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Dopo aver collaborato con il governo israeliano Gershon Baskin sta conducendo i negoziati con Hamas per conto delle famiglie di alcuni ostaggi. Intervistato da Fanpage.it ha spiegato che a impedire il raggiungimento di un accordo che porti a un cessate il fuoco a Gaza, e alla liberazione dei prigionieri, è il primo ministro Netanyahu: “Li sta sacrificando sull’altare della sua personale sopravvivenza politica”.
Intervista a Gershon Baskin
Negoziatore israeliano, direttore per il Medio Oriente dell’International Communities Organization (Ico)
Gershon Baskin e a destra una manifestazione per il rilascio degli ostaggi nelle mani di Hamas
“Sia chiaro che Netanyahu ha condannato a morte gli ostaggi dichiarando che Israele non lascerà il corridoio di Filadelfia né dopo 42 giorni né dopo 42 anni. Questo significa che Israele occuperà Gaza per molti anni ancora: non riporteremo mai indietro gli ostaggi. Netanyahu li sta sacrificando sull’altare della sua personale sopravvivenza politica”. A parlare, intervistato da Fanpage.it, è Gershon Baskin, scrittore e giornalista israeliano, direttore per il Medio Oriente dell’International Communities Organization (Ico) ma soprattutto protagonista delle trattative con Hamas per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit, catturato nel 2006 a Gaza e liberato 5 anni dopo in cambio di 1.027 prigionieri palestinesi.
Oggi Gershon Baskin è ancora in prima linea nei dialoghi con Hamas: dopo essere stato “fatto fuori” dal governo israeliano, con il quale ha collaborato come negoziatore per sole due settimane lo scorso maggio, sta coordinando le trattative per conto delle famiglie di alcuni ostaggi: “Hamas ha accettato questa bozza di accordo: fine della guerra entro 3 settimane. Ritiro israeliano da Gaza entro 3 settimane e rilascio di tutti i 101 ostaggi israeliani, parallelamente alla liberazione di prigionieri palestinesi. Uno dei leader di Hamas mi ha scritto questa mattina: ‘Apprezzo i vostri sforzi e spero che riusciate a raggiungere un’intesa. Noi sosteniamo la vostra proposta, tutti i leader. Ma credo che Netanyahu la rifiuterà’. Ho risposto: ‘Netanyahu rifiuterà, ma noi lo costringeremo; stiamo facendo pressione anche su Washington'”.
Un frame video che ritrae Gilad Shalit, prigioniero di Hamas tra il 2006 e il 2011
In occasione della lunga trattativa per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit – catturato da un commando palestinese nel 2006 e rilasciato nel 2011 – lei ha dimostrato che è possibile dialogare con Hamas. Qual è la chiave per condurre un negoziato con il partito che amministra la Striscia di Gaza?
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La natura dei miei colloqui con Hamas è cambiata nel tempo. Il negoziato su Gilad Shalit fu il primo in assoluto a cui parteciparono; all’epoca Hamas non aveva nessuna esperienza e conoscenza specifica. Mi contattarono e mi dissero che intendevano inviare dei messaggi ai funzionari israeliani, così ho iniziato a fare da intermediario. Sono riuscito a comunicare direttamente con il Primo Ministro Olmert attraverso sua figlia. E questo è stato molto importante. Il primo risultato è stato quello di ottenere da Hamas la dimostrazione che Gilad Shalit era ancora vivo ed aprire un canale di trattativa che ho sviluppato, in particolare, con Ghazi Hamad (alto funzionario di Hamas, ndr), persona con la quale dialogo ormai da 18 anni e con la quale si è sviluppata una fiducia reciproca. Entrambi sappiamo chi siamo. Ci siamo incontrati faccia a faccia in passato e abbiamo parlato migliaia di volte. Oggi però è molto diverso perché la situazione è cambiata. È in corso una guerra. Tanti palestinesi sono stati uccisi. Tanti israeliani sono stati uccisi. E i colloqui sono estremamente difficili. Le trattative si svolgono con maggiore regolarità quando Hamas ritiene che i miei messaggi possano arrivare ai funzionari israeliani, ma ora hanno anche canali ufficiali di dialogo attraverso il Qatar e l’Egitto, e preferiscono parlare direttamente attraverso i qatarini e gli egiziani. Il mio canale tuttavia continua a funzionare, seppur con difficoltà, perché i leader di Hamas non sono sicuri della mia capacità di influenzare il processo decisionale israeliano.
Lei ha preso parte ufficialmente – per conto del Governo israeliano – anche agli attuali negoziati con Hamas per un cessate il fuoco e Gaza in cambio della liberazione degli ostaggi?
Sebbene io abbia provato a farlo fin dall’inizio della guerra a Gaza sono stato utilizzato ufficialmente solo per un periodo di due settimane durante il mese di maggio, poi il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha deciso di chiudere i battenti. Tuttavia, faccio ancora molto, continuo i miei colloqui e invio comunicazioni alle persone che si occupano dei negoziati in Israele.
Lei sta negoziando con Hamas per conto dei familiari dei 101 ostaggi? Se sì, come sta andando? Ci può spiegare se sono stati raggiunti degli accordi?
Non sto negoziando con Hamas per conto di tutte le famiglie degli ostaggi ma per alcune di esse, oltre che da solo. Hamas ha accettato questa bozza di accordo. Fine della guerra entro 3 settimane. Ritiro israeliano da Gaza entro 3 settimane e rilascio di tutti i 101 ostaggi israeliani, parallelamente alla liberazione di un numero concordato e di una lista di nomi di prigionieri palestinesi. Uno dei leader di Hamas mi ha scritto questa mattina: ‘Apprezzo i vostri sforzi e spero che riusciate a raggiungere l’accordo. Noi sosteniamo la vostra proposta, tutti i leader. Ma credo che Netanyahu la rifiuterà’. Ho risposto: ‘Netanyahu rifiuterà, ma noi lo costringeremo; stiamo facendo pressione anche su Washington. Ci sono anche due gruppi di ufficiali militari di alto livello che stanno lavorando per fare pressioni e un gruppo di persone molto valide e famiglie molto potenti’.
Perché stanno sistematicamente fallendo tutte le trattative intavolate in questi mesi?
Numero uno: finora nessuna delle parti era pronta a raggiungere un accordo. Numero due: Netanyahu non è pronto a porre fine alla guerra. Hamas non è disposto a fare un accordo senza porre fine alla guerra. E numero tre: la proposta che è stata messa sul tavolo negli ultimi tre mesi è pessima. Si parla di sei settimane di cessate il fuoco, si liberano 32 ostaggi e non si sa cosa succederà dopo. Aggiungo che il Primo Ministro Netanyahu sta commettendo tutti gli errori possibili, sia per il modo in cui è stata condotta questa guerra, con la distruzione totale di Gaza e l’uccisione di 40-50mila palestinesi, sia per non aver negoziato un accordo rapido per il rilascio degli ostaggi fin dall’inizio. Quando è stato raggiunta la prima intesa, si sarebbe potuto continuare per molti altri giorni. Il Primo Ministro non ha preso una sola buona decisione, né su come condurre la guerra né su ciò che è avvenuto il 7 ottobre. È un criminale. Sia chiaro che Netanyahu ha condannato a morte gli ostaggi: ha dichiarato che Israele non lascerà il corridoio di Filadelfia né dopo 42 giorni né dopo 42 anni, il che significa che Israele occuperà Gaza per molti anni ancora. Ha anche detto che non ci sarà un accordo con Hamas finché Hamas non rinuncerà a tutte le sue richieste. Questo significa che non riporteremo mai indietro gli ostaggi. Netanyahu li sta sacrificando sull’altare della sua personale sopravvivenza politica.
Lo sciopero generale del 2 settembre e le pressioni dell’opinione pubblica israeliana possono indurre Netanyahu ad accettare un accordo per il rilascio dei 101 ostaggi?
Lo sciopero generale del 2 settembre è stato importante, ma sarà soprattutto la popolazione israeliana che scenderà in piazza a fare la differenza, soprattutto se riuscirà a sostenere lunghe manifestazioni con il livello di rabbia che abbiamo visto negli ultimi due giorni. Se accadrà, sarà possibile avere un’influenza sul governo. Ma non credo sia possibile continuare così e dobbiamo pensare ad altri modi per fare pressione sul Primo Ministro.
È necessario offrire al popolo palestinese una valida alternativa ad Hamas. Crede che la liberazione di Marwan Barghuthi e di altri prigionieri politici potrebbe aiutare i palestinesi a dotarsi di una nuova leadership?
È essenziale, se vogliamo battere Hamas, offrire una valida alternativa politica. Il ritorno alla soluzione dei due Stati è il modo per farlo, concedendo ai palestinesi la libertà e la dignità. Un vero processo di pace deve svolgersi però in un quadro regionale con l’aiuto di Egitto, Giordania, Bahrein, Emirati, Arabia Saudita e altri, che dovrebbero unirsi per creare una nuova architettura di stabilità in tutta l’area, garantendo sicurezza e sviluppo economico, speranza e dignità: questo è il modo per andare avanti e questo è il modo per sconfiggere Hamas. Quando Israele e la Palestina faranno la pace, ci sarà anche il rilascio di tutti i prigionieri palestinesi, perché è questo che accade quando si fa la pace, si ottiene l’amnistia. Se Marwan Barghuthi venisse rilasciato, probabilmente ci aiuterebbe ad andare avanti, ma non lo sappiamo. Marwan è in prigione da 22 anni, quasi 23. Non sappiamo bene cosa rappresenti oggi. È sicuramente un simbolo della lotta palestinese e dovrebbe continuare ad esserlo perché sostiene la soluzione dei “due stati”.
Un’ultima domanda dottor Baskin: crede che esista una soluzione militare al conflitto israelo-palestinese? Crede che i bombardamenti su Gaza contribuiranno a distruggere Hamas oppure a rinforzarla?
Non esiste una soluzione militare al conflitto israelo-palestinese, punto. Non c’è mai stata e non ci sarà mai. L’unico modo per risolvere questo conflitto è tramite una soluzione politica da raggiungere attraverso dei negoziati.
Fonte : Fanpage