L’ennesima proroga alle concessioni (approvata mercoledì dal consiglio dei ministri) non è bastata ad accontentare le richieste dei balneari che dal governo si aspettavano di più. Non solo le spiagge verranno comunque messe a gara, anche se non subito, ma nel decreto, almeno secondo le associazioni di categoria, ci sono altri passi indietro rispetto alle bozze trapelate nelle scorse settimane. Facciamo il punto.
I punti salienti del provvedimento sulle concessioni balneari
Il provvedimento, spiegano da Palazzo Chigi, prevede l’estensione delle attuali concessioni fino al settembre 2027 con l’obbligo di avviare le gare entro il giugno dello stesso anno. La durata delle nuove concessioni andrà da un minimo di 5 a un massimo di 20 anni, “al fine di garantire al concessionario di ammortizzare gli investimenti effettuati”. Viene poi previsto che il subentrante dovrà pagare un indennizzo al vecchio gestore che sarà pari agli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni e terrà conto dei beni non ammortizzabili. I gestori che subentrano dovranno inoltre impegnarsi ad assumere i “lavoratori impiegati nella precedente concessione, che ricevevano da tale attività la prevalente fonte di reddito”.
C’è anche una sorta di diritto di prelazione, in realtà piuttosto annacquato, per le nuove gare. Uno dei criteri di valutazione delle offerte, non l’unico, è infatti l’essere stato titolare, nei cinque anni precedenti, di “una concessione balneare quale prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare”. L’esecutivo spiega di aver così trovato, in collaborazione con Bruxelles “un punto di equilibrio tra la necessità di aprire il mercato” e la tutela degli attuali concessionari. Con l’avallo dell’Ue. L’Italia è in “difetto” sul tema per non essersi adeguata ai criteri della direttiva Bolkestein e la riforma approvato in Cdm dovrebbe servire proprio a scongiurare eventuali sanzioni.
Perché ai balneari non piace il decreto che estende le concessioni
Ma i balneari protestano. Il provvedimento adottato “non ci soddisfa perché prevede la messa a gara delle aziende” spiegano in una nota congiunta Antonio Capacchione, presidente del Sindacato italiano balneari aderente a Fipe/Confcommercio, e Maurizio Rustignoli, presidente di Fiba/Confesercenti. Erano altre le aspettative generate dalle dichiarazioni, fanno notare, sull’esclusione del settore dall’applicazione della direttiva Bolkestein. “Registriamo, con profondo rammarico, che il provvedimento non ha visto il coinvolgimento, non solo della categoria”, si legge nella nota, ma anche “e principalmente degli Enti concedenti”, ovvero Regioni e Comuni, “che esercitano, da decenni, le funzioni amministrative in materia”.
“Indennizzi bassi e aumento del canone”
In un articolo pubblicato su Mondo Balneare, portale diventato un punto di riferimento per la categoria, si va più nel dettaglio. Tra i punti contestati c’è l’aumento di dei canoni demaniali del +110%, inserito in effetti nel decreto, e la decisione di calcolare i risarcimenti per i gestori uscenti, basandosi solo sugli investimenti non ammortizzati degli ultimi cinque anni, laddove, viene fatto notare “la legge sulla concorrenza del governo Draghi apriva al calcolo sull’intero valore aziendale”.
Uno dei problemi, viene obiettato è che negli ultimi cinque anni “gli investimenti sono stati molto ridotti proprio a causa dell’imminente scadenza delle concessioni”. Motivo per cui le buonuscite si annunciano molto basse. Ma i balneari sollevano anche un altro punto. Saranno infatti “sindaci e i funzionari locali a decidere se applicare la proroga oppure avviare subito le gare” e, anche alla luce dei recenti pronunciamenti della Giustizia, “resta da vedere quanti sindaci e funzionari si prenderanno il rischio e la responsabilità legale di approvare la norma”.
Fonte : Today