Sangiuliano, perché le dimissioni sono inevitabili (e Meloni deve accettarle subito)

Chi legge si immagini la scena. Tra due settimane il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, va a Pompei ad accogliere i suoi omologhi di Francia, Germania, Stati Uniti, Canada, Regno Unito e Giappone per il vertice del G7, dopo che questi hanno appreso dalla stampa che i loro tragitti, i piani dei loro incontri e altri documenti sono stati visionati da tale Maria Rosaria Boccia. Che secondo il ministero non aveva titoli per leggere quelle carte ma che le ha avute, come mostra, perché, per volontà del ministro stesso, era stata accolta nel suo entourage.

Dal 19 al 21 settembre si dovrebbe tenere a Pompei il vertice ministeriale della cultura nell’ambito del G7 a presidenza italiana. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ci tiene un sacco al G7, è una vetrina per consolidare l’immagine internazionale del governo e anche se ha già smarcato l’impegno principale, la riunione con i capi di Stato a Borgo Egnazia a metà giugno, da qui a fine anno ci sono ancora molte passerelle dove farsi vedere in splendida forma. La prossima, invece, rischia di diventare una frana.

L’Ansa riferisce che il prefetto di Napoli, Michele Di Bari, a due settimane non ha ancora il programma. Competenza del ministero di Sangiuliano, che negli ultimi giorni è concentrato a smentire per le vie ufficiali coinvolgimenti e collaborazioni di Maria Rosaria Boccia, 41enne di Pompei a cui era stata promessa la nomina a consigliera per i grandi eventi del ministero, e che la donna invece, via social, demolisce attraverso post e stories in cui mostra chat dello staff di Sangiuliano, biglietti di viaggi, comunicazioni, documenti. Da giugno Boccia dice di aver accompagnato l’ex direttore del Tg2 nei sopralluoghi per organizzare parte del G7 nella sua Pompei, tappa ora in bilico.

Le dimissioni di Sangiuliano sono inevitabili. Meloni può tergiversare per evitare di dover mandare al G7 un ministro nominato il giorno prima (“Sorpresa, cari colleghi: Gennaro non c’è, faccio io le sue veci”) ma più insiste a trincerarsi nel fortino del governo “che fa la storia” (ma quale storia, poi?, che finora hanno concluso poco e niente), più dimostra debolezza. Debolezza verso gli alleati di Forza Italia e Lega, che pensa di tenere a bada non offrendo una poltrona alla loro gomitate. Debolezza del suo partito e del suo entourage, incapace di proporle una soluzione alternativa all’inchiodare alla poltrona il ministro che piange in diretta tv per quello che definisce una relazione extraconiugale.

Fonte : Wired