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Almeno 129 morti e 59 feriti: questo il tragico bilancio di una tentata evasione avvenuta nella più grande prigione della Repubblica Democratica del Congo, a Kinshasa. Molte persone sono state uccise da proiettili, altre sono decedute “a causa di calca e soffocamento”. Ci sono stati anche alcuni casi di stupro.
Agenti della polizia all’estero del carcere di Makala, in Congo, dopo la tentata evasione.
Almeno 129 morti e 59 feriti: questo il tragico bilancio della tentata evasione avvenuta nella notte tra domenica 1 e lunedì 2 settembre nella più grande prigione della Repubblica Democratica del Congo (Rdc), a Kinshasa, secondo quanto riferito oggi, mercoledì 3 settembre, dal ministero dell’Interno.
La prigione interessata, quella di Makala, è notoriamente sovraffollata e ospita un numero di detenuti dieci volte superiore (tra i 14mila e i 15mila) rispetto alla sua capacità (1.500 posti). Molte persone sono state uccise da proiettili, altre sono morte “a causa di calca e soffocamento“. Ci sono stati “alcuni” casi di “donne violentate”, ha precisato il ministero.
Un testimone ha raccontato di aver udito “colpi di arma da fuoco intorno alle 5.00”. Non sono stati forniti dettagli sul numero di detenuti che hanno tentato di fuggire, né sulle cause che hanno portato alla morte e al ferimento di centinaia di persone.
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Militari all’estero del carcere di Makala, in Congo, dopo la tentata evasione.
Il portavoce del governo, Patrick Muyaya, si è limitato ad assicurare che la situazione è stata riportata “sotto controllo”, mentre il ministro della Giustizia, Constant Mutamba, ha promesso di trovare i “mandanti” della rivolta.
Il penitenziario di Makala, dove il caldo raggiunge livelli insopportabili, è regolarmente oggetto di condanne da parte delle organizzazioni per la difesa dei diritti umani, che definiscono le sue condizioni di detenzione “disumane”. “Le condizioni sono deplorevoli”, denuncia Emmanuel Cole, un difensore dei diritti dei prigionieri che effettua visite regolari nelle prigioni.
Cole ha messo in guardia contro una possibile “rivolta” a Makala e il rischio che la situazione “degeneri” di nuovo a causa del divieto di visite imposto dalle autorità dopo il tentativo di fuga. Oltre al tributo di sangue, la tentata evasione ha causato anche dannimateriali. Una parte degli edifici della prigione, tra cui l’archivio e l’infermeria, è stata incendiata.
Il penitenziario aveva già subito gravi danni durante un attacco da parte di uomini armati nel 2017, che aveva permesso a più di 4mila detenuti di fuggire, alcuni dei quali considerati “pericolosi” dalla polizia. Le circostanze che hanno portato a quella fuga di massa non sono mai state chiarite, nonostante la creazione di una commissione d’inchiesta
Fonte : Fanpage