Pensa che le piattaforme lo faranno?
“Questa è la vera domanda, l’altra è come l’Unione Europea dovrebbe reagire in caso di mancato rispetto di queste prescrizioni, perché è evidente che siamo in una fase geopolitica molto diversa da quella in cui è stato pensato l’AI Act. Con il Comitato abbiamo lavorato a lungo ascoltando esperti e operatori del settore, soprattutto statunitensi. Abbiamo prodotto un report che di fatto ha confermato gli indirizzi della nuova legge europea, come era naturale. Non pensiamo però che sia giusto agire come singoli paesi, perché potrebbe essere controproducente. Già l’Europa da sola rappresenta solo una parte del quadro complessivo, e pensare di agire fuori dai meccanismi continentali rischia di produrre solo danni”.
L’intelligenza artificiale scuote anche la geopolitica, perché – come già detto – in ballo c’è il controllo dei dati personali di decine di milioni di persone da parte delle società che gestiscono le applicazioni. DeepSeek, il software cinese open source che è stato lanciato per competere con la statunitense Open Ai, è entrato nel mirino dal Garante della privacy, che ha imposto la limitazione immediata del trattamento dei dati degli utenti presenti sul territorio nazionale. Quali sono i rischi a cui andiamo incontro?
“Per fortuna l’Europa si è dotata di alcune regole che ci proteggono: penso al Gdpr [il regolamento generale sulla protezione dei dati, ndr]. Il tema è se DeepSeek rispetta o meno quelle regole, e al momento sembrerebbe di no. Chi ha messo a punto quella tecnologia ammette di averlo fatto secondo regole che non sono quelle dell’Unione Europea: quindi, evidentemente, il Garante per la privacy ha fatto una propria valutazione come già fece agli albori di ChatGpt. Qui però il punto della questione è come l’Europa pensa di inserirsi in questo gigantesco mercato dei dati. Per il momento lo ha fatto solo regolando – e per carità, le regole sono fondamentali -: ma c’è bisogno di riprendere il ragionamento su un cloud europeo, c’è bisogno di capire se noi saremo soltanto degli utilizzatori di tecnologie sviluppate in America o in Cina o se saremo, invece, in grado di sviluppare una nostra tecnologia europea. Da questo punto di vista, la rivoluzione di DeepSeek apre degli spiragli, perché dimostra che è possibile la rottura di un monopolio e che con investimenti non imponenti e un tempo non lunghissimo si può entrare in competizione con i grandi dell’IA globale. Penso che l’Europa potrebbe percorrere questa strada se i Ventisette avranno voglia di investire su questa tecnologia del presente e del futuro. Ma per il momento, al di là dei proclami, si è visto poco in questa direzione e questo penso che sia il grande problema dell’Europa in questo momento, ancor più del rapporto con DeepSeek, con OpenAI e con tutti gli altri soggetti che controllano l’intelligenza artificiale”.
Fonte : Wired