Sul fronte delle infrastrutture, però, non mancano le polemiche. Il sistema di accoglienza ruota attorno a due villaggi olimpici principali: quello di Milano, nell’area dell’ex scalo di Porta Romana, e quello di Cortina, nell’ex aeroporto di Fiames. Il villaggio di Milano, progettato per ospitare 1.700 atleti e destinato a diventare uno studentato universitario dopo i Giochi, ha visto i costi lievitare da 100 a 140 milioni di euro, a causa dell’inflazione e dell’aumento dei tassi d’interesse. Nonostante ciò, architetti e ingegneri assicurano che le strutture sono state pensate per evitare il degrado e l’abbandono riscontrati in altre edizioni olimpiche, come quella di Parigi. Più complessa la situazione a Cortina, dove il villaggio olimpico è stato realizzato con container prefabbricati su un’area di 98.000 metri quadrati, con un investimento di circa 40 milioni di euro. Il progetto ha incontrato numerosi ostacoli, tra lungaggini burocratiche, resistenze politiche e preoccupazioni ambientali, complicate dalla distanza dalle sedi di gara. Il nodo più controverso riguarda il futuro della struttura: inizialmente prevista per la demolizione dopo i Giochi a causa del rischio idrogeologico dell’area, resterà invece in piedi per almeno due anni, una decisione che ha sollevato interrogativi sulla pianificazione a lungo termine e sull’impatto ambientale.
Il nodo della pista da bob
Se la distribuzione geografica delle competizioni appare ormai definita e la questione degli alloggi sta progressivamente trovando una soluzione, la pista da bob di Cortina resta il nodo più spinoso dell’intera organizzazione olimpica. I ritardi iniziali e le polemiche sull’impatto ambientale hanno spinto la Fondazione Milano-Cortina a individuare Lake Placid, nello stato di New York, come sede alternativa per le gare di bob, skeleton e slittino, qualora l’impianto italiano non fosse pronto in tempo. La notizia è s stata riportata dal Wall Street Journal. Una scelta imposta dal Comitato olimpico internazionale, che più volte si era dichiarato contrario al rifacimento dell’impianto cortinese per gli elevati costi di 81,6 milioni di euro e i dubbi sulla sostenibilità post-olimpica della struttura in un paese che conta appena una cinquantina di tesserati in questi sport. Il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, tuttavia, continua a mostrarsi ottimista, affermando che “la pista è più avanti del cronoprogramma e non escluderei che a marzo si possa già fare un test”. I numeri del cantiere alimentano i dubbi: finora sono stati ghiacciati solo 36 metri su 1.650 della pista, e per la costruzione della sola curva Cristallo è servito circa un mese di lavoro. Marina Menardi, presidente del Comitato Civico Cortina, sottolinea come “ci sono parti della pista che devono ancora cominciare a costruire”. L’eurodeputata Cristina Guarda rincara la dose evidenziando che “l’unico dato certo, a meno di un anno dall’inizio dei Giochi, è il conto salatissimo da pagare, sul piano economico e ambientale”.
La scelta di Lake Placid come “piano B”, a oltre 6.000 chilometri dall’Italia, solleva ulteriori perplessità. Nonostante in Europa esistano dieci impianti censiti dalla Federazione internazionale di bob e skeleton, inclusi quelli di St. Moritz e Innsbruck, la Fondazione ha optato per la struttura statunitense perché, come spiega il Wall Street Journal, verrebbe messa a disposizione gratuitamente. È stata scartata anche l’ipotesi di ripristinare la pista di Cesana Torinese, costruita per i Giochi del 2006, che avrebbe richiesto un investimento di circa 10 milioni di euro contro gli 81,6 milioni previsti per l’impianto di Cortina.
Fonte : Wired