Elezioni presidenziali Usa, nei sondaggi chi è in vantaggio tra Kamala Harris e Donald Trump?

La campagna elettorale per le elezioni presidenziali negli Stati Uniti ha visto una ripresa significativa del Partito democratico nelle ultime settimane. Dopo che il presidente Joe Biden ha deciso di ritirarsi dalla corsa e è stata indicata al suo posto la vicepresidente Kamala Harris quale candidata per il partito democratico, Donald Trump, inizialmente in vantaggio, si è trovato in difficoltà. Il cambio lo ha come frastornato, tanto che sui social si è lasciato andare a dei messaggi un po’ bizzarri, facendo ruotare la sua campagna solo su insulti e accuse inverosimili, come quella che vede in Harris una “comunista”.

Cosa dicono i sondaggi

Il risultato è che al momento, nei sondaggi, la candidata dem, di 18 anni più giovane di Trump, ha finito per rimontare sul repubblicano, sia nel voto nazionale che nei cosiddetti “swing state”, gli stati in bilico, ma la partita rimane comunque aperta. In questo momento, secondo un sondaggio della società di analisi Morning Consult, condotto tra il 23 e il 25 agosto su oltre 7mila elettori registrati (con un margine di errore di 1 punto), Harris avrebbe un vantaggio di 4 punti nei sondaggi nazionali, 48% contro 44%, poi c’è un 4% degli elettori che sono ancora indecisi e un restante 4% che sostiene un altro candidato. Un risultato che sarebbe clamoroso, visto che prima del 21 luglio i sondaggi erano capovolti esattamente nella stessa misura in favore di Trump.

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Effetto convention?

Molti analisti sono sorpresi dal fatto che la chiusura della convention dei democratici non abbia prodotto grandi effetti sulle rilevazioni. Forse perché gli elettori non hanno prestato molta attenzione dell’evento, nonostante abbia raggiunto circa il 14% di spettatori in più rispetto alla convention repubblicana di luglio. Tre gli eventi principali che hanno catturato gli elettori ci sono i discorsi di Harris, dell’ex first lady Michelle Obama e dell’ex presidente Barack Obama.

In ogni caso la candidatura di Harris ha indubbiamente aiutato a unire il partito, riuscendo a far mobilitare la base e ha fatto andare alla grande la raccolta fondi, mentre Trump prova a mettere all’asta figurine digitali o il vestito indossato durante un confronto con Biden. Pazienza se di tutte le celebrità presenti – la giornalista Oprah Winfrey o i cantanti Pink, Stevie Wonder, John Legend, giusto per citare qualcuno – nessuno si sia fatto notare e che la delegazione pro-Palestina del partito sia stata sostanzialmente ignorata. Un altro sondaggio di Yahoo News/YouGov ha rilevato che il 39% degli statunitensi ritiene che Harris abbia maggiori possibilità di vincere le elezioni presidenziali di novembre rispetto al 36% che dà per favorito Donald Trump. Il 25% degli intervistati è ancora incerto su chi vincerà. Il 50% ritiene che Harris sia idonea a servire come presidente, rispetto al 47% convinto della stessa cosa Trump.

Come viene eletto il presidente

Negli Stati Uniti il Presidente della Casa Bianca non viene eletto direttamente dal voto popolare, ma attraverso i “grandi elettori” – in tutto 538 – che vengono assegnati da ognuno dei 50 stati. In molti di questi esiste una maggioranza storicamente consolidata a favore dei democratici o dei repubblicani, per cui come in tante occasioni precedenti anche questa elezione finirà probabilmente con l’essere decisa da sei-sette stati in bilico. Stando ai sondaggi, in questi “swing state” le distanze fra i candidati sono ancora all’interno dei margini di errore. E non va dimenticato che mancano ancora 70 giorni alle elezioni del 5 novembre: un periodo piuttosto lungo, in cui possono succedere molte cose.

Harris ha guadagnato consensi in vari settori demografici, in particolare tra giovani, donne e persone non bianche, e si presenta come la candidata della “gioia”, dell’ottimismo e del patriottismo rinnovato contro la cupezza del Make America Great Again, lo slogan dell’ex presidente. Trump viene tuttavia percepito come più affidabile sui temi dell’economia e dell’ordine pubblico, anche se il suo vantaggio in questi argomenti si sta assottigliando: secondo un sondaggio Reuters/Ipsos, in tema di criminalità e politica economica Trump ha ora un margine sottile del 3% su Harris, rispetto all’11% di vantaggio che aveva a fine luglio. Sull’argomento della lotta alla criminalità e alla corruzione, i due candidati sono ora pari al 40%, mentre il mese scorso Trump era avanti di 5 punti percentuali.

I limiti di Trump

Secondo il politologo Lorenzo Castellani, dell’Università Luiss di Roma, “qualsiasi altro candidato repubblicano contro Harris avrebbe vinto puntando prevalentemente su inflazione e immigrazione, ma il Gop non è stato capace di trovare alternative”. L’ex presidente dovrà cambiare registro o, da favorito che era, verrà travolto? È ancora presto per dirlo, ma qualcosa chiaramente per lui non sta funzionando, e neppure la scelta per molti versi originale del suo vice, lo scrittore e politico populista JD Vance, sembra convincere gli elettori.

In molti stati sarà possibile iniziare a votare già fra poche settimane. Harris si presenterà con un messaggio quasi obamiano, senza mai fissarsi su quanto sarebbe storica la vittoria di una donna afro-discendente – la cosa è già chiara a tutti – ma descrivendo la posta in palio collettiva e la sua storia come una storia di successo tipicamente statunitense. È riuscita recuperare il distacco che Biden aveva accumulato e il fatto che l’elezione rimanga incerta è già un successo.

Ma c’è da considerare anche l’impatto del ritiro di Robert F. Kennedy Jr. (che ha appoggiato Trump dopo aver negli anni ammiccato alle più confuse teorie sensazionalistiche della destra) e il tempo dei programmi più dettagliati, che arriverà tra qualche settimana e potrebbe vederla accusata di essere troppo populista in economia dai media dell’élite. Con oltre due mesi di campagna elettorale rimanenti prima delle elezioni presidenziali, l’esito finale è ancora in bilico, e più passa il tempo e più questo sembra un fallimento di Trump che un successo di Harris.

Fonte : Wired