James Grimmelmann, professore di diritto digitale e di internet alla Cornell University, spiega che il verdetto non dovrebbe sorprendere più di tanto, considerando come negli ultimi tempi i tribunali hanno interpretato il fair use.
L’Internet Archive è comunque riuscito a ottenere una vittoria marginale in appello. Pur confermando la sentenza iniziale, la Corte d’appello ha infatti chiarito di non considerare l’organizzazione un’entità commerciale, sottolineando la natura senza scopo di lucro delle sue attività, una decisione che trova d’accordo anche Grimmelmann.
Le reazioni
“La decisione odierna sostiene il diritto degli autori e degli editori di concedere licenze e di essere compensati per i loro libri e altre opere creative, e ci ricorda senza mezzi termini che le violazioni hanno un prezzo salato e sono contrarie all’interesse pubblico – ha dichiarato la presidente e amministratrice delegata dell’Associazione degli editori americani Maria A. Pallante –. Se c’era qualche dubbio, la Corte chiarisce che, secondo la giurisprudenza del fair use, non c’è nulla di trasformativo nel convertire intere opere in nuovi formati senza autorizzazione o nell’appropriarsi del valore di opere derivate che sono una parte fondamentale del pacchetto di copyright dell’autore“.
In un comunicato, il direttore dei servizi bibliotecari dell’Internet Archive Chris Freeland ha espresso il proprio disappunto “per la decisione sul prestito digitale di libri che sono disponibili elettronicamente altrove. Stiamo esaminando la sentenza della corte e continueremo a difendere i diritti delle biblioteche di possedere, prestare e conservare i libri“.
Anche Dave Hansen, direttore esecutivo dell’Author’s alliance, un’associazione senza scopo di lucro che spesso si batte per l’ampliare l’accesso digitale ai libri, si è espresso contro la sentenza. “Gli autori sono ricercatori. La biblioteca digitale dell’Internet Archive aiuta questi autori a creare nuove opere e sostiene il loro interesse a far sì che vengano lette. Questa sentenza può giovare ai profitti dei principali editori e degli autori più importanti, ma finirà per danneggiare la maggior parte di loro, più che aiutarli“, ha commentato.
La guerra del copyright
I problemi legali dell’Internet Archive non si esauriscono con la sentenza di ieri. Nel 2023, un gruppo di etichette musicali che comprende Universal music group e Sony ha citato in giudizio l’organizzazione accusandola di violazione del copyright per un progetto di digitalizzazione musicale. La causa è ancora in corso e l’Internet Archive rischia di dover pagare fino a 400 milioni di dollari in risarcimenti, una cifra che potrebbe rappresentare una minaccia esistenziale per la no profit.
In generale, il verdetto di ieri arriva in un momento di grande agitazione intorno alle leggi sul copyright. Negli ultimi due anni sono state intentate decine di cause per violazioni del diritto d’autore contro le aziende che offrono strumenti di intelligenza artificiale generativa, che in molti casi sostengono che l’utilizzo di dati protetti da copyright per l’addestramento dell’AI rientri nel fair use.
Ma questo è anche un periodo in cui l’importanza dell’opera di conservazione digitale da parte dell’Internet Archive. La Wayback machine dell’organizzazione, che cataloga le copie dei siti web, è diventata uno strumento fondamentale per giornalisti, ricercatori, avvocati e chiunque sia interessato alla storia del web. Sebbene in circolazione ci siano altri progetti di conservazione digitale, oggi non esiste nessuna risorsa paragonabile all’Internet Archive a disposizione del grande pubblico.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.
Fonte : Wired