Michel Barnier è stato nominato primo ministro dal presidente francese Emmanuel Macron, dopo due mesi di stallo politico seguiti alle elezioni legislative di giugno e luglio, che non hanno consegnato la maggioranza a nessuno schieramento. Esponente del partito di centro-destra Les Républicains, ed ex commissario europeo Barnier dovrà guidare il paese in un momento di grande tensione, succedendo al trentacinquenne Gabriel Attal, fidato di Macron, ma che non ha più i numeri in parlamento per governare.
Biografia politica
Michel Barnier, 73 anni, è un politico francese di lungo corso, con una carriera che lo ha visto ricoprire incarichi di primo piano sia a livello nazionale che europeo. Esponente del partito di centro-destra Les Républicains, Barnier muove i primi passi in politica giovanissimo: a soli 22 anni, nel 1973, viene eletto consigliere generale del dipartimento della Savoia, diventando il più giovane di Francia. Da lì inizia un’ascesa che lo porterà a sedere per diverse legislature all’Assemblée Nationale e a fare il suo ingresso nel governo. Barnier sarà infatti ministro per ben quattro volte: all’Ambiente nel governo Chirac II (1993-1995), agli Affari europei nel governo Juppé I e II (1995-1997), agli Affari esteri nel governo Raffarin I (2004-2005) e all’Agricoltura nel governo Fillon III (2007-2009).
Ma è soprattutto in Europa che Barnier lascerà il segno. Per due volte, tra il 1999 e il 2004 e poi tra il 2010 e il 2014, ricoprirà la carica di commissario europeo, occupandosi prima di politica regionale e poi di mercato interno e servizi. Sarà però il ruolo di capo negoziatore Ue per la Brexit, assunto nel 2016 e mantenuto fino alla conclusione dell’accordo nel dicembre 2020, a consacrarlo come uno dei volti più noti della politica europea.
Una competenza, quella sui dossier comunitari, che potrebbe rivelarsi decisiva nella nuova veste di primo ministro. Con la Francia alle prese con una difficile congiuntura economica e sociale, e con un’Unione Europea chiamata ad affrontare importanti sfide, da quella energetica a quella migratoria, l’esperienza di Barnier potrebbe fare la differenza. Non a caso, il suo nome era stato più volte evocato per incarichi di primo piano a Bruxelles, come quello di presidente della Commissione.
Le reazioni dei partiti
Jean-Luc Mélenchon, leader del movimento di sinistra radicale La France Insoumise (LFI), ha accusato Macron di aver ignorato la volontà popolare espressa alle urne, agendo in modo “autoritario“. Mélenchon, che ambiva a diventare primo ministro dopo il buon risultato della sua coalizione di sinistra, Il Nuovo fronte popolare, (Nfp) alle legislative, ha invocato manifestazioni di protesta e una petizione per destituire il presidente. Critiche sono arrivate anche da Olivier Faure, segretario del Partito socialista (Ps), secondo cui la nomina di Barnier rappresenta “la negazione della democrazia“. Il Ps fa parte dell’alleanza di sinistra Nfp con Lfi.
Più cauti, ovviamente, i toni dal partito presidenziale Renaissance. I macronisti, pur non garantendo un appoggio incondizionato a Barnier, non intendono porsi in un’opposizione pregiudiziale. Anzi, puntano il dito contro i socialisti per non aver sostenuto la candidatura di Bernard Cazeneuve, ex primo ministro sotto François Hollande, costringendo Macron a guardare a destra per trovare un premier. Attendista, infine, la posizione del Rassemblement National (Rn) di Jordan Bardella, il partito di estrema destra guidato da Marine Le Pen. Bardella ha dichiarato che il suo partito valuterà il programma di Barnier prima di decidere se appoggiare una eventuale mozione di sfiducia in Parlamento.
Fonte : Wired