mia percezione è che l’intercettazione telefonica o la spiata su WhatSapp possano essere usate per costruire delle provocazioni o delle manipolazioni. Faccio un esempio: frasi estrapolate o modificate provenienti dalle mie chat sono state sbattute in ventinove prime pagine di un giornale, La Verità. Li ho denunciati per diffamazione. Quello che mi preoccupa è che pare che Graphite, il costoso e sofisticato software utilizzato in questo caso, non serva solo a spiare ma anche per inserire dei contenuti dentro i terminali spiati. Chi può assicurare che non venga utilizzato per creare delle prove fasulle e incriminare le persone sgradite?

Fonte : Wired