Suvorov, il ‘santo generalissimo’ della Russia

Il patriarca Kirill sta accelerando le procedure per giungere entro il 9 maggio, festa degli 80 anni dalla Vittoria, alla canonizzazione del condottiero più vittorioso di tutta la storia russa. Un uomo che anticipò le direttive contemporanee di “guerra ibrida” in tutte le dimensioni, sul campo e nella politica, nell’ideologia e nella religione.

Mosca (AsiaNews) – Il patriarca di Mosca Kirill (Gundjaev) sta accelerando le procedure per giungere entro la data fatidica del 9 maggio, festa degli 80 anni dalla Vittoria nella Grande Guerra Patriottica, alla canonizzazione del “generalissimo” Aleksandr Suvorov, il condottiero più vittorioso di tutta la storia della Russia, che ha lasciato dietro di sé non soltanto lo splendore della gloria militare, ma anche una tragica scia di sangue in tutta l’Europa.

Il nome di Suvorov è legato alle stragi di tanti popoli minori dell’impero a fine Settecento, come i tatari nogajtsi e crimeani, baškiri, kazachi e altri. La sua esaltazione è tanto più necessaria oggi per il Cremlino, con il rianimarsi dei nazionalismi regionali sui territori della Federazione, che cercano le vie per la de-colonizzazione dalla Russia. Il principe di Suvorov nacque nel 1729 e morì proprio il 6 maggio del 1800, accompagnando le politiche di espansione dell’imperatrice Caterina II fino all’inizio del regno militarista del figlio Paolo I.

Nel 1769 il generale iniziò la guerra contro la confederazione Barska dei polacchi di Stanislaw Ponjatowski, riunita nel castello di Bar su ispirazione dei vescovi cattolici, per resistere alla disgregazione del Paese che avvenne negli anni successivi ad opera di russi, prussiani ed austriaci. Poco dopo si lanciò nella guerra russo-turca del 1768-1774, la “grande rivincita” di Mosca dopo l’umiliazione della sconfitta nella guerra di Crimea contro i regni europei. Prestò servizio anche in Finlandia e a Varsavia, conquistata nel 1794, concludendo la sua gloriosa carriera con la campagna d’Italia nel 1799, guidando la coalizione anti-napoleonica entrando trionfalmente a Milano, e liberando tutta l’Italia settentrionale dalle truppe francesi. Il suo piano era poi quello di conquistare tutta la Francia, ma gli alleati lo costrinsero a combattere in Svizzera, dove mostrò le ultime mosse del suo genio strategico meritandosi il titolo di Generalissimus dall’imperatore Paolo I. La morte lo sorprese tre mesi dopo, impedendogli di fermare i primi tentativi francesi di invadere la Russia, dopo aver vinto tutte le battaglie a cui aveva partecipato.

Il grande condottiero ricevette già in vita diversi altri titoli altisonanti, come quello di “principe di Rymnik” nella guerra con i turchi, “per il Santo Impero romano e russo”, delle due Rome di Costantinopoli e Mosca, o come “principe di Sardegna” dopo la conquista di Torino e del regno dei Savoia, declinato anche come “cugino del re”. Il fatto che frequentasse le logge massoniche prussiane viene oggi giustificato con la sua “curiosità intellettuale”, senza ammettere che fosse realmente iscritto alla Massoneria.

Un “testo sacro” della religione bellica russa è il suo trattato del 1795, “La scienza della vittoria”, che oggi viene riproposto come ispirazione delle manovre russe in Ucraina e della formazione del popolo all’autentico patriottismo militante. Venne pubblicato in diverse edizioni dopo la sua morte, a partire dal 1806, e indicava la necessità di “trovare sempre la giusta posizione” sia negli schieramenti delle truppe che nelle motivazioni delle guerre, abbandonando le semplici “strategie dei cordoni e delle linee tattiche”. In questo il principe anticipava tutte le direttive contemporanee di “guerra ibrida” in tutte le dimensioni, sul campo e nella politica, nell’ideologia e nella religione.

Per definire le virtù eroiche del generalissimo, la commissione sinodale sta cercando in tutti i modi di dimostrare l’inconsistenza delle accuse di genocidio dei circassi e degli altri popoli caucasici, e del bagno di sangue provocato nell’invasione del quartiere Praga di Varsavia, che fu esaltata perfino dal sommo poeta Aleksandr Puškin. Tutti gli storici russi si sono schierati a supporto delle procedure sinodali, confermando la versione agiografica di vicende storiche in realtà molto controverse negli studi storici non schierati, anche nella stessa Russia.

Fonte : Asia