Affitti calmierati per neoassunti che entrano nel mondo del lavoro e per attirare talenti dall’estero. Questa, in estrema sintesi, la proposta avanzata dal presidente di Confindustria Emanuele Orsini a una kermesse salentina. La proposta, dai contorni ancora abbastanza fumosi, ruoterebbe intorno alla possibilità di prevedere, in via temporanea, per i lavoratori di primo impiego, affitti calmierati con una soglia del canone “non superiore ai 500 euro al mese, pari a circa il 25% del salario ma per mettere a terra un piano edilizio per nuovi alloggi servirebbero due o tre anni”.
Lo scollamento della classe dirigente
Se da un lato è sicuramente un buon segnale che il numero uno di Confindustria abbia deciso di discutere pubblicamente di un aspetto troppo spesso dimenticato, dall’altro lato appare molto evidente lo scollamento della classe dirigente. Il caro affitti che sta attanagliando le maggiori città è soltanto un piccolo tassello dell’enorme mosaico che compone il quadro di un mondo del lavoro, quello italiano, totalmente incapace di stare al passo con i tempi. Perché se è sicuramente vero che gli importi e le garanzie in media richiesti per l’affitto di case condivise o microappartamenti che assomigliano più a loculi che ad alloggi abitabili sono una barriera non indifferente per chi, per fare un banale esempio, vorrebbe cogliere un’opportunità lavorativa su Milano, Firenze, Bologna, Roma, Cagliari e chi più ne ha più ne metta, non è certo però l’unica né, se parliamo di attirare talenti dall’estero, la più importante. E l’elemosina di Confindustria non è la risposta al problema.
In Italia ogni settimana dai giornali si sollevano le voci allarmate di ad, industriali e associazioni di categoria che parlano della gravissima mancanza di lavoratori in ogni settore. Mancano camerieri, autisti, panettieri, ingegneri, informatici, lavoratori di ogni sorta. E ogni volta alla rarissima domanda sulle ragioni di questa atavica mancanza le risposte risultano perennemente grottesche, di uno scollamento dalla realtà di proporzioni epiche.
Trasporto pubblico: non si trovano autisti, stipendi bassissimi
Faccio un banalissimo esempio che a mio avviso spiega bene il concetto: da un paio d’anni Atm, l’azienda di trasporti milanese, non riesce a trovare personale. Non solo non riesce a trovare personale ma sta affrontando una vera e propria ondata di dimissioni di massa, sia da parte di dipendenti storici che da neoassunti che dopo qualche mese di prova decidono di andarsene. Risultato? Taglio delle corse e qualità del servizio ai minimi storici. Atm ha cercato di prendere in mano la situazione offrendo la possibilità di conseguire gratuitamente le patenti speciali necessarie e fornendo contributi per far fronte agli affitti ma qualcosa pare non stia funzionando. E qui arriviamo a luglio 2024 quando aprendo Google News mi appare una lunare intervista dell’Ad dell’azienda Arrigo Giana che sostiene che il problema sia che il lavoro non è attrattivo perché si deve lavorare a Natale o nel weekend.
Basterebbe invece leggere una delle decine di interviste rilasciate alla stampa da conducenti ed ex autisti Atm che spiegano benissimo quali siano le radici del problema e per quale motivo da anni i dipendenti dell’autotrasporto pubblico scioperano ogni due settimane: richieste di turni folli, straordinari a gogo, stipendi bassissimi che non sono minimamente in linea con il costo della vita che, vi svelo un segreto, non è composto solo dall’affitto, e soprattutto la totale assenza di sicurezza per i lavoratori, che ogni giorno devono far fronte ad aggressioni, diverbi, furti. Sugli stipendi, poi, la perla: “Le organizzazioni sindacali nel rinnovo del contratto nazionale hanno richiesto un incremento del 18% medio delle retribuzioni. Considerate che per Atm il costo del lavoro adesso è circa 500 milioni di euro. Fate voi i conti di cosa possa pesare per quella che è storicamente la più solida delle aziende italiane, quindi immaginatevi per il settore cosa vuole dire a parità di risorse”. Credo non sia necessaria la traduzione dell’Ad pensiero.
Ecco, le ragioni per cui Atm non solo non trova ma non riesce nemmeno a trattenere quelli che ci provano sono svariate ma se l’ad in una pubblica intervista riduce il tutto al lavorare a Natale o nel weekend o dice che l’aumento richiesto è troppo oneroso c’è qualcosa che non va. E quel qualcosa è la comprensione della realtà che lo circonda, al pari di chi pensa di attrarre talenti offrendo affitti calmierati con stipendi che però non hanno paragone con quelli offerti in altri Paesi a parità di percorso ed esperienza.
Lavoratori che scappano
Ogni anno dall’Italia migliaia di talenti formati per una moltitudine infinita di professioni fuggono altrove alla ricerca di un’opportunità professionale in linea con la propria formazione e gli sforzi fatti in anni e anni di studio o gavetta. No, non parliamo solo di profili cosiddetti “alti”, parliamo anche di lavoratori del tanto vituperato settore della ristorazione e del turismo che si guardano bene dal rimanere in Italia ma sono ben felici di andare a fare lo stesso identico mestiere altrove. E spesso fuggono verso città dove il caro affitti è una realtà tale e quale a quella italiana. Quello che però trovano, rispetto alla propria terra natia, sono opportunità professionali che non solo danno accesso a stipendi decisamente più dignitosi e parametrati al caro vita rispetto a quelli offerti nel Belpaese ma anche e soprattutto a una cultura lavorativa completamente differente rispetto a quella che ancora oggi troppo spesso vige all’interno delle padronali imprese italiane. Ecco, quando si inizierà a lavorare su tutti i tasselli del mosaico allora forse l’Italia tornerà a essere attrattiva per i giovani e i talenti esteri.
Fonte : Today