Il conflitto israelo-palestinese alla Mostra del cinema di Venezia arriva con in un documentario girato da una prospettiva inusuale. Quella di Dar, una ragazza di 16 anni che, durante l’attacco di Hamas del 7 ottobre, ha perso la casa ma anche il suo cane.
Decide di tornare a cercarlo nel suo kibbutz e, anche se la zona è presidiata dai militari e i civili non sarebbero assolutamente ammessi, riesce a convincere un soldato a lasciarla passare. Si trova così a camminare tra edifici distrutti, incendiati, (anche se la macchina da presa non è entrata nelle abitazioni delle vittime per una questione di rispetto), nella speranza di ritrovarlo e di poterlo portare via in salvo con sé.
Lì incontra i pochissimi abitanti che sono tornati nelle loro case, una maestra che si aggira nella scuola devastata, contatta una donna che ha come missione quella di recuperare e mettere in salvo gli animali abbandonati. A poca distanza, intanto, si vedono le bombe cadere a Gaza, il fumo salire dai palazzi colpiti.
Con Of Dog and Men, presentato nella sezione Orizzonti al Festival di Venezia, il regista israeliano Dani Rosenberg ha realizzato un mix tra fiction e documentario – con un inserto di animazione molto bella, una sorta di sogno della ragazza che apre uno spiraglio di speranza – che rende la storia ancora più vera e terribile.
Dar, infatti, è interpretata da un’attrice, Ori Avinoam, ma le persone del kibbutz Nir Oz, così come i militari che lo presidiano, sono assolutamente reali. Il regista ha avuto l’idea del film, ha trovato l’attrice protagonista e ha ottenuto i permessi per andare a girare nel kibbutz in tempi record, riuscendo a girare il film a poche settimane dall’attentato.
Non è la prima volta che Rosenberg parla del conflitto fra Israele e Palestina. Lo aveva già fatto anche se in maniera più indiretta e con un film di fiction in The Vanishing Soldier del 2023, che era stato presentato al Locarno film festival. In quel caso il regista raccontava con i toni della satira la storia di un soldato diciottenne che, con un atto di incoscienza giovanile, si allontana da Gaza dove è in missione con l’esercito, per andare a Tel Aviv e vedere la sua ragazza. Ma la sua sparizione volontaria che fa di lui un disertore viene scambiata per un rapimento, scatenando tutta una serie di reazioni e conseguenze.
Nel caso di Of Dog and Men non poteva esistere una sceneggiatura e grandissimo spazio è stato lasciato all’improvvisazione, incontri e conversazioni, ha raccontato il regista, si sono sviluppate in modo naturale (anche se la presenza delle telecamere di fatto invade e altera il reale).
Come si poteva immaginare, al di là del valore artistico del film, in una fase drammatica del conflitto israelo-palestinese la presenza di questo titolo alla Mostra del cinema di Venezia, così come di Why War del regista, anche lui israeliano, Amos Gitai (che, va ricordato, è stato sempre critico nei confronti del governo israeliano e oggetto di censura) è stato accompagnato da polemiche. In una lettera aperta, qualche centinaio di filmmaker hanno denunciato il fatto che i due film sono stati realizzati da compagnie di produzioni israeliane “complici” dell’apartheid e del genocidio in atto. E hanno definito operazioni di questo tipo artwashing.
Fonte : Wired