Pedro Almodóvar porta a Venezia il delicatissimo tema dell’eutanasia. Lo fa con “The Room Next Door”, il suo nuovo film con Julienne Moore e Tilda Swinton, un racconto intellettuale, estetico, concettualmente profondo e psicologicamente impegnativo. La storia è quella di due amiche di lunga data che si ritrovano dopo essere state lontane per anni. Vivono due fasi opposte della vita. Una è all’apice della sua carriera di scrittrice, l’altra alle prese con un cancro che le sta rubando ogni traccia della sua identità. Il loro riavvicinamento le porterà faccia a faccia con la brutalità della morte, la potenza della vita, il calore dell’amicizia. Molto interessante è la riflessione sul libero arbitrio che propone Almodóvar con il suo nuovo film, secondo cui il potere decisionale di un uomo dovrebbe dominare la sua vita così come la sua morte e quella scelta di raccontare la fine della vita in modo sereno, positivo, estetico e non tragico come avviene solitamente al cinema.
Il film di Almodóvar, in concorso al Festival di Venezia e pronto a uscire nelle sale cinematografiche il 5 dicembre, è, infatti, un lungometraggio più positivo di quanto possa sembrare e un film che punta moltissimo sull’estetica con una regia raffinata e intellettuale dove arte e cultura fluttuano continuamente nell’aria e circondano luoghi e personaggi della storia. È un flusso di coscienza quello che fa il regista spagnolo con The Room Next Door, è una presa di posizione, un campanello d’allarme su diversi temi d’attualità. Si parla del diritto all’eutanasia, del cambiamento climatico, dalla guerra con le conseguenze sulla salute mentale di chi la vive e delle difficoltà della maternità per le donne che non vogliono rinunciare alla propria carriera.
Non si piange e non si ride davanti all’ultima opera di Almodóvar ma si assiste a un ritratto colorato, calmo, raffinato e decicsamente anticonvenzionale della morte.
Esteticamente curato alla perfezione ma forse un po’ freddo nei sentimenti, The Room Next Door è un film innegabilmente ben fatto ma che, in qualche modo, si perde nella sua stessa ricerca del bello. Forse, quello che viene a mancare nell’ultimo lavoro di Almodóvar è una trama fluida, ritmata, coinvolgente, un’emotività più sporca, realistica, viscerale, un po’ di attenzione in più alla descrizione della complessità dei rapporti umani e un finale che sia conclusivo e appagante per ognuno dei personaggi coinvolti nella storia.
Si ha come la sensazione che questo film sia più attento alla sua forma che alla sua godibilità e questo alza un muro tra le emozioni che i personaggi vogliono trasmettere al pubblico e quelle che il pubblico riesce effettivamente a ricevere.
The Room Next Door apre un dibattito politico, sociale, individuale, sprona il pubblico a un pensiero critico e spinge a vivere la vita fino in fondo. In questo è apprezzabilissimo ma nel complesso il film di Almodóvar resta un quadro ben dipinto, piacevole da ammirare ma non poi così comunicativo. E questo è un vero peccato.
Voto: 6,4
Fonte : Today