Peste suina africana in Italia, facciamo il punto

La peste suina africana è una malattia virale particolarmente contagiosa  e spesso letale che colpisce suini domestici e cinghiali. All’inizio del 2022 è arrivata la prima conferma di positività al virus in una carcassa di cinghiale rinvenuta nell’Italia continentale, precisamente in Piemonte. Nonostante le strategie di prevenzione e controllo messe in atto dalle autorità sia nazionali che internazionali, la malattia sta continuando a diffondersi e negli ultimi mesi sono stati segnalati diversi focolai sul territorio italiano, in particolare nelle regioni settentrionali.

Che cos’è la peste suina africana

La patologia è causata da un virus della famiglia Asfaviridae e non è trasmissibile all’essere umano. È temuta soprattutto per le ingenti perdite economiche che può causare al settore suinicolo: secondo quanto dichiarato a Radio 24 da Rudy Milani, presidente nazionale dei suinicoltori di Confagricoltura, in Italia le perdite economiche dovute al calo dell’esportazione di carne suina si aggirano fra i 20 e i 30 milioni di euro al mese.

A causa della sua elevata contagiosità, la peste suina africana è stata inserita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) nella lista delle malattie di categoria A, quelle cioè che richiedono l’adozione immediata di misure di eradicazione.

Il virus che la causa può diffondersi sia attraverso il contatto diretto fra un animale sano e uno infetto, sia per via indiretta. La trasmissione indiretta può avvenire a seguito dell’ingestione da parte degli animali di rifiuti alimentari contaminati, ma anche attraverso il contatto con attrezzature, veicoli o capi di abbigliamento contaminati.

Attualmente non esiste un vaccino contro questa patologia, che nei suini si manifesta con febbre, perdita di appetito, debolezza degli arti posteriori, difficoltà respiratorie, aborti spontanei, emorragie.

La situazione in Italia

Prima della sua comparsa nell’Italia continentale il virus era presente solo in Sardegna, dove ha iniziato a diffondersi a partire dal 1978. Secondo le autorità si tratta però di due ceppi diversi: dal punto di vista genetico, si legge sul sito del Ministero della Salute, il virus isolato sul territorio continentale somiglia molto a quello che circola negli altri paesi europei, mentre è completamente diverso dal virus presente in Sardegna.

Inizialmente i casi di peste suina africana avevano interessato principalmente i cinghiali, ma, soprattutto a partire dall’estate del 2023, hanno iniziato a manifestarsi i primi focolai all’interno di allevamenti di suini. Secondo i dati pubblicati dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise “G. Caporale”, dall’inizio del 2022 ad oggi in Italia i suini risultati positivi all’interno di zone soggette a restrizioni sarebbero circa 13.450, di cui oltre 13mila solo in Lombardia, divisi fra le province di Pavia, Milano e Lodi. Di questi 13.450, oltre 400 casi sarebbero stati segnalati nel corso del tempo in Calabria, tutti nella provincia di Reggio Calabria, mentre gli altri riguarderebbero la Sardegna, il Piemonte, l’Emilia-Romagna e il Lazio. I dati sono tuttavia in continuo aggiornamento.

Le misure di contenimento

Le misure di prevenzione ed eradicazione della peste suina africana a livello nazionale e comunitario, si legge ancora sul sito del Ministero della Salute, riguardano l’istituzione di zone di protezione e sorveglianza intorno ad aziende in cui sono stati riscontrati focolai di infezione oppure attorno ad aree interessate da cinghiali infetti. Le norme prevedono inoltre “l’obbligo di abbattimento dei capi infetti e sospetti tali dell’azienda sede di focolaio, la distruzione delle carcasse dei suini e dei cinghiali morti o abbattuti, la pulizia e la disinfezione dei fabbricati di stabulazione degli animali e dei mezzi di trasporto, il blocco delle movimentazioni e commercializzazione al di fuori dell’area infetta, compresa l’esportazione, di animali vivi e dei prodotti a base di carne suina provenienti dalle aree focolaio”.

Fonte : Wired