Quanto vale il Festival di Sanremo 2025? I numeri dell’impatto economico

La domanda se la fanno in molti. Quanto vale il Festival di Sanremo dal punto di vista finanziario? La risposta breve è: da sempre milioni di euro, ma quest’anno qualche decina in più. Secondo un report di Ey rilanciato dalla Fimi, il fascino dell’Ariston non tramonta. Anzi, il 2025 si avvia a essere una edizione da primato con 245 milioni di euro che si muoveranno nella sola settimana di kermesse al via l’11 febbraio. Quaranta milioni in più sul 2024, un rialzo netto del 20%: Carlo Conti batte Amadeus, quantomeno sul fronte finanziario. Il totale calcolato da Ey mette in luce l’impatto economico del Festival, calcolato sulla base dell’impatto diretto delle spese effettivamente sostenute da organizzatori, sponsor, professionisti e spettatori; più l’impatto indiretto dell’attivazione delle filiere che si mettono in moto per rendere possibili i servizi; e dell’indotto, valore che comprende gli stipendi pagati a chi lavora per il Festival. Per la società di consulenza, ogni euro realmente investito in Sanremo si moltiplica 2,5 volte. Un vero affare.

La parte del leone nel calcolo dell’impatto economico del Festival di Sanremo la fanno le spese per pubblicità e sponsor che portano in dote 172,2 milioni di euro. Nel dettaglio, 67 milioni sono le reali spese delle aziende partner, a queste si aggiungono i 77,4 milioni di impatto indiretto delle filiere più 27,8 milioni di indotto, con le ricadute positive sul territorio visto il maggiore potere di acquisto dei lavoratori. Alle spese pubblicitarie si sommano quelle organizzative: 20 milioni per mettere in piedi l’evento, più 20,3 milioni di impatto indiretto e 7,6 milioni di indotto con piccole imprese e maestranze al lavoro all’Ariston e non solo. Ulteriori 25 milioni sono i soldi che spendono spettatori e professionisti che saranno sul posto per la settimana di gara: 11,1 milioni sborsati tra alberghi e ristoranti, più 9,4 e 4,5 milioni tra filiere e indotto.

Con l’impatto del valore della produzione del Festival, Ey calcola anche il valore aggiunto (cioè la ricchezza generata, scorporata dai costi). Il totale in questo caso si ferma a 97,9 milioni, tra i 66,6 milioni da pubblicità e sponsor, 19,8 per l’organizzazione e 11,5 per le attività degli spettatori e dei professionisti impegnati a Sanremo. Tutto con ricadute positive anche sull’occupazione. Lo stesso rapporto di Ey mette in evidenza che i posti di lavoro full time equivalent attivati sono 1.459, in aumento di 132 unità rispetto all’edizione passata.

Il 57% dei brani di Sanremo finisce in Top 100

Fimi, la Confindustria della musica, sottolinea che “gli investimenti strategici supportano iniziative che abbracciano diversi ambiti, dalla pubblicità alla promozione live, contribuendo a creare un ecosistema virtuoso in cui la creatività si sposa con la crescita economica, con un effetto moltiplicatore di grande rilievo anche se le economie per le imprese restano limitate all’1,5% dei ricavi del settore”.

Il report offre una panoramica completa dell’impatto sul mercato dei brani in gara, i cui ascolti in streaming sono aumentati del 463% negli ultimi cinque anni, andando a ricoprire una percentuale di mercato ormai superiore al 2%.

L’avvicinamento ai trend musicali attuali si evince d’altronde dalla crescita del numero dei platini dei singoli in gara al Festival (241 in totale, dal 2013 al 2024) – che ha raggiunto un’impennata negli ultimi 4 anni – e dalla partecipazione in gara per il quarto anno consecutivo dell’artista con l’album best-seller dell’anno: si tratta di Taxi Driver di Rkomi (2021), Sirio di Lazza (2022), Il coraggio dei bambini di Geolier (2023) e Icon di Tony Effe (2024). Per il terzo anno consecutivo, poi, un brano in gara a Sanremo è diventato il singolo best-seller dell’anno secondo le rilevazioni FIMI-GfK: Brividi di Mahmood & Blanco nel 2022, Cenere di Lazza nel 2023 e Tuta Gold di Mahmood nel 2024. Inoltre, il 57% dei brani in gara all’ultima edizione del Festival è entrato nella Top 100 dei singoli più venduti del 2024.

Fonte : Wired