In una sessione pubblica del dicembre 2023 al Consiglio di Giustizia e Affari Interni dell’Ue, sono stati presentati alcuni numeri, tra i quali i 385 minori identificati come vittime di abusi in un solo anno in Italia, 2370 in Polonia, paese dal quale arriva la proposta in discussione. Si parla, tra le altre cose, di richieste di foto intime, o di nudi, talvolta in cambio di denaro. Nei dodici mesi precedenti, circa un milione e mezzo di report sono stati inviati dalle aziende di comunicazioni online, al loro interno c’erano cinque milioni di video, foto e tentativi di adescamento, di cui il 70% arrivavano da chat online. Di questi, per vari motivi, tra i quali la qualità del materiale, solo il 25% era rilevante.
I dati citati sopra sottolineano la frizione tra la messa in sicurezza delle vittime e la sorveglianza digitale della totalità dei cittadini europei per garantire che questo accada. Come sottolineato da diversi esperti, il trade off tra la sicurezza e i diritti fondamentali dei cittadini, come quello alla privacy, è al centro del dibattito sulla sicurezza informatica, e l’obiezione “non ho nulla da nascondere” non è la risposta. Quando grandi corporation e governi hanno accesso alle conversazioni dei cittadini, le democrazie possono assumere tratti simili a quelli dei regimi totalitari.
La stretta sui profili anonimi
Inoltre, la partita non si gioca solo sulle modalità di sorveglianza e sulla salvaguardia della crittografia end-to-end. Secondo l’articolo 6, proposto senza modifiche, gli utenti sotto i 16 anni non potrebbero più installare app di messaggistica come Whatsapp, Snapchat e Telegram, o social come Instagram, TikTok e Facebook, o giochi come Ea Fc, Minecraft, GTA, Call of Duty, Roblox. Lo stesso varrebbe per le app di incontri e app per videoconferenze come Zoom, Skype, FaceTime. Questo limite di età però potrebbe essere facilmente aggirabile e, secondo i critici, non darebbe ai minori maggiori strumenti di gestione degli abusi. A mancare sono forme e percorsi di educazione al digitale e ai suoi rischi.
Un altro punto è quello delle comunicazioni anonime. L’articolo 4 (3) proposto senza modifiche, prevede che gli utenti non possano più creare account email o di messaggistica anonimi. Questo potrebbe ostacolare, ad esempio, le comunicazioni anonime con fonti come i whistleblower, l’attività politica e la sicurezza di chat su temi sensibili, come anche quelle sugli abusi.
Secondo la no-profit Privacy Network, raggiunta per un commento sulla questione, oltre agli aspetti positivi, ci sono diversi elementi di criticità. “Rimane pur sempre una proposta finalizzata ad utilizzare sistemi automatizzati di scansione delle chat, che strumentalizza il contrasto all’abuso su minori online per legittimare indagini di massa e perorare la narrativa del soluzionismo tecnologico, per cui le misure repressive siano più valide delle azioni di lungo periodo. Rimangono poi i problemi legati alle disposizioni inerenti all’obbligo di mostrare un documento – o comunque di identificarsi – prima di procedere alla creazione di un account su un’app considerata ad alto rischio. Questa disposizione, di fatto, comporterebbe una stretta sull’anonimato online che, al pari della crittografia, rappresenta un elemento fondamentale per tutte quelle persone che vogliono usare la rete per sfuggire a situazioni di violenza, abuso e marginalità”
Fonte : Wired