L’impegno sarà di trentotto ore settimanali, la ripartizione dipenderà dal numero di pazienti. Fino a quattrocento assistiti saranno sei le ore da dedicare alle visite, con le restanti da destinare alle esigenze territoriali; da 401 a mille pazienti le ore per gli assistiti saliranno a dodici; da 1001 a 1.200 aumenteranno ancora a diciotto; da 1.201 a 1.500 pazienti saranno, invece, ventuno. Per i medici con oltre i 1.500 assistiti sono previste, infine, ventiquattro ore da dedicare ai malati e le restanti alle esigenze territoriali.
L’obiettivo principale è garantire un medico disponibile tutto il giorno tutti i giorni anche nei piccoli Comuni, sfruttando a pieno gli ambulatori pubblici messi a disposizione dalle Regioni e anche le Case di comunità. Si tratta di strutture finanziate dal Pnrr che, secondo il progetto, dovranno raggiungere le 1400 unità in tutta Italia entro la metà del 2026 ma la cui costruzione va, ad oggi, a rilento, oltre al fatto che spesso manca il personale medico al loro interno.
Come cambiano formazione e paga
A cambiare sarà anche il percorso formativo per diventare medico di medicina generale. Si passerà,infatti, da un corso triennale organizzato a livello regionale a una specializzazione universitaria della durata di quattro anni, equiparata a quella degli ospedalieri. A questo è connesso un aumento del peso delle borse di studio che attualmente ammontano ad appena 11500 euro l’anno, rispetto ai 26000 euro annui delle specializzazioni tradizionali.
Con la nuova riforma dei medici di famiglia, i professionisti verrebbero assunti come dipendenti del Servizio sanitario nazionale con orari e contratti nazionali. Non ci sono, però, dettagli in merito al trattamento economico previsto. Non si può, quindi, determinare con precisione quanto guadagnerebbe un medico di famiglia una volta entrata in vigore la riforma. A oggi, il guadagno mensile può variare tra i 2.700 e i 7.200 euro, a seconda del numero di assistiti e delle prestazioni offerte.
I contributi
Come dipendenti del Sistema sanitario nazionale, inoltre, i nuovi medici di base dovranno versare contributi all’Inps e non più all’ente privato a cui versano oggi, ovvero l’Ente nazionale di previdenza e assistenza dei medici e degli odontoiatri (Enpam) che prevede due tipi di contributi. Il primo è obbligatorio per tutti i medici iscritti all’Albo a va dai 145 euro annuali per gli studenti fino a 1961 euro a partire dal compimento dei 40 anni; il secondo riguarda solo chi esercita la libera professione ed è calcolato al 19,5% del reddito professionale netto.
Fonte : Wired