In queste ore l’Italia intera è scossa dal triplice omicidio di Paderno Dugnano (Milano). In molti si chiedono come un ragazzo, apparentemente senza alcun tipo di problema, possa decidere di sterminare l’intera famiglia. Per cercare di dare una risposta a questa complessa domanda, dobbiamo partire dalle parole giovane:
“Non c’è un vero motivo per cui li ho uccisi. Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Oppresso. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio. Me ne sono accorto un minuto dopo: ho capito che non era uccidendoli che mi sarei liberato”. E ancora: “Non so davvero come spiegarlo. Mi sento solo anche in mezzo agli altri. […] Non avevo un vero dialogo con nessuno. Era come se nessuno mi comprendesse”.
C’è sempre un movente
Come nell’omicidio di Sharon Verzeni, anche in questo caso si ripresenta la medesima confusione sul movente. Ma ribadiamolo: il movente c’è, sempre, e in questo caso viene identificato dallo stesso carnefice in un non meglio specificato “senso di oppressione”, che a sua volta sembra essere strettamente legato un mancato riconoscimento emotivo e a una conseguente percezione di solitudine.
Ma affermare che il movente possa essere ricondotto esclusivamente alla solitudine adolescenziale sarebbe riduttivo. Dietro a questa tipologia di reati si può infatti scorgere tutto l’egoismo malato della nostra società adulta. Un egoismo che ci porta a distruggere la vita degli altri nel disperato tentativo di migliorare la nostra, salvo poi renderci conto che questo gioco al massacro non fa che portarci tutti nel baratro.
Non è una questione adolescenziale
Dunque no, questa non è solo una questione “adolescenziale”, come in molti stanno sostenendo in queste ore. L’adolescenza sicuramente è una fase estremamente delicata della vita, soprattutto dal punto di vista della gestione delle emozioni, eppure la dinamica psicologica dietro la strage di Paderno sembra ricordare drammaticamente una tipologia di reato che può essere commesso a qualunque età. Pensiamo, per esempio, a quegli uomini che sterminano la famiglia per poter avere una relazione, senza intoppi, con l’amante. Oppure a quelle madri che, prima di suicidarsi, uccidono i figli per portarli con sé e per toglierli al padre.
L’egoismo sopra tutto
Tutte queste stragi sono accomunate da un movente: l’egoismo. Il “mio” benessere è più importante di quello di tutti gli altri; “io” soffro più di tutti gli altri; la “mia” sofferenza mi giustifica, sempre e comunque. Una deriva narcisistica pericolosa, che rompe ogni equilibrio, ogni significato, e spinge alla follia.
Non riempiamoci dunque la bocca di parole vuote, come “Dobbiamo educare i giovani”, perché il problema non è legato solo alla gioventù. Se è così che la pensiamo, rischiamo di cadere sempre nella medesima dinamica stereotipica. Allora se è una persona nera a commettere un reato, il problema è l’etnica (e l’immigrazione), se è un uomo allora è il genere (e il patriarcato), se è un giovane allora il problema è l’età (e la scuola o la famiglia). Tutto troppo banale. Allarghiamo lo sguardo e non fermiamoci alle apparenze, o non risolveremo mai nulla.
Fonte : Today