DeepSeek, blocco e divieti in questi paesi

Nel giro di pochi giorni DeepSeek, la startup cinese di intelligenza artificiale rivale di ChatGpt, ha scatenato le reazioni più disparate nel pubblico, nei media e nelle autorità governative: mentre gli utenti hanno scaricato l’applicazione migliaia di volte facendola schizzare sul podio dei download degli app store, i governi e le aziende di molti paesi hanno espresso pubblicamente le proprie preoccupazioni sulle pratiche etiche, di privacy e di sicurezza di DeepSeek. Secondo quanto riportato dalla privacy policy del chatbot AI, infatti, i dati personali degli utenti sono tutti conservati “in server sicuri situati nella Repubblica Popolare Cinese”, dove le leggi locali impongono alle società di condividere queste informazioni con i funzionari dell’intelligence, laddove richiesto. Una pratica che da sempre preoccupa governi e istituzioni, tanto da averle convinte a bannare la nuova AI cinese. Il nostro paese ha aperto le danze, poi sono seguiti paesi, stati degli Usa come il Texas e varie agenzie statunitensi. Ecco l’elenco completo.

Italia

L’Italia è stato uno tra i primi paesi a rendere indisponibile l’app di DeepSeek negli store Apple e Android, a seguito di un’indagine condotta dal Garante della Privacy sulla raccolta e la gestione dei dati personali degli utenti. L’autorità, a quanto pare, ha concesso alla compagnia cinese 20 giorni per rispondere alle domande su come e dove memorizza le informazioni sensibili raccolte dall’app e, soprattutto, per cosa le utilizza. In attesa delle risposte, che serviranno a capire se DeepSeek viola o meno le norme europee, il Garante si è mosso per eliminare l’applicazione dagli store, rendendola di fatto non più disponibile per l’uso da mobile.

Taiwan

Situazione difficile per DeepSeek anche a Taiwan, dove il Ministero degli Affari Digitali ha vietato di utilizzare l’intelligenza artificiale cinese ai dipendenti delle agenzie governative, delle scuole pubbliche e delle imprese statali, poiché “mette in pericolo la sicurezza delle informazioni nazionali”. “L’AI di DeepSeek è un prodotto cinese – ha dichiarato di recente il ministro taiwanese – Il suo funzionamento comporta la trasmissione transfrontaliera e la fuga di informazioni, e altri problemi di sicurezza dei dati”.

Giappone

Secondo quanto riferito da Radio Free Asia, nella giornata di venerdì il ministro giapponese per la trasformazione digitale Masaaki Taira ha dichiarato che che i funzionari pubblici dovrebbero astenersi dall’utilizzare DeepSeek per garantire la protezione dei loro dati. “La questione è se le informazioni personali sono adeguatamente protette”, ha commentato nel corso di un discorso tenuto a Okinawa, sollevando dubbi e preoccupazioni circa le pratiche adotatte dalla compagnia cinese. Ma Taira non è il solo a pensarla in questo modo. Qualche settimana fa anche Itsunori Onodera, un legislatore del Partito liberaldemocratico giapponese, ha invitato gli utenti a non scaricare l’app di DeepSeek, definendola “pericolosa” e citando la risposta fornita dal chatbot in merito alla disputa territoriale tra Cina e Giappone sulle isole conosciute in Cina come isole Diaoyu e in Giappone come isole Senkaku. DeepSeek avrebbe affermato che le isole contese sono “da sempre parte integrante del territorio cinese, su cui la Cina ha una sovranità indiscutibile”, suscitando inevitabili polemiche nel paese del Sol Levante.

Congresso degli Usa

Considerando il pregresso degli Stati Uniti con le app cinesi, non c’è da stupirsi che le agenzie governative e le istituzioni si sia mosse in tempi record per riuscire a limitare la diffusione dell’AI di DeepSeek. Alla fine di gennaio, infatti, il Chief Administrative Officer della Camera ha vietato ai dipendenti di installare l’applicazione su smartphone, computer o tablet ufficiali, sostenendo che per il momento è in fase di revisione. “Gli attori di minacce informatiche stanno già sfruttando DeepSeek per fornire software dannoso e infettare i dispositivi – si legge in una nota rivolta ai dipendenti del Congresso -. Per mitigare questi rischi, la Camera ha adottato misure di sicurezza per limitare la funzionalità di DeepSeek su tutti i dispositivi in dotazione alla Camera”.

Marina Militare degli Usa

Stando a quanto riportato dalla CNBC, alla fine di gennaio la Marina Militare ha inviato una comunicazione via email ai suoi dipendenti, vietando loro di scaricare, installare o utilizzare l’AI di DeepSeek a causa di “potenziali problemi etici e di sicurezza associati all’origine e all’utilizzo di questa tecnologia”.

Pentagono

Anche il Pentagono ha scelto di vietare l’uso dell’applicazione cinese ai suoi dipendenti ma, secondo quanto riferito da Bloomberg, non prima che alcuni di questi siano riusciti ad accedervi. Anzi, pare che sia stato proprio il fatto che alcuni membri del personale abbiano utilizzato l’AI cinese senza autorizzazione a convincere la Defense Information Systems Agency, responsabile delle reti informatiche del Pentagono, a vietarne completamente l’uso in ogni sua forma. Anche se, a quanto pare, il personale del Dipartimento della Difesa statunitense può utilizzare l’intelligenza artificiale di DeepSeek attraverso Ask Sage, una piattaforma autorizzata che non si collega direttamente ai server cinesi.

Nasa

DeepSeek e i suoi prodotti e servizi non sono autorizzati a essere utilizzati con i dati e le informazioni della Nasa o su dispositivi e reti di proprietà del governo. I dipendenti non sono autorizzati ad accedere a DeepSeek tramite i dispositivi della Nasa e le connessioni di rete gestite dall’agenzia”. Così l’agenzia spaziale ha comunicato ai suoi dipendenti, secondo quanto riportato dalla CNBC, il divieto d’uso dell’AI cinese, comune a buona parte delle agenzie governative statunitensi.

Texas

Anche il Texas si inserisce nell’elenco dei paesi che hanno scelto di vietare l’uso dell’AI di DeepSeek ai dipendenti statali. Il governatore Greg Abbott, infatti, ha dichiarato pubblicamente che “non permetterà al Partito Comunista cinese di infiltrarsi nelle infrastrutture critiche del nostro stato attraverso l’AI e le app dei social media che raccolgono dati”. Un’affermazione forte, che rende però bene l’idea della posizione assunta dal Texas nei confronti di quelli che sono stati definiti “attori stranieri ostili”.

Fonte : Wired