Un altro asteroide più grande di 2024 YR4 potrebbe colpire la Terra nel 2182: danni catastrofici

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Uno studio ha calcolato i danni provocati dall’asteroide Bennu in caso impatto con la Terra. Il sasso spaziale, che ha un diametro di 500 metri ed è dunque molto più grande di 2024 YR4, potrebbe colpire il nostro pianeta nel 2182.

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In questi giorni si parla molto dell’asteroide recentemente scoperto 2024 YR4, un sasso spaziale con un diametro compreso tra 40 e 100 metri che ha 1 probabilità su 83 (1,2 percento) di colpirci il 22 dicembre 2032. Per questo è stato inserito con un punteggio di 3 sulla scala di Torino, uno strumento volto a classificare il rischio di impatto dei corpi celesti. Ma c’è un altro asteroide che potrebbe impattare contro la Terra nel 2182. Si tratta di 101955 Bennu, negli ultimi anni balzato agli onori della cronaca internazionale poiché al centro della missione della NASA OSIRIS-Rex. Nell’ottobre del 2020 lo strumento TAGSAM della sonda prelevò dei campioni di polvere e roccia a milioni di chilometri dalla Terra, che sono rientrati sul nostro pianeta nel settembre del 2023. Dalle prime analisi è stato determinato che Bennu era un pezzo di un piccolo mondo oceanico, probabilmente scomparso da molto tempo.

Al di là delle caratteristiche chimico-fisiche e delle origini, Bennu ci interessa anche per un’altra ragione. Secondo i calcoli orbitali degli esperti, infatti, il sasso spaziale a 1 probabilità su 2.400 (lo 0,037 percento) di colpirci nel 2182. Gli scienziati spiegano che è come lanciare una moneta 11 volte di seguito per aria e ottenere sempre la stessa faccia. È dunque un rischio decisamente trascurabile, che potrebbe azzerarsi oppure accrescersi nei prossimi decenni, quando gli studi orbitali si faranno sempre più accurati; ciò che è certo è che, nel caso in cui dovesse colpire la Terra, i danni sarebbero molto peggiori di quelli del potenziale impatto di 2024 YR4 tra 7 anni. Bennu ha infatti un diametro di 500 metri, quindi è come minimo cinque volte più grande. Non siamo innanzi a un cosiddetto “killer di pianeti”, come l’asteroide di oltre 10 chilometri che 66 milioni di anni fa, alla fine del Cretaceo, decretò la scomparsa dei dinosauri non aviani, ma un oggetto che potrebbe avere comunque conseguenze su scala globale, oltre che regionale e intimamente connesse alla collisione. Si rischia infatti un “inverno da impatto” con significativo abbassamento delle temperature e riduzione delle precipitazioni, con un crollo della produzione primaria superiore al 30 percento a causa del blocco della fotosintesi.

A calcolare gli effetti globali del potenziale impatto di Bennu contro la Terra nel 2182 sono stati i due ricercatori Lan Dai e Alex Timmermann del Centro per la fisica del clima – Istituto per la scienza di base (IBS) di Busan e dell’Università nazionale di Pusan, in Corea del Sud. Gli scienziati, grazie ai calcoli del supercomputer Aleph dell’IBS, hanno determinato che se il sasso spaziale dovesse colpire il pianeta si innalzerebbero nel cielo fino a 400 milioni di tonnellate di polvere e detriti, in grado di oscurare il Sole per lungo tempo. Ciò sconvolgerebbe la chimica dell’atmosfera e bloccherebbe la fotosintesi, innescando il sopracitato inverno da impatto. Le temperature globali scenderebbero in media di 4 °C e le precipitazioni del 15 percento. Ma non solo. Lo stravolgimento dell’atmosfera causato dalle polveri determinerebbe una perdita di ozono di oltre il 30 percento, con un impatto catastrofico sulla produttività degli organismi vegetali, già in difficoltà per la riduzione della radiazione solare e conseguente impatto sulla fotosintesi. “L’impatto brusco dell’inverno creerebbe condizioni climatiche sfavorevoli per la crescita delle piante, portando a una riduzione iniziale del 20-30% della fotosintesi negli ecosistemi terrestri e marini. Ciò causerebbe probabilmente enormi sconvolgimenti nella sicurezza alimentare globale”, ha dichiarato il dottor Lan Dai in un comunicato stampa.

I ricercatori hanno fatto anche un’altra scoperta interessante. A causa della significativa presenza di ferro nelle polveri sollevate dall’asteroide, il plancton oceanico si riprenderebbe soltanto sei mesi dopo l’impatto; addirittura mostrerebbe un incremento significativo nel periodo successivo. “Le fioriture eccessive simulate di fitoplancton e zooplancton potrebbero essere una benedizione per la biosfera e potrebbero aiutare ad alleviare l’emergente insicurezza alimentare correlata alla riduzione più duratura della produttività terrestre”, ha chiosato il professor Lan Dai.

Gli autori dello studio hanno affermato che impatti di asteroidi di medie dimensioni si verificano ogni 100.000 – 200.000 anni, quindi nostri antenati li avrebbero già sperimentati in passato. La frequenza di collisioni di oggetti di alcune decine di metri è invece nell’ordine di decine di anni. L’ultimo fu l’asteroide responsabile dell’evento di Tunguska del 1908 causato da un asteroide tra i 30 e i 60 metri di diametro, mentre nel 2013 sempre nei cieli della Russia esplose un meteoroide di 15 metri, responsabile della cosiddetta “meteora di Chelyabinsk“. I dettagli della ricerca “Climatic and ecological responses to Bennu-type asteroid collisions” sono stati pubblicati su ScienceAdvances.

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Fonte : Fanpage