Boom di entrate dalle tasse: cosa cambia in busta paga (ma non per tutti)

È boom di entrate fiscali per lo Stato italiano: nei primi sette mesi di quest’anno, nel periodo gennaio-luglio 2024, ammontano infatti a 328,365 miliardi di euro, con un aumento di ben 19,2 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2023 (+6,2%). Nel dettaglio, le imposte dirette sono aumentate di 14,024 miliardi di euro, mentre quelle indirette hanno registrato una crescita di 5,177 miliardi di euro. Le entrate derivanti dall’accertamento dell’evasione fiscale, invece, hanno raggiunto 8,441 miliardi (+2,046). Il gettito raccolto dall’erario potrebbe aiutare a mettere insieme le risorse finanziarie necessarie in vista della prossima legge di bilancio.

Ma che aspettative ci sono per la manovra 2025? Il margine per allargare la spesa pubblica è poco, pochissimo. E il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti frena gli entusiasmi, nonostante la crescita delle entrate dalle tasse. “Non c’è nessun tesoretto, la cifra è vicina a quella prevista. Quindi siamo prudenti”, fanno sapere fonti del Tesoro in merito all’andamento delle entrate fiscali. Giorgetti, d’altronde, ha sempre parlato di un approccio prudente e responsabile ai conti pubblici. Anche perché il debito pubblico italiano rimane un macigno, ed è proiettato a raggiungere in breve tempo la cifra record di tremila miliardi di euro.

Gli scenari dopo la procedura d’infrazione dell’Ue

In più, nei mesi scorsi la Commissione europea ha deciso di aprire una procedura di infrazione contro l’Italia, per il deficit pubblico fuori controllo. In termini pratici, l’apertura di una procedura di infrazione significa che il governo di Giorgia Meloni dovrà ridurre il rapporto tra deficit e Pil dello 0,5% l’anno. Per l’Italia, che ha un prodotto interno lordo nominale di circa duemila miliardi, questo dovrebbe significare tagli di almeno 10 miliardi l’anno nel bilancio pubblico. Ma potrebbero essere anche di più (lo abbiamo spiegato meglio qui). Questo perché alla procedura di infrazione si dovranno unire i percorsi di aggiustamento dei conti pubblici che saranno decisi in base alle regole del nuovo patto di stabilità, recentemente approvato dai governi dell’Ue.

Sta di fatto che entro metà settembre Giorgetti dovrà presentare in Consiglio dei ministri il piano strutturale di bilancio con cui il governo Meloni punta a definire la “traiettoria” per la spesa netta, coerente con il nuovo patto di stabilità e l’orizzonte temporale stabiliti dall’Ue per il rientro dal deficit eccessivo, da realizzare attraverso un piano di rientro che ha una durata di 4 anni, estendibile fino a 7 anni.

Il governo italiano, anticipa Bloomberg, punta a portare il deficit al di sotto del 3% entro i prossimi due anni per rassicurare i funzionari Ue che stanno esaminando l’impatto dell’enorme debito pubblico del Paese. I tecnici del Tesoro, secondo una bozza con alcune simulazioni riferita a Bloomberg, puntano a un deficit del 2,9% nel 2026 che garantirebbe al Paese di arrivare appena al di sotto del tetto richiesto dalle regole fiscali dell’Unione europea.

Come sarà la prossima manovra

Per la prossima legge di bilancio si parla di un documento poco superiore ai 25 miliardi di euro. La manovra dovrebbe prevedere la conferma del taglio del cuneo fiscale e contributivo per i redditi fino a 35mila euro per contrastare l’inflazione. Nelle settimane scorse, il governo Meloni ha già assicurato che l’Irpef a tre aliquote e la decontribuzione per i redditi fino a 35mila euro saranno confermate nel 2025. Ma la procedura di infrazione avviata da Bruxelles per deficit eccessivo del nostro Paese, e le nuove regole che fanno parte del patto di stabilità riformato, rendono il percorso verso la prossima legge di bilancio più accidentato del previsto.

Il taglio del cuneo fiscale: dove trovare i soldi?

Il ministro Giorgetti sta lavorando alla misura che prevede il taglio del 7% dei contributi previdenziali per i redditi fino a 25mila euro, e del 6% per i redditi fino a 35mila euro, finanziata per un solo anno. È il “vero obiettivo che ci poniamo quando andremo a definire il programma strutturale”, ha detto nei mesi scorsi. Il punto è che entro il prossimo 20 settembre il governo, sulla base della “traiettoria tecnica” definita da Bruxelles, dovrà mettere a punto il piano pluriennale di contenimento della spesa corrente primaria e poi trasferire gli impegni programmatici nella legge di bilancio da presentare in Parlamento a ottobre. In questa sede andranno indicate le fonti di finanziamento per confermare il taglio del cuneo contributivo anche per il prossimo anno.

Il cuneo fiscale è la somma delle imposte che impattano sul costo del lavoro: in sostanza è la differenza tra quanto un dipendente costa all’azienda che lo assume e quanto lo stesso dipendente incassa in concreto, al netto delle tasse, in busta paga. In Italia questo valore è da sempre molto alto, con effetti tangibili sul potere d’acquisto.

Il tema centrale è sempre lo stesso: dove reperire le relative risorse finanziarie? In questo scenario è utile ricordare che la manovra del 2024 è stata finanziata per 15,7 miliardi in deficit. Si trattava dell’ultima possibilità concessa dalla sospensione del patto di stabilità decisa a livello europeo nel 2020, per effetto della pandemia da Covid-19. Ora, invece, sono in vigore le nuove regole che precludono il ricorso a nuovi indebitamenti. E questo vincolo per l’Italia adesso è ulteriormente rafforzato dall’avvio della procedura di infrazione per deficit eccessivo. Staremo a vedere.

In estate, l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) ha stimato che solo per confermare nel 2025 gli interventi finanziati lo scorso anno nella manovra occorrono circa 18 miliardi, di cui poco meno di 11 per il taglio del cuneo fiscale. Per inserire eventuali altri interventi, dunque, lo spazio di manovra al momento appare molto limitato. Le opposizioni, intanto, prevedono una legge di bilancio con tagli alla spesa sociale e chiedono maggiori investimenti sulla sanità e sul lavoro.

Fonte : Today