Durante una consultazione pubblica, rappresentanti del BJP e della società civile si sono espressi contro la possibilità di concedere ai dalit cristiani la condizione di classe svantaggiata, ribadendo pregiudizi e luoghi comuni discriminatori. Le opinioni sono state raccolte da un’apposita Commissione di inchiesta guidata dall’ex presidente della Corte suprema.
Bangalore (AsiaNews) – Diversi politici e rappresentanti dalit dello Stato indiano meridionale del Karnataka si sono schierati contro la possibilità ci considerare i cristiani parte delle caste socialmente svantaggiate, le cosiddette “scheduled castes”, che in India hanno diritto a una serie di facilitazioni nel settore dell’istruzione e negli impieghi del settore pubblico.
I commenti a riguardo sono stati fatti ieri durante la prima consultazione pubblica della Commissione guidata dall’ex presidente della Corte suprema indiana, il giudice K. G. Balakrishnan. La Commissione d’inchiesta è stata istituita nell’ottobre 2022 per stabilire se i dalit (un tempo chiamati anche “intoccabili” o “fuoricasta”) convertiti a una religione diversa dal sikkhismo o dal buddhismo possano ottenere lo status di “scheduled caste”.
Da anni le organizzazioni che difendono i diritti dei dalit cristiani (e musulmani) affermano di essere oggetto di pregiudizi e discriminazioni. Mentre dal 2004 la Corte suprema si trova impossibilitata a redimere le petizioni a riguardo a causa di un vuoto legislativo.
All’udienza pubblica di ieri hanno partecipato un centinaio di persone, di cui quasi il 95% ha votato contro la possibilità di concedere lo status di casta riconosciuta anche ai cristiani
Il leader della comunità nomade dei Banjara, Peetha Seer Sardar Sevalal Swami, ha sostenuto l’idea che la Commissione non dovrebbe favorire coloro che si sono convertiti a religioni nate fuori dall’India e “che non hanno radici nella cultura indiana”.
Allo stesso modo, alcuni deputati del Bharatiya Janata Party (BJP, il partito al potere a livello nazionale e all’opposizione all’interno dell’Assemblea legislativa del Karnataka, guidato dal Congress) hanno ancora una volta accusato i cristiani di ingannare i dalit con le conversioni. “Si tratta di una cospirazione più ampia da parte di cristiani e musulmani per usurpare le quote riservate alle caste riconosciute”, ha detto il politico Cement Manju, deputato del collegio elettorale di Sakleshpur, una circoscrizione riservata a coloro che appartengono alle classi svantaggiate.
Altre personalità hanno continuato sulla stessa scia, ribadendo pregiudizi contro le minoranze non indù. Eeranna Mori, dell’Associazione Safai Karmachari (che si occupa di coloro che lavorano raccogliendo rifiuti, un impiego tradizionalmente riservato ai dalit) ha commentato dicendo che i cristiani si assicurano un duplice beneficio, in quanto ricevono anche il sostegno della Chiesa “per finanziare l’istruzione dei figli o per le spese sanitarie”. “A causa di queste conversioni – ha insistito – i legami familiari vengono distrutti. Ad esempio, un fratello diventa cristiano e un altro rimane indù. Il fratello cristiano interrompe immediatamente i rapporti. Pertanto, le religioni responsabili della rottura delle famiglie non dovrebbero ricevere lo status di casta riconosciuta”.
Per contro, la scrittrice e attivista dalit Cynthia Stephen ha sostenuto la posizione di concedere le quote ai cristiani, affermando che i dalit continuano a essere considerati “intoccabili” anche dopo la conversione, mentre la Federazione cristiani dalit ha sottolineato che la religione non è un criterio valido per concedere o meno lo status.
Al termine della discussione il giudice Balakrishnan ha chiesto ai partecipanti di presentare gli interventi e le proprie argomentazioni in forma scritta.
Fonte : Asia