La testimonianza ad AsiaNews del parroco che racconta un clima di “impunità” a fronte degli attacchi dei coloni e delle chiusure dell’esercito. Almeno 10 famiglie della comunità fuggite negli Stati Uniti non per motivi economici, ma in cerca di pace e sicurezza. Chiusure anche a Tammoun e nel campo profughi di al-Far’a, interrotta la fornitura di acqua e le comunicazioni.
Milano (AsiaNews) – “Speriamo che quanto successo a Gaza non si ripeta anche in Cisgiordania” perché “siamo al cospetto di fanatici. Noi siamo palestinesi, siamo nati in questa terra e qui vogliamo vivere, non certo andarcene, ma restare fino alla fine. Nessuno ci può cacciare e, come cristiani palestinesi, preghiamo perché un giorno queste sfide e difficoltà siano cancellate”. È quanto racconta ad AsiaNews p. Bashar Fawadleh, parroco di Taybeh in Cisgiordania, villaggio di circa 1500 abitanti con tre chiese 30 km a nord di Gerusalemme e a est di Ramallah, conosciuto per essere l’ultimo palestinese abitato interamente da cristiani. Tra i residenti oltre 600 sono cattolici latini, mentre i restanti si distribuiscono tra greco-ortodossi e cattolici greco-melchiti, anche se da qualche tempo è in atto una diaspora alimentata da attacchi di coloni e raid dell’esercito. “Sono fanatici, non si è mai visto nulla di simile nemmeno ai tempi della Seconda intifada” nei primi anni Duemila, “e non sappiamo cosa fare di fronte a questo governo di fanatici”.
Taybeh, riferisce il sacerdote, è “una piccola cittadina” con un numero ridotto di persone, ma situato “in una vasta porzione di territorio” che si estende sino a 24 km2. “Una buona parte – prosegue – è usata per la coltivazione dei campi, soprattutto per gli uliveti”. Nell’ultima stagione di raccolta, afferma p. Bashar, “si sono registrati continui attacchi dei coloni” che hanno preso di mira “le terre e le famiglie, colpiscono le persone e non disdegnano l’uso di armi da fuoco, anche se finora siamo stati fortunati e non abbiamo avuto vittime”. Negli ultimi mesi, denuncia, i coloni spalleggiati dall’esercito hanno causato “difficoltà enormi”.
A questo si aggiungono i numerosi checkpoint militari, che stanno disegnando “un nuovo panorama, soprattutto negli ultimi 10 giorni” denuncia il sacerdote. “Ci siamo svegliati una mattina e abbiamo trovato blocchi agli ingressi di città e villaggi palestinesi in Cisgiordania. Per la prima volta anche qui a Taybeh, non era mai successo dal 1967 – richiamando il tempo della Guerra dei sei giorni – mentre ora ci sono posti di blocco e controlli ovunque”. Le vie di collegamento con Nablus, Ramallah e Gerico “sono chiuse, non possiamo muoverci, la situazione è difficile e le criticità numerose”.
Intanto, per il sesto giorno consecutivo le forze di sicurezza israeliane hanno assaltato la città palestinese di Tammoun e il campo profughi di al-Far’a, nella provincia di Tubas. L’agenzia Wafa riferisce che i militari hanno fatto irruzione in numerose abitazioni in entrambe le zone, devastando proprietà e sottoponendo gli abitanti a interrogatori sul campo e perquisizioni domiciliari. Fonti locali parlano di un “rafforzamento” della presenza di soldati e crescenti distruzioni di infrastrutture, strade e proprietà private, oltre al blocco agli accessi sia della città che del campo profughi, così come l’ingresso meridionale alla città di Tubas.
Fonti di AsiaNews ad al-Far’a racontano che “l’acqua è stata completamente tagliata dal campo a causa della distruzione delle linee di rete interne” e “le forze di occupazione [militari israeliani, ndr] ne impediscono la riparazione”. Alcune linee elettriche “sono state distrutte e la loro riparazione è vietata” prosegue, mentre “le comunicazioni e la rete internet interna al campo sono state completamente oscurate e non è possibile parlare con le persone all’interno. Molte case non hanno più cibo, assorbenti igienici per donne e bambini o latte per i più piccoli”. I soldati hanno anche evacuato “un intero blocco residenziale” appartenente alla famiglia al-Muslimani che “contiene più di dieci case, hanno cacciato gli abitanti e ne hanno assunto il controllo, allestendo una caserma militare al suo interno”. Infine, conclude la fonte, l’esercito “ha schierato i cecchini sugli edifici e spara a tutto ciò che si muove”.
Tammoun è stata sottoposta a coprifuoco negli ultimi due giorni, mentre la circolazione nel campo di Al-Far’a è ferma a causa del diffuso dispiegamento di truppe in strade e vicoli. Inoltre, i soldati con la stella di David starebbero impedendo in maniera deliberata il lavoro di medici e giornalisti in entrambi i teatri delle operazioni, causando fra gli altri carenza di medicinali essenziali, in particolare per malati cronici, e di scorte alimentari per numerose famiglie rimaste senza cibo.
“Niente acqua, rete internet bloccata, strade interrotte, infrastrutture distrutte” sono la realtà quotidiana oggi in Cisgiordania. “Gli attacchi – riprende il sacerdote – sono aumentati con la guerra a Gaza. Il conflitto nella Striscia ha tracciato uno scenario totalmente nuovo” favorito anche dalla presenza nell’esecutivo di due esponenti della galassia delle colonie: l’ex ministro per la Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir, dimessosi da poco perché contrario all’accordo sulla tregua e scambio di prigionieri con Hamas, e il titolare delle Finanze Bezalel Smotrich. “Non vogliono – afferma p. Bashar – che i palestinesi vivano nella loro terra”. Dal 7 ottobre 2023 “abbiamo perso 10 famiglie, che sono emigrate negli Stati Uniti non per mancanza di lavoro e bassi salari, ma solo per cercare pace, sicurezza. Questo è il punto: alla base non vi è un fattore economico, perché qui abbiamo lavoro e buoni stipendi, almeno prima della guerra. Non sappiamo più come difenderci da questi attacchi – conclude – che vengono compiuti dai coloni in un clima di impunità. Anzi, sono spalleggiati e sostenuti dall’esercito, fra i due fronti non vi è più alcuna differenza”.
Fonte : Asia